l'editoriale

Il paradosso della Rete Unica? Rallenterà gli investimenti in fibra e allungherà la vita al rame. Bye Bye Italia

di |

Il paradosso che si sta delineando è che a questo risultato, all’obiettivo di una rete moderna in fibra, saremmo potuti arrivare molto più facilmente senza la Rete Unica e con la attuale competizione strutturale. E se sotto sotto ci fosse una manovra per allungare la vita alla rete di rame?

La ragione più importante che viene sempre indicata dal governo per la creazione di una Rete Unica è la necessità di accelerare gli investimenti, per fare in modo che il nostro Paese abbia una rete nuova in fibra fino a casa e su tutto il territorio nazionale. Ma siamo sicuri che sia questa la vera motivazione di coloro che stanno accelerando compulsivamente ogni decisione sul processo di Rete Unica?

Perché se cosi fosse, se questa fosse la reale motivazione, allora ci dovremo aspettare la fine del rame per scelta: uno switch-off dal rame alla fibra entro il 2023.

Invece questo non accadrà.

Il paradosso che si sta delineando è che a questo risultato, all’obiettivo di una rete moderna in fibra, saremmo potuti arrivare molto più facilmente senza la Rete Unica e con la attuale competizione strutturale.

C’ è qualcuno che mette addirittura in dubbio il fatto che si possa completare il “solo progetto formale di creazione di una Rete Unica” entro il 2023, quindi non la sua realizzazione organizzativa ed operativa, vista la complessità dell’intera operazione e l’articolazione di tutte le procedure autorizzative previste con le autorità regolatorie ed antitrust nazionali ed europee.

Tim e Open Fiber

E nel frattempo cosa si fa?

TIM ed Open Fiber cosa dovrebbero fare?

Fermare i lavori ed aspettare?

TIM ha già ridotto gli investimenti industriali di oltre il 40% nel 2019 e di un ulteriore 15% nella prima parte del 2020

Sul versante opposto, il piano industriale di Open Fiber prevede di passare oltre 21 milioni di case con la fibra entro il 2023.  Grazie alle risorse europee aggiuntive messe a disposizione del Recovery Fund e che dovranno essere impegnate entro il 2023, Open Fiber potrebbe da sola estendere il suo piano anche alle aree grigie e completare la copertura dell’intero Paese per circa altri 10 milioni di case

Invece il cosiddetto progetto di Rete Unica, che tanto esalta il governo, potrebbe portare a fermare gli investimenti.

L‘incertezza che si creerà per TIM e Open Fiber provocherà molto probabilmente rallentamenti nei loro piani di investimenti.

Infine, la questione più importante riguarda il conflitto di interessi in capo a TIM.

Rete Unica: il ruolo del rame

Oggi la rete TIM, principalmente in rame, e gli asset immateriali sono valorizzati in bilancio per circa 15,5 miliardi di euro. E gli asset immateriali addirittura per oltre 30 miliardi di euro.

Sarebbe interessante capire se questi valori sono ancora attuali o se andrebbero svalutati, visto il cattivo andamento economico dell’azienda.

Se effettivamente si dovesse realizzare lo switch-off del rame alla fibra entro il 2023, come farebbe TIM a sostenerlo?

Pare che il suo bilancio non glielo permetterebbe, a meno di accettare una drammatica svalutazione degli asset per gran parte del valore iscritto in bilancio e conseguenti pesanti perdite.

Per cui è evidente che TIM potrebbe, al contrario di quello che si pensa, utilizzare l’occasione del progetto della Rete Unica non per accelerare lo sviluppo della fibra, ma per ritardare gli investimenti e continuare ad utilizzare la vecchia infrastruttura in rame. Secondo alcune fonti, il business plan predisposto prevedrebbe addirittura la fine del progetto nazionale entro il 2032…

Insomma il risultato della Rete Unica rischia di essere disastroso con risultati opposti a quelli sperati o quanto meno a quanto dichiarato nelle intenzioni del governo.

Scenari

E allora cosa potrebbe accadere?

Potrebbe accadere che non avremo più la nuova rete in fibra nei tempi previsti e tutto sarà rinviato forse in attesa di un nuovo governo.

Con buona pace per la perdita di valore del settore e le conseguenti falle occupazionali che ne deriveranno.

Quanto al resto, con una rete finanziata da CDP ma saldamente in mano a soci di maggioranza stranieri, potremo dire definitivamente addio alla sovranità digitale nazionale che molti rappresentanti di governo, oggi sostenitori della Rete Unica che si sta costituendo, hanno indicato come obiettivo prioritario per il rilancio economico del Paese.