il caso

I riders che chiedono diritti e poi non rispettano la privacy dei clienti: ‘Ecco i vip più tirchi di Milano’

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Sulla pagina Fb del collettivo di rider precari “Deliverance Milano” pubblicato 25 nomi dei vip che ordinano cibo a domicilio, senza dare la mancia. Il modo peggiore per far parlare della loro battaglia di ottenere i diritti base di lavoratori, perché violato un altro diritto, quella della privacy dei clienti, arrecando un danno di immagine alla società.

Stupisce molto la pessima iniziativa del collettivo di rider precari “Deliverance Milano”, che ha pubblicato su Facebook l’elenco dei vip che ordinano cibo a casa, senza lasciare la mancia. Un autogol da parte di chi rivendica di ottenere i diritti base come lavoratore e poi vìola un altro diritto fondamentale delle persone, la privacy dei clienti. Arrecando anche un danno di immagine per le piattaforme di delivery per la quali lavorano in condizioni precarie.

“Questa è la nostra blacklist”, si legge nel post, “un elenco di tutte le star e i vip che regolarmente ordinano con le app e non lasciano la mancia a nessun fattorino, nemmeno in caso di pioggia!”

In questa lista, con 25 nomi, compaiono attori, presentatori, cantanti, calciatori, sportivi, musicisti, rapper, influencer.

Oltre alla violazione della privacy, anche la minaccia

Oltre alla violazione della privacy, il collettivo di rider ha lanciato anche una chiara  minaccia, che dovrebbe essere subito vagliata dalle forze dell’ordine: “Ricordatevi sempre una cosa clienti: entriamo nelle vostre case, vi portiamo il cibo e qualsiasi altra cosa vogliate, praticamente a tutte le ore del giorno, siamo in strada sotto la pioggia battente o sotto il sole cocente, senza assicurazione. Sappiamo tutto di voi. Sappiamo cosa mangiate, dove abitate che abitudini avete”. 

Guerra tra poveri-ricchi-dati

Poi, nel post, è scattato anche l’attacco alle piattaforme del delivery: «E come sappiamo noi tutto di voi, lo sanno anche le aziende del delivery. Queste piattaforme come sfruttano noi lavoratori senza farsi alcuno scrupolo, sfruttano anche voi, speculando e vendendo i vostri dati”. Parlano del “lato oscuro della Gig Economy”, dove “si produce valore in tutti i modi possibili, dal servizio di vendita del prodotto al trasporto a domicilio delle merci, fino alla mappatura dei dati, alla loro analisi e alla loro compravendita”.

Quali i diritti richiesti

Nel post della pessima iniziativa il collettivo indica anche i diritti richiesti: “non possiamo più prescindere dall’avere diritti sindacali, reddito incondizionato, salario minimo e una previdenza sociale adeguata”. E la non tassazione delle mance: “Pretendiamo che le nostre mance non vengano tassate, ad oggi viene trattenuta l’Iva quando il pagamento avviene (come la maggior parte delle volte) per mezzo del supporto di intermediazione digitale, quando dichiarate il contrario”. Nel mirino anche i pagamenti in contante. “E qualora fossimo costretti dal servizio aziendale a ricevere parte dei pagamenti in contante, pretendiamo un’indennità di cassa, perché già mentre siamo in consegna capita che veniamo aggrediti perché la gente cerca di derubarci o ci fregano le bici fuori dai palazzi e dai ristoranti, manca solo di venir rapinati e di rimetterci i soldi di tasca nostra”.

A che punto siamo con i diritti richiesti dai riders della Gig economy?

In Italia nulla di concreto. La Giunta della Regione Lazio ha approvato la prima proposta di legge in Italia per la tutela e la sicurezza dei rider, i lavoratori della gig economy che consegnano il cibo. Il governatore Nicola Zingaretti, segretario del Pd, punta ad approvare la legge prima che lo faccia a livello nazionale Luigi Di Maio, che ha promesso di contribuire a risolvere il problema?

Nel frattempo, il 17 aprile scorso, il Parlamento europeo ha definito i diritti base dei lavoratori della Gig Economy. Ora toccherebbe farli applicare il prima possibile dalle aziende digitali (Foodora, Uber Eats, Just Eat, Deliveroo, Glovo, Domino’s Pizza, Mooveda e Social Food) che consegnano il cibo a domicilio, prima che alcuni lavoratori continuino a violare i diritti di altri lavoratori.