l'intervento

Sviluppo sostenibile, il discorso del presidente Sergio Mattarella all’ONU: ” Tutela della privacy e libertà di espressioni temi centrali”

di Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica italiana |

New York. L'intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Conferenza sullo stato di attuazione dell'obiettivo 16 dell'Agenda 2030, 'Pace, giustizia e istituzioni per lo sviluppo sostenibile' alle Nazioni Unite.

Signora Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite,
Signor Sottosegretario Generale per gli Affari Economici e Sociali,
Signora Direttrice Generale dell’Organizzazione Internazionale di Diritto per lo Sviluppo,
Signore e Signori, 

sono molto lieto di aprire i lavori di questo incontro su “Pace, Giustizia e Istituzioni per lo Sviluppo Sostenibile”, dedicato all’Obiettivo 16 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Ringrazio i Rappresentanti dell’Onu e dell’Organizzazione Internazionale di Diritto per lo Sviluppo per aver lavorato a questo evento, che si tiene per la prima volta qui a New York, dopo le precedenti edizioni svoltesi in Italia.

Rivolgo un saluto a tutti i partecipanti, rappresentanti di governi, delle organizzazioni internazionali, delle istituzioni giudiziarie, delle università, della società civile, inclusi in particolare giovani e donne, impegnati nella promozione di società pacifiche e inclusive, di sistemi giudiziari equi e di istituzioni efficaci, responsabili e trasparenti.

Pace, inclusione, giustizia, sono capisaldi irrinunciabili per lo sviluppo sostenibile di ogni Paese e di ogni società, e mi piace sottolineare come siano principi portanti anche dell’ordinamento costituzionale italiano.

L’esistenza di un sistema di tutele e di garanzie giuridiche è pre-condizione al godimento dei diritti della persona e, appunto, per lo sviluppo umano, inteso nel suo senso più alto.

Si tratta di fondamenti riaffermati dalla stessa Carta delle Nazioni Unite, che sin dal suo preambolo ha enunciato l’impegno “a creare le condizioni in cui la giustizia e il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altre fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti” e “a promuovere il progresso sociale e un più elevato tenore di vita in un contesto di accresciute libertà”.

L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con i suoi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, ha il merito di avere fornito un orizzonte concreto per il loro realizzarsi, indicando un percorso che tutti gli Stati Membri si sono impegnati a perseguire nell’interesse dei popoli, e che passa anzitutto dalla preservazione del pianeta, il luogo che abitano. 

Giunti alla seconda metà del cronoprogramma di attuazione dell’Agenda, una decisa accelerazione verso il raggiungimento dei nostri obiettivi comuni appare imprescindibile, come riaffermato, lo scorso settembre, durante l’ultimo Vertice Onu in materia.

Ci troviamo, purtroppo, in un contesto più complesso di quanto si immaginava poco tempo addietro.

All’intensificarsi degli effetti negativi del cambiamento climatico si aggiunge il proliferare di drammatici conflitti che allontanano dall’impegno di dare priorità a quell’agenda.

Le conseguenze sono disastrose: allo stato attuale solo una parte modestissima degli obiettivi dell’Agenda 2030 sarebbe raggiungibile nei tempi indicati.

Il lavoro che attende questa Conferenza preparatoria sarà prezioso, come avvenuto per le edizioni precedenti di Roma, in particolare in vista del “Summit per il Futuro”, previsto il prossimo settembre.

Il quadro giuridico entro cui si colloca la capacità di perseguire gli obiettivi dell’Agenda è strumento essenziale.

Affidarsi esclusivamente alla buona volontà degli attori in gioco si è rivelato, spesso, illusorio.

Ecco perché l’Obiettivo 16, oggetto della riflessione di questa giornata, costituisce – e comporta – un passaggio ineliminabile.

Come potremmo parlare, infatti, di pace come sviluppo se non sostenendo i diritti delle persone e dei popoli?

Come potremmo, se non affermando la pratica, nei conflitti, dei principi delle Convenzioni di Ginevra in materia di diritto umanitario, oggi apertamente violati?

Se non ponendo in campo norme e iniziative a tutela della condizione femminile, contro la violenza sui fanciulli e sulle donne, sullo sfruttamento da parte della criminalità organizzata, sulla marginalizzazione dei disabili?

Sono questioni che riguardano da vicino le istituzioni e l’amministrazione della giustizia.

Si tratta di por fine alla insicurezza cui sono confinate troppe popolazioni e troppe persone.

Siamo particolarmente onorati, in proposito, di avere proposto e ottenuto l’assenso dell’Assemblea Generale, poco più di un mese fa, su una Risoluzione che, a ventiquattro anni dalla Convenzione di Palermo, ha dichiarato, ricordando la figura di Giovanni Falcone, il 15 novembre di ogni anno, “Giornata internazionale per la prevenzione e la lotta contro tutte le forme di criminalità organizzata transnazionale”.

La stabilità degli stessi Stati, la vigenza dello Stato di diritto, troppo spesso vengono messi in causa da queste forme di pervasiva criminalità.

Se questi sono temi di urgenza particolare, la prospettiva verso la quale ci muoviamo è quella di rendere le nostre società più coese e giuste,  allargando gli spazi civici e politici di partecipazione a tutte le componenti delle società; rendendo le istituzioni, a ogni livello, più inclusive e più rappresentative: in ultima analisi rinsaldando il “contratto sociale” tra popoli e istituzioni.

Si tratta di condizioni essenziali per lo sviluppo della persona, purtroppo fragili o assenti in tante parti del mondo.

Anche per questo l’Italia è impegnata con convinzione a far avanzare l’attuazione di questo obiettivo e a collaborare a questo fine con organizzazioni come l’Idlo, che ospitiamo a Roma. 

Signore e signori,

pace e sviluppo hanno destini incrociati.

Non può esservi l’uno, senza l’altra.

Viviamo in un’epoca con il maggior numero di conflitti dalla fine della Seconda guerra mondiale che divorano enormi risorse nella corsa agli armamenti, sottraendole allo sviluppo.

L’appello alla costruzione delle condizioni necessarie per la pace e per porre fine ai conflitti non potrebbe essere più necessario e urgente.

Fronteggiamo oggi un pericolo ulteriore che mina il rapporto di fiducia con le istituzioni e tra i Paesi, quello della disinformazione.

È di venerdì scorso la Giornata mondiale per la libertà di stampa che ammonisce, ogni anno, sul valore della libertà dell’informazione per il mantenimento della democrazia.

Temi come l’accesso all’informazione, la libertà di espressione, la tutela della privacy, appartengono, a buon diritto, alle mete incluse nell’Obiettivo 16, oggetto di questa discussione.

Con – e nelle – Nazioni Unite dobbiamo lavorare per ricostituire la fiducia tra le nazioni, rinsaldare la cooperazione internazionale e tessere nuove reti di comprensione e di collaborazione.

È sulla base di questo approccio che l’Italia dispiega la sua azione, con ferma determinazione nel sostenere gli strumenti di dialogo basati su quel principio di multilateralismo che oggi vediamo così drammaticamente messo in discussione dall’aggressione russa all’Ucraina e dalle conseguenze dell’irrisolto conflitto israelo-palestinese.

Non possiamo continuare ad attardarci in relazioni tra Paesi basate su visioni ed eredità ottocentesche, su pulsioni di potenza.

A chiedercelo con forza sono i cittadini, i giovani, le donne, che chiedono un avvenire ispirato agli obiettivi che l’Agenda 2030 ha delineato.

Con questi auspici auguro a tutti voi buon lavoro.