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Il dipartimento di Giustizia Usa pronto ad eliminare le protezioni legali alle Big Tech

Detto Fatto. Il Dipartimento di Giustizia americano si appresta a proporre una riduzione delle protezioni legali di cui le piattaforme online hanno goduto per oltre vent’anni nel tentativo di renderle più responsabili nel controllo dei loro contenuti.

Secondo quanto scrive il Wall Street Journal, le riforme proposte dal dipartimento avranno l’obiettivo di stimolare le piattaforme ad adottare un atteggiamento più rigoroso nei confronti di comportamenti illeciti e dannosi sui loro siti e ad essere più eque e coerenti quando eliminano i contenuti che ritengono discutibili.

La proposta del dipartimento di Giustizia, spiega ancora il quotidiano americano, è un progetto legislativo che dovrà essere adottato dal Congresso americano.

Lo scontro Trump Vs i social network

Questa mossa rappresenta un’ulteriore escalation nei già tesi rapporti fra l’amministrazione Trump e le società tecnologiche quali Twitter, Google e Facebook. Il mese scorso, il presidente americano ha firmato un ordine esecutivo attraverso cui indebolire le protezioni legali delle società di social media, di fronte ai timori di alcuni conservatori sulla presunta censura da parte delle piattaforme.

Tutto è partito dal tweet fatto dal presidente degli Stati Uniti durante i disordini avvenuti dopo la morte dell’afroamericano George Floyd, che ha portato manifestazione e rivolte in tutti gli Stati Uniti. Il Tweet di Trump “Se ci sono difficoltà, assumeremo il controllo, ma quando parte il saccheggio, si inizia a sparare”, aveva portato il social network a censurare il post del presidente “per esaltazione della violenza”.

L’ordine esecutivo di Trump

L’ordine esecutivo firmato da Trump il 28 maggio scorso punta a reinterpretare la legge del 1996, la Communications Decency Act, riducendo l’ampia immunità contro eventuali cause garantita dall’articolo 230 ai siti che moderano le loro piattaforme.

L’ordine argomenta che la protezione si applica alle piattaforme che operano in “buona fede”, sostenendo che i social non ne hanno e attuano invece una “censura selettiva”. “In un Paese che ha a lungo amato la libertà di espressione non possiamo consentire che un limitato numero di piattaforme online selezionino personalmente i discorsi cui gli americani possono avere accesso o mettere online”, si legge nel testo. “Questa pratica è fondamentalmente anti americana e anti democratica. Quando grandi e potenti società social censurano le opinioni che non condividono esercitano un potere pericoloso”, prosegue il testo, che prevede anche limitazioni agli investimenti federali sulle loro piattaforme.

Alcuni critici dell’amministrazione ritengono che le sue recenti azioni sulla Sezione 230 siano volte a scoraggiare le grandi aziende tecnologiche dal cercare di limitare le attività online del presidente e dei suoi alleati durante la campagna per le elezioni presidenziali del 2020. Ma in realtà, alcuni legislatori di entrambe le parti politiche, tra cui la speaker della Camera dei Rappresentanti del partito democratico, Nancy Pelosi, hanno iniziato a valutare l’indebolimento della Sezione 230.

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