Il caso

I misteri dell’Agcom: dopo due mesi il nuovo consiglio non è ancora operativo

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Dopo due mesi dalle elezioni di Camera e Senato, il nuovo consiglio Agcom non è ancora operativo. Il mistero dei 30 ‘voti dispersi’ per le elezioni Agcom. Uno studio dimostra che il 68% dei componenti delle authority italiane è formato da soggetti ‘prossimi’ alla politica.

La nuova Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nasce avvolta nelle nebbie di un lento perfezionamento della sua operatività, ad oggi ancora incerta: infatti, ancora oggi, incredibilmente, se si va sul sito web di Agcom, questa “authority” risulta presieduta da Angelo Marcello Cardani, e l’ultimo atto pubblicato, in data 9 settembre 2020, è una delibera firmata dal Commissario Francesco Posteraro nella sua veste di “Presidente f.f.” (facente funzioni).

Eppure sono trascorsi 2 mesi due dalla elezione dei componenti dell’Agcom (e dell’Autorità Garante della Privacy), avvenuta il 14 luglio 2020 da parte della Camera e del Senato (sull’argomento, vedi il nostro intervento su “Key4biz” del 15 luglio, “Agcom e Garante Privacy, eletti gli 8 consiglieri. Un voto “blindato” in occulte trattative tra Governo e opposizioni”). Si ricorderà che l’elezione era stata rimandata da molto tempo (Agcom è scaduta nel luglio del 2019)… Nel dicembre del 2019 dovette intervenire addirittura il Quirinale, per stimolare un processo elettorale troppe volte rimandato da Camera e Senato.

L’iter formale non si è ancora concluso, a conferma di procedure burocratiche (ma anche politiche) lunghe e farraginose: dopo le audizioni di fronte alle commissioni parlamentari competenti, Giacomo Lasorella ovvero il Presidente designato dal Premier l’8 agosto ha ottenuto la settimana scorsa, tra lunedì 7 e martedì 8, il parere favorevole in Commissione Lavori Pubblici del Senato e in Commissione Trasporti della Camera.  

Per perfezionare l’iter di nomina, avviato l’8 agosto con l’indicazione (autocratica) del nome di Lasorella da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, servirà ora un decreto del Quirinale, e successivamente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale… A quel punto, si potrà formalmente insediare il nuovo Consiglio Agcom: la nuova Agcom sarà quindi operativa, forse, soltanto tra fine settembre ed inizio ottobre. Ricordiamo che il mandato è di durata settennale.

Per la precisione, questo è l’iter formale: il Presidente dell’Autorità è nominato con Decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico (Mise – ex Ministro delle Comunicazioni). Il Presidente del Consiglio procede pertanto alla designazione del nominativo del Presidente, e questa designazione deve essere previamente sottoposta al parere delle Commissioni Parlamentari competenti (ai sensi dell’art. 2 della legge n. 481 del 1995, che disciplina le altre “autorità di pubblica utilità”). In base a questo rinvio normativo, le Commissioni Parlamentari si esprimono a maggioranza dei due terzi dei componenti ed il parere è da ritenersi necessario e vincolante, in quanto la norma dispone espressamente che in nessun caso le nomine possono essere effettuate in mancanza del parere favorevole espresso dalle Commissioni Parlamentari…

L’iperattivismo dell’Agcom “uscente”…

Eppure, nelle more, nelle sue ultime settimane l’Agcom “uscente” si è rivelata assai attiva: basti osservare che nella seduta di mercoledì della scorsa settimana 9 settembre, i consiglieri uscenti hanno deciso di fare appello all’Avvocatura dello Stato, dopo che i giudici europei hanno sostanzialmente bocciato, con una sentenza del 3 settembre, una delibera Agcom sul caso Vivendi (vedi l’articolo di Paolo Anastasio su “Key4biz” del 9 settembre 2020, “Vivendi-Mediaset, Agcom si rivolge all’Avvocatura su pronuncia Corte Ue”). L’Agcom ha deciso di chiedere un parere all’Avvocatura sui profili procedurali da seguire dopo la pronuncia della Corte di Giustizia Ue sul caso Vivendi, che di fatto ha bocciato “la legge Gasparri” con cui l’Autorità ha congelato la quota del 19,9 % che il gruppo francese detiene nel Biscione… A questo punto, è evidente che la mitica “legge Gasparri” deve essere riscritta, ed anche il vetusto “Sic” – ovvero il sistema di misurazione della concentrazione mediale – dovrà essere rivisto e corretto.

La vicenda Mediaset-Vivendi è complessa e controversa, ma è soltanto una delle tante delicate questioni che una authority così importante deve affrontare, nella economia politica del sistema dei media. Un tema centrale, in queste settimane, è quello della “rete unica”… E che dire della campagna politica per il referendum?!

La precedente consiliatura lascia in eredità alla nuova molti dossier scottanti e molte irrisolte questioni.

Sergio Rizzo e lo studio di ‘lavoce.info’: “i partiti hanno scelto l’arbitro della partita di tv e tlc”

La questione Agcom – della sua indipendenza e della sua competenza – è stata affrontata ieri in modo piuttosto duro dall’editorialista de “La RepubblicaSergio Rizzo, in un lungo articolo dal titolo “Le nomine dell’Agcom. Così i partiti hanno scelto l’arbitro per la grande partita di tv e tlc”.

L’articolo rilancia uno studio pubblicato una settimana fa dal qualificato laboratorio intellettuale di economisti indipendenti denominato lavoce.info, dal titolo inequivocabile, “Sulle nomine Agcom continua a comandare la politica”, firmato da Leo Fulvio Minervini e Diego Piacentino (entrambi accademici, studiosi di scienza delle finanze). I due autori già nel 2013 pubblicarono un articolo, dedicato alle nomine dell’Autorità dei Trasporti, dal titolo anch’esso emblematico “Qui comanda la politica”…

Nel loro ultimo studio, i due ricercatori giungono a conclusioni deprimenti: “come si può vedere, le nomine sono certamente discutibili sotto il profilo dell’indipendenza: il presidente e due componenti hanno carriere che si sono svolte in prossimità (e in un caso, all’interno) della politica; un terzo componente lavora all’interno di un segmento, quello dei mass media, dell’industria regolata. Alla fine, un solo componente può dirsi indipendente. Per quanto riguarda la competenza, quella settoriale è fortemente sbilanciata nella direzione dei mass media e quella regolatoria è assente in tre casi su cinque”.

Ed affondano il coltello nella piaga: “nella procedura di nomina che si è appena conclusa, l’intervento della politica è facilmente documentabile: lo si vede in primo luogo nella spartizione tra i partiti che è stata compiuta; in secondo luogo, nell’effetto che la spartizione ha avuto”.

Secondo la loro analisi delle “caratteristiche di indipendenza e di competenza”, i neo-commissari Antonello Giacomelli e Laura Aria potrebbero vantare “competenza regolatoria” (peraltro assente negli altri 3 membri, Elisa Giomi e Enrico Mandelli e giustappunto Lasorella), e, per quanto riguarda la “competenza settoriale” quella di Aria e Giomi e Mandelli sarebbe concentrata sul settore “mass media”, quella di Giacomelli nel settore “tlc”.

L’analisi di Minervini e Piacentino evidenzia che “la prossimità alla politica costituisce una costante della vicenda delle Autorità indipendenti di regolazione in Italia… Dall’esame delle nomine alle tre Autorità indipendenti italiane, a partire dall’istituzione, nel 1997, della più antica l’Aeeg (Autorità per l’energia elettrica e il gas, adesso Arera), è risultato che 22 delle complessive 32 nomine effettuate fino al 2019, ossia il 68,7 per cento, hanno riguardato soggetti con carriere in prossimità della politica o più di recente presi direttamente dalla politica”.

I due accademici sviluppano un’analisi approfondita di queste italiche dinamiche in un loro recente lavoro pubblicato in inglese “The Selection of Regulators, or, The Political Economy of Regulation in Italy”.

Il giudizio dei due docenti universitari è troppo severo?!

Si domanda oggi Stefano Agnoli sul “Corriere della Sera”, in un articolo intitolato “Tim e Mediaset tante Authority, poca voce”, a cosa si debba “il ‘basso’ fisiologico attuale” delle autorità italiana, e così si risponde: “si deve, forse, alla sempre minor considerazione attribuita dai governi ad organi che sfuggono al controllo politico, proprio perché creati trent’anni fa indipendenti e ‘tecnici’. Virtù diventate oggi peccati originali”. Si tratta di “peccati” che sembrano essere però stati “mondati”, nel corso del tempo, da un rinnovato sostanziale controllo della “politica” sulla “tecnica”.

Trasparenza zero nelle nomine della novella Agcom

Quel che sicuramente può essere sostenuto senza tema di smentita è che le nomine dei componenti dell’Agcom sono avvenute in un clima di… inquietante mistero. Trasparenza zero: una delle peggiori pagine della democrazia italiana, come è stato denunciato da più parti.

Il tutto è stato “cucinato” nelle segrete stanze delle segreterie di partito, ed i nomi degli stessi consiglieri “eligendi” è stato fornito ai parlamentari dai capi gruppo dei partiti in modalità spesso “last minute”.

Si ricorderà che si registrò tra l’altro, poche ore prima delle votazioni in aula, anche la protesta di molte parlamentari contro candidature partitiche soltanto al maschile…

In particolare, un appello per “Una donna presidente Agcom” fu promosso dal gruppo di attiviste “Noi Rete Donne”.

La Camera non vuole rilevare a chi sono andati i 30 voti “dispersi” per l’elezione Agcom: silenziare i dissidenti?!

Un’altra conferma di questo clima di mistero lottizzatorio che ha caratterizzato le elezioni dei componenti dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è data da un aspetto paradossale di ulteriore non trasparenza, che qui denunciamo in esclusiva per “Key4biz”.

Se è vero che il Senato (ovvero la Presidenza) ha correttamente reso noto, nello spoglio, tutti i nomi ed i voti manifestati dai senatori (vedi lo stenografico del 14 luglio 2020), la Camera (ovvero la Presidenza) ha incredibilmente occultato i nomi di molti di coloro che pure hanno acquisito un voto da parte dei deputati.

Il Presidente della Camera Roberto Fico, dopo l’avvenuto spoglio, ha infatti ritenuto non rendere noto i nomi ed i voti di tutti coloro che sono stati indicati dai parlamentari: può sembrare incredibile, ma così è stato.

Dai verbali stenografici della seduta, si legge infatti che, sia per quanto riguarda Privacy ed Agcom, c’è stata una discreta quantità di parlamentari che hanno votato evidentemente “in dissenso” rispetto alle indicazioni dei Capi Gruppo.

Ricordiamo: per quanto riguarda la Camera, questi i risultati delle due elezioni del 14 luglio 2020: presenti e votanti 523, nessun astenuto. Il totale dei deputati è di 630, quindi ben 107 deputati non hanno partecipato al voto (si tratta di ben il 17 %). 

Hanno ottenuto voti, per il Garante Privacy: Guido Scorza: 237, Ginevra Cerrina Feroni 209. Gli uffici classificano poi – non si sa bene con quale criterio metodologico e tassonomico – 19 voti “dispersi” (?!), e di questi non si sa molto di più.

Si registrano poi 12 schede “bianche”, 46 schede “nulle”.

Per quanto riguarda l’Agcom, hanno invece ottenuto voti (così recita lo stenografico): Antonello Giacomelli 211, Enrico Mandelli 202, Emilio Carelli 42.

In questo caso, gli uffici della Camera classificano 30 “voti dispersi”.

Si registrano 12 schede “bianche” e 46 schede “nulle”.

Sommando 30 + 12 + 46, si arriva a ben 88 voti “fuori dal coro”, che salgono a 110 contando anche Carelli. In questo caso, si tratta di oltre il 14 % dei votanti. E si ricordi che il 17 % dei parlamentari non ha votato.

Il mistero dei 30 “voti dispersi”: la risposta evanescente della Camera ad una semplice richiesta di trasparenza

Abbiamo quindi richiesto – da cittadini, prima che da giornalisti – al Presidente della Camera e quindi ai competenti uffici di Montecitorio di conoscere almeno i nominativi ed i rispettivi voti ottenuti, in relazione ai 19 (Privacy) e 30 (Agcom) voti “dispersi”.

A distanza di un mese e mezzo dalla nostra richiesta ieri 14 settembre 2020, abbiamo ricevuto una risposta – via raccomandata postale – dal Consigliere Capo del Servizio Assemblea della Camera, Danilo Santoro, il quale (ci) comunica con candore istituzionale che il “numero significativo di preferenze” viene “valutato di volta in volta dalla Presidenza, a seconda del risultato complessivo dello scrutino”. E chi decide questa “significatività”?! Con quale coraggio si sostiene “a seconda del risultato complessivo”?! Che diavolo di criterio metodologico è?!

Il Presidente della Camera, valuta, a propria insindacabile discrezione?!

Evviva la trasparenza! Evviva la democrazia! Montecitorio palazzo di cristallo!

Ne deriva che – scrive Santoro – “gli altri voti sono qualificati come ‘dispersi’ e di essi non si può avere contezza nel dettaglio”.

Testuale: “non si può avere contezza”. Incredibile, ma vero. Si tratta di voti… misteriosi, insomma. Occulti. O forse sarebbe meglio definirli occultati?!

Naturale sorge il dubbio che il Presidente Roberto Fico non abbia voluto rendere conto (alla stessa Camera, ovvero ai suoi colleghi, ma anche ai cittadini tutti) di quei 30 deputati (per Agcom) e 19 deputati (per Privacy) che si sono espressi controcorrente, in modo autonomo rispetto ai diktat dei rispettivi partiti: prassi di questo tipo possono essere considerate di democrazia evoluta?!

Ci auguriamo che qualcuno dei parlamentari che hanno votato “in dissenso” rispetto alle imposizioni partitocratiche richieda al Presidente della Camera di rendere di pubblico domino, in nome della trasparenza politica e della correttezza istituzionale, a chi sono andati i voti… “dispersi” nell’elezione dei componenti dell’Agcom.

È piccola ma sintomatica questione di democrazia.