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ilprincipenudo. Convenzione Stato-Rai, il mistero del rinnovo si infittisce

Angelo Zaccone Teodosi

La concessione statale che tornerà ad assegnare alla Rai, per i prossimi dieci anni, il servizio pubblico radiotelevisivo sembra destinata a slittare ancora, ma la decisione, attesa nel Consiglio dei Ministri di ieri, non s’è concretizzata, anche se pare se ne sia parlato: ricordiamo che, ad oggi, la concessione deve essere approvata entro il 31 gennaio 2017 (vedi “Key4biz” dell’11 novembre 2016, “Convenzione Stato-Rai in fieri: ecco cosa succede dietro le quinte”, e del 21 novembre, “Convenzione Stato-Rai: rinnovo congelato fino al referendum”), ma ormai i tempi tecnici non ci sono più, e quindi, da più parti si prevedeva uno slittamento. Infatti, per rispettare la tempistica prevista, il Governo avrebbe dovuto trasmettere la bozza alla Commissione di Vigilanza non entro il 31 dicembre 2016, dato che questa ha un mese per esprimersi, nel rispetto della scadenza del 31 gennaio 2017.

Ragionevolmente, il collega Aldo Fontanarosa, su “la Repubblica” del 23 dicembre, prevedeva lo slittamento a “fine aprile 2017”, e Vincenzo Vita su “il Manifesto” del 28 dicembre prevedeva invece a “fine marzo 2017”. Nessuna traccia dello spostamento temporale su giornali ed agenzie stampa delle ultime 24 ore, nessuna traccia nel comunicato stampa del Consiglio dei Ministri di ieri 29 dicembre. Mistero.

Una fonte affidabile di primario livello ci assicura che la questione è stata affrontata durante il Consiglio dei Ministri di ieri, e che sarebbe stato deciso sia lo slittamento della scadenza della convenzione a fine marzo 2017 sia l’esclusione della Rai dalla cosiddetta “lista Istat”. Decisioni entrambe di grande rilevanza per il futuro del servizio pubblico: ma, se così effettivamente è stato, per quale ragione nel comunicato stampa pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la notizia non c’è?! (clicca qui per leggere il testo del comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 7, apertosi alle ore 9.42 e conclusosi alle ore 11.07). Forse una banale distrazione di Maria Elena Boschi, alla sua prima esperienza come neo Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio (e quindi responsabile politica delle verbalizzazioni)?!

Al di là del “mistero” che s’infittisce, il rituale trapasso da anno vecchio ad anno nuovo impone una riflessione sulle ragioni della spiacevole e grave situazione nella quale il “public service broadcaster” italiano è costretto, per responsabilità inequivocabile dell’Esecutivo.

E che si chiami “Governo Renzi” o “Governo Gentiloni” non sembra rilevare alla fin fine granché.

Evidente è infatti la volontà di lasciare la Rai a cuocere a bagnomaria, in un prolungato stato di sospensione ed incertezza, che inevitabilmente ne indebolisce le capacità strategiche e finanche l’operatività di breve-medio periodo.

Come può infatti Rai approvare un “piano industriale” di minimo respiro temporale (triennale), senza avere chance di conoscere i termini contrattuali della convenzione annessa alla concessione (cioè senza conoscere l’essenza stessa del “do ut des”), e senza nemmeno avere chance di conoscere con certezza il flusso di risorse che le vengono effettivamente assegnate dalla “mano pubblica” (basti pensare alla riduzione del canone annuo da 100 a 90 euro, ed alle imprevedibili conseguenze di possibili modificazioni nella ripartizione del cosiddetto “extra-gettito”)?!

Va comunque segnalato che il 21 dicembre scorso la Direttrice dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi ha dichiarato che il gettito da canone Rai è previsto in oltre 2 miliardi di euro, meglio delle fosche previsioni di alcuni (in primis il Sindacato Lavoratori della Conoscenza – Slc della Cgil): l’operazione “anti-evasione” ideata da Renzi e Giacomelli sembra essersi quindi dimostrata un successo.

Il venir meno dell’“asse privilegiato” del rapporto personale diretto tra l’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi ed il Direttore Generale Antonio Campo Dall’Orto (rapporto che pure s’era molto indebolito negli ultimi mesi) rende comunque lo scenario ancora più incerto.

Chi ha interesse, se non il Governo (un Governo però insensibile rispetto all’indipendenza del “psb”), a spostare nel tempo la definizione della “missione” del servizio pubblico radiotelevisivo, ovvero la definizione di “prestazioni” e “controprestazioni”?!

Si ricordi che il rinnovo della convenzione doveva avvenire entro il 6 maggio 2016, termine poi spostato al 31 ottobre 2016 (grazie ad un articoletto nel decreto legislativo sul “Codice degli Appalti”), poi rispostato al 31 gennaio 2017 (grazie ad un articoletto nella nuova “Legge sull’Editoria”): una vera e propria presa in giro.

Perché il Governo Renzi non ha dato seguito a quel che aveva promesso, ed ha invece ritenuto di dover attendere l’esito del referendum del 4 dicembre 2016?

Il testo in bozza è pronto da settimane (e circola in segrete stanze): perché non è stato approvato nelle ultime riunioni del Consiglio dei Ministri retto da Renzi?

E perché Gentiloni non ha posto la bozza all’ordine del giorno delle prime riunioni del nuovo Esecutivo, anche in nome della più volte ribadita “continuità” con l’esperienza di Renzi?!

A cosa diavolo è servita la tanto decantata “consultazione” pubblica (dal retorico titolo “CambieRai”), se questi sono i risultati inconcludenti della ritardata procedura? Si ricordi che i risultati di “CambieRai” son stati presentati in sede Camera dei Deputati il 27 luglio, cinque mesi fa! In cinque mesi il Sottosegretario Antonello Giacomelli & Co. non sono stati in grado di redigere e trasmettere la bozza al Consiglio dei Ministri??? Ma per favore…

Ieri giovedì 29 dicembre, il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha finalmente reso nota la squadra dei 41 Sottosegretari (in formazione sostanzialmente “fotocopia” rispetto al precedente Esecutivo): il “gioco” – ovvero la partita in materia di media e tlc – resta evidentemente in mano al Sottosegretario Antonello Giacomelli, ma ci auguriamo che la vicenda della convenzione Rai non venga ri-rimandata alle calende greche.

Si attende peraltro un’audizione del Ministro Antonio Calenda di fronte alla Commissione Parlamentare che “vigila” sulla Rai, calendarizzata per le ore 14 dell’11 gennaio 2017: a proposito, Presidente Roberto Fico… verrebbe da dirle: “se c’è, batta un colpo!” (sulla vicenda surreale della convenzione Stato-Rai). Anche se temiamo che il suo imminente ruolo di Capogruppo dei 5 Stelle alla Camera (dall’aprile 2017) la distrarrà presto dall’impegno sulla Rai.

Da ricordare anche la “spada di Damocle” del rischio di nuove elezioni: semmai dovessero tenersi in primavera, si dovrebbe attendere la formazione del nuovo Governo e quindi della Commissione di Vigilanza, prima di poter procedere all’approvazione del nuovo testo della convenzione, se i termini temporali slittassero a fine marzo o fine aprile 2017…

Nel mentre, peraltro, la Rai è costretta a subire anche interventi che limitano la sua operatività: l’inserimento nella cosiddetta “lista Istat” (di fatto, si tratta di una conseguenza di un criterio europeo ovvero Eurostat, relativo ai “psb” che godono di un finanziamento pubblico superiore al 50% del totale dei propri ricavi) determina una assimilazione del servizio pubblico radiotelevisivo alle “pubbliche amministrazioni” tout-court, imponendo una serie di vincoli procedurali, lacci e lacciuoli inconcepibili per un’impresa che pure deve rapportarsi con il mercato (un mercato nel quale si deve confrontare sempre più con la concorrenza di “player” come Mediaset, Sky, La7… per non dire degli “over-the-top” ormai sempre più “media company”).

Peraltro, di anno in anno, la Legge di Bilancio tende ad imporre dinamiche di contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni, e quindi anche Rai dovrebbe sottostare a questi vincoli. In una prima versione delle Legge di Bilancio, la Rai era stata esonerata dagli effetti del suo inserimento nella lista, ma durante l’iter alla Camera questa esenzione è scomparsa, e si prevedeva venisse reinserita nell’altro ramo del Parlamento, però la vittoria del “No” ha determinato la blindatura del testo in Senato… E, infine, anche l’ipotesi di un innesto nel “Mille Proroghe” è saltata.

La Rai, qui ed ora, è quindi una “pubblica amministrazione” a tutti gli effetti, con tutti i vincoli del caso.

In un’intervista rilasciata a Goffredo De Marchis su “la Repubblica” (edizione odierna, 30 dicembre), il Direttore Generale Antonio Campo Dall’Orto, in sella dall’agosto 2015, appare sereno (il titolo: “La politica non mi condiziona, anche con Gentiloni la mia missione non cambia, la Rai deve essere pluralista”), ma francamente temiamo che si tratti di una… simpatica simulazione di quiete. Dichiara il Dg: “L’uscita di Renzi da Palazzo Chigi non c’entra. Continuiamo a lavorare sul mandato che abbiamo avuto all’inizio: innovare l’azienda, renderla inclusiva in modo che ognuno ci si possa riconoscere”. E puntualizza: “Gentiloni? Il rapporto è buono, lo conosco da quando lui era Ministro delle Comunicazioni e io amministratore delegato di La7”.

A quanto risulta a chi redige queste noterelle, non vi è stato però finora alcun contatto con il neo Presidente del Consiglio: anzi, in una riunione di qualche giorno fa con i rappresentanti dei sindacati aziendali, Campo Dall’Orto avrebbe chiesto loro di adoprarsi affinché si venga a definire una “linea diretta” con Gentiloni.  Da notare anche che il Dg Campo Dall’Orto, nella lunga intervista a “la Repubblica”, non manifesta alcun cenno rispetto alla convenzione “in gestazione”: curioso assai…

A poche ore dalla pubblicazione dell’intervista del Dg, si registra intanto una presa di posizione critica da parte della Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi) e dell’Unione Sindacale Giornalisti Rai (Usigrai), che contestano le “innovazioni” rivendicate da Campo Dall’Orto: “nessuna innovazione dai vertici Rai, fagocitati piani e progetti senza ascoltare le redazioni e marginalizzati i riformatori. Arrivati per innovare, hanno conservato. E l’intervista di metà mandato del Direttore generale ne è piena dimostrazione”. Inizia così la nota con cui il Segretario e il Presidente Fnsi, Raffaele Lorusso e Beppe Giulietti, e il Segretario Usigrai, Vittorio di Trapani, esprimono il loro punto di vista sulle parole del Dg Rai. “Un vertice che doveva portare la rivoluzione, ha solo fagocitato qualunque piano e progetto. Prima quello della precedente gestione, che pur noi insieme alle redazioni Rai criticammo. Ora quello da loro stessi commissionato a una apposita nuova struttura editoriale”, scrivono i tre sindacalisti, lamentando l’assenza di confronti e di attenzioni e ascolto date alle redazioni. “Tutti coloro che rappresentavano una spinta riformatrice sono stati marginalizzati o allontanati. Per questo, saranno Fnsi e Usigrai insieme a mettere in campo iniziative per costruire un futuro radicalmente rinnovato, ma con un solido legame con la memoria dei valori del Servizio Pubblico. Il primo impegno sarà come sempre per l’autonomia e l’indipendenza della Rai, ripartendo dal testo che nel 2007 presentò l’allora Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni”.

Si ricordi che, in assenza di nuovi interventi, è ancora in vigore il “Contratto di Servizio” stipulato tra Stato e Rai relativo al triennio 2010-2012: siamo ad inizio 2017 ancora in regime di “prorogatio”. Incredibile, ma vero…

Nel mentre, nessuna traccia nemmeno della seconda edizione del “bilancio sociale” Rai, che sembra essere stato dimenticato, tra le priorità aziendali.

Insomma… che fine ha fatto la “convenzione Stato-Rai”?

E, mistero nel mistero, perché la delicata questione è… scomparsa dal verbale del Consiglio dei Ministri di ieri, se è stata invece oggetto di discussione?!

E chi è il regista occulto di questa estenuante dinamica, che continua a mettere in ginocchio la televisione pubblica italiana?

Il mistero s’infittisce.

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