Key4biz

ilprincipenudo. Alla incerta Festa del Cinema nuove (incerte) ricerche sullo spettatore tipo

Angelo Zaccone Teodosi

Angelo Zaccone Teodosi

L’impressione che continua a suscitarci la Festa del Cinema di Roma è quella che abbiamo già manifestato sulle colonne di “Key4biz” (vedi “Esordio in tono minore, tra deficit di idee e spending review”): una iniziativa dal confuso profilo identitario… Insomma, un festival in più – senza dubbio – ma ribadiamo: “cui prodest”?!

E la Festa sembra essere soprattutto… una festa per chi lavora per la Festa!

La conferma di questa tesi si è avuta sabato notte, allorquando il neonato Mercato Internazionale dell’Audiovisivo alias Mia ha organizzato una mega-festa nella ex Caserma Guido Reni (di fronte al Maxxi, nell’economia e negli spazi dell’Outdoor Festival), alla quale, però, la stampa accreditata al festival non è stata invitata a partecipare! Si conferma anche l’assurdità di un isolamento (totale) tra Festa del Cinema e Mercato Internazionale dell’Audiovisivo, e non soltanto a livello di uffici stampa: ma quale mente (non esattamente… “strategica”) ha potuto assumere una simile scellerata decisione?!

La quarta giornata del festival ci ha confermato anche l’impressione di una kermesse schizofrenica, di promozione alla grande dei prodotti delle “major Usa” (come se ne avessero bisogno…) e di poco efficace promozione del “made in Italy” cinematografico (soprattutto se atipico).

Due esempi, sintomatici: questa mattina, la sala Petrassi dell’Auditorium per la Musica era affollata di giornalisti ed operatori del settore per vedere l’anteprima stampa dell’ultimo film di Robert Zemeckis, “The walk 3D”, ma semivuota per l’anteprima del film di Amelio sulla scuola, “Registro di classe – Libro Primo 1900-1960”.

The Walk”, coproduzione franco-statunitense marchiata Sony, è senza dubbio uno dei film più attesi della stagione cinematografica.

Si ricordi che Robert Zemeckis è l’autore della trilogia di “Ritorno al futuro”, così come di opere indimenticabili quali “Forrest Gump” e “Chi ha incastrato Roger Rabbit”.

Ha deciso di portare sul grande schermo la storia vera di Philippe Petit (interpretato da un sognante Joseph Gordon-Levitt), il funambolo francese che nel 1974 sorprese la città di New York camminando su una fune d’acciaio tesa tra le due torri del World Trade, a centinaia di metri e senza alcuna rete di protezione.

The Walk-3D” si basa sul libro “The Walk. Fra le Twin Towers, i miei ricordi di funambolo” di Philippe Petit, edito in Italia da Ponte alle Grazie, che ha anche pubblicato l’altro libro di Petit, “Trattato di funambolismo”.

Alcuni spettatori, in Usa, hanno lamentato nausea da vertigine, ed in effetti in alcuni momenti il film è veramente… toccante e stimola i brividi.

Registro di classe. Libro Primo 1900-1960”, è invece un film realizzato da Gianni Amelio con Cecilia Pagliarani, un documentario che propone un viaggio lungo un secolo utilizzando i registri di classe: insegnanti, bambini, genitori di ogni parte d’Italia, raccontando la storia della scuola dell’obbligo, vissuta in prima persona tra grandi aspettative e delusioni spesso profonde…

Se l’opera di Zemechis merita una segnalazione comunque positiva (il 3D non entusiasma e determina una patina scura sul tutto, il film non è un capolavoro, non è innovativo ma propone comunque un’onesta biografia romanzata del Petit funambolo “pazzo” ovvero dell’artista “sovversivo)”, il documentario di Amelio non ci ha provocato alcuna emozione, limitandosi ad un montaggio intelligente di filmati di repertorio Luce e simili, che cercano di far capire come fosse arretrata l’Italia del Dopoguerra, e quale funzione fondamentale di alfabetizzazione basilare abbia svolto la scuola (a proposito dell’attuale deficit di “alfabetizzazione digitale” del nostro Paese e del ruolo che Rai potrebbe svolgere…).

Da ricercatori, oltre che cinefili, non potevamo però mancare uno dei rari incontri “extra-spettacolari” previsti in questa edizione “low profile” della Festa.

Low profile” anche per quanto riguarda le occasioni di riflessioni sul sistema del cinema, a differenza delle grandi ambizioni degli anni scorsi: dagli ambiziosi “Stati Generali del Cinema Italiano” dell’edizione 2008 alla non meno ambiziosa “Conferenza Internazionale sull’Audiovisivo” dell’edizione 2014 (organizzata dal Mibact Cinema nell’ambito delle iniziative della Presidenza Italiana del Consiglio dell’Unione Europea)…

Ci siamo quindi affacciati alla presentazione di una ricerca dell’Istituto Toniolo (emanazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), sul pubblico cinematografico formato dai cosiddetti “Millennials”, ovvero i giovani nati tra il 1982 ed il 1994, iniziativa promossa dalla Federazione Ente dello Spettacolo (Feds).

Si tratta in verità di una ri-presentazione, perché lo studio era già stato anticipato in anteprima, qualche settimana fa, durante la 72ma edizione della Mostra d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia.

Hanno partecipato alla presentazione, insieme alla coordinatrice della ricerca Rita Bichi (Docente di Sociologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Davide Milani (Presidente dell’Ente dello Spettacolo), Luigi Cuciniello (Presidente Anec, l’associazione degli esercenti cinematografici dell’Agis), con la moderazione di Bruno Zambardino (coordinatore dell’Osservatorio media dell’I-Com).

Di fatto, non si tratta di una ricerca “sul cinema”, ma di uno specifico approfondimento sui “Millennials” ed il consumo di film e cinema, all’interno del progetto “Rapporto Giovani” del Toniolo in collaborazione con la Cattolica.

La ricerca è stata elaborata intervistando 1.660 giovani italiani, con un campione che si ha ragione di ritenere rappresentativo della popolazione di riferimento (non è stato rivelato l’apparato metodologico, né il periodo di svolgimento dell’indagine).

Il 53 % dei “Millennials” guarda (guarderebbe…) più di un film a settimana, mentre il 16 % vede in media un film al giorno, un 8 % di loro invece si ferma a meno di un film la settimana.

Dall’indagine, emerge che il “fattore prezzo” è determinante: il 44 % sostiene che il biglietto cinematografico è troppo caro (il problema è paradossalmente più sentito al Nord: 51 % rispetto al 38 % del Sud).

Potrebbe stupire (ma certo non stupisce chi redige queste note e chi legge questa rubrica) che il medium prevalente sia ancora la televisione: “free” e generalista.

I giovani guardano infatti spesso i film sulla tv generalista (43 %), mediante digitale terrestre free (41 %), in internet, streaming free (36 %). Il 26 % per vedere i film usa “spesso” la sala cinema, il 7 % non vi si reca “mai” e il restante 67 % “raramente-a volte”. La componente “gratuità” del medium sembra rilevante nella scelta della fruizione mediale: poco usati infatti sono l’“on demand” a pagamento (solo il 9 % lo usa spesso), così come le modalità “pay tv”/“pay per view” su digitale terreste (9 %, spesso).

Da osservare come un 21 % del campione dichiari con candore che preferisce scaricare illegalmente i film dal web…

Le pellicole che in genere i giovani preferiscono sono americane, per un 62 %, mentre gli italiani piacciono di meno e ottengono il 34 % dei favori.

A parità di programmazione, i giovani preferiscono vedere un film in una multisala ricca di servizi (71 %), piuttosto che in un piccolo cinema (29 %).

Don Davide Milani, Presidente dell’Ente dello Spettacolo ha sostenuto che “i ragazzi, sul prodotto di qualità, non ci sentono, ed è quindi compito nostro e delle istituzioni culturali insegnare ai giovani come leggere il cinema”.

Qualcosina è stato fatto nel decreto “La Buona Scuola”, con l’introduzione del cinema nel programma scolastico.

Noi, come Ente dello Spettacolo, lanceremo nuove iniziative per l’educazione all’immagine”.

È stato anche lamentato come vi siano sul mercato almeno quattro o cinque fonti (da Cinetel che misura gli incassi, all’Audicinema, sostenuto da RaiCinema, focalizzata sul posizionamento di prodotto, alle più recenti realizzate da Ergo Research per Anica), che – in qualche modo – cercano di tratteggiare l’identikit dello spettatore cinematografico, tutte con approccio prevalentemente quantitativo, allorquando servirebbe invece uno studio quali-quantitativo da sviluppare a livello nazionale, approfondito, organico, continuativo, sugli spettatori cinematografici di tutte le età, sia in sala sia attraverso gli altri media.

La presentazione della ricerca Feds ha registrato una… “nano-audience”, con poco più di una decina di spettatori, ma, conoscendo le capacità comunicazionali dell’Ente dello Spettacolo abbiamo però certezza che saprà diffondere al meglio nella comunità professionale questi dati. Si ricordano “en passant” le molteplici attività dell’Ente dello Spettacolo: collane editoriali, e la patinata “La Rivista del Cinematografo”, distribuita finanche in edicola (ma i maligni sostengono che non ci arriverebbe, senza i danari pubblici…), nonché l’attività di ricerca il cui prodotto principale è rappresentato dal “Rapporto annuale sul mercato del cinema”.

Come abbiamo scritto tante volte su queste colonne (si rimanda per esempio a “Eccone un altro: ma servono davvero tutti questi Osservatori?” su “Key4biz” del 20 novembre 2014): perché il Ministero non si attrezza adeguatamente anzitutto “in-house” per realizzare le indispensabili attività di ricerca e studio sul sistema cinematografico, in termini di strategia e “policy making” e non si apre alla comunità degli operatori tutti?

Perché sono stati totalmente depotenziati (e definanziati) l’Osservatorio dello Spettacolo e l’Ufficio Studi del Mibact?

Il primo dipendeva, fino a poco tempo fa, dalla Direzione Generale Spettacolo dal Vivo, ed il secondo dipende dal Segretariato Generale.

In effetti, anche gli studi sul settore cinematografico (sul teatro e la musica quasi nulla vien realizzato) sono sostanzialmente appaltati all’esterno dal Ministero, soprattutto all’Anica e all’Ente dello Spettacolo. Perché lo Stato ha deciso di rinunciare a quella che dovrebbe essere una delle attività primarie e caratteristiche del buon amministratore, ovvero la libera “conoscenza” (che si presuppone essere preliminare alla “decisione”)?!

Come non condividere le perplessità che ha manifestato l’acuto Andrea Dusio sulle colonne liberiste di “Oden (Tutto quanto fa entertainment)”, nell’edizione del 29 settembre 2015, nel polemico articolo emblematicamente intitolato “Contributi Mibact: i soliti noti”?! Va ricordato altresì che l’Ente dello Spettacolo (che è una emanazione della Conferenza Episcopale Italiana alias Cei) è il soggetto che beneficia della più grossa sovvenzione del Ministero, in materia di promozione del cinema in Italia: un impressionante mezzo milione di euro l’anno (o quasi).

Senza nulla togliere all’Anica o alla Feds, si tratta di soggetti che, per quanto qualificati, son comunque privati e “di parte”, inevitabilmente suscettibili di critiche per il rischio di partigianeria, essendo rappresentativi soltanto di alcune anime del policentrico sistema cinematografico nazionale.

Eppure su questi dati (in assenza di altri), il Ministro governa ed il Parlamento legifera.

La Dg Cinema è forse indirettamente “governata” dalla più potente lobby del settore, qual è l’Anica, presieduta da Riccardo Tozzi (che è peraltro anche il titolare della maggiore società di produzione cinematografica ed audiovisiva italiana, Cattleya)?!

L’Osservatorio dello Spettacolo dovrebbe presto finire nelle competenze della Direzione Generale per il Cinema: ci si augura che l’Osservatorio, sotto la direzione di Nicola Borrelli, ridotato delle risorse necessarie, sappia sviluppare al meglio anzitutto le capacità “in-house”, e subito dopo aprirsi – in modo plurale e libero – verso il mondo della ricerca indipendente, dell’università, della “community” professionale ed autoriale, e finanche della società civile.

► Clicca qui per la presentazione di Rita Bichi (Università Cattolica del Sacro Cuore), “Millennials al Cinema”, Festa del Cinema di Roma, 19 ottobre 2015

► Clicca qui per il comunicato stampa Fondazione Ente dello Spettacolo sulla ricerca dell’Istituto Toniolo “Millennials al Cinema”, Festa del Cinema di Roma, 19 ottobre 2015

Exit mobile version