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I licenziamenti delle big tech fanno gola alle startup. Un nuovo corso ha inizio?

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I licenziamenti di massa delle big tech fanno gola alle startup che fino ad oggi non potevano permettersi di assumere ingegneri, sviluppatori e programmatori dai colossi della silicon valley. "Un'abbondanza mai vista prima" dichiarano gli startupper.

Meta licenzia. Twitter licenzia. Lyft, Stripe, Salesforce, Snapchat licenziano. Amazon, la compagnia del settore tecnologico forse più legata all’economia “reale”, ha deciso di fermare le assunzioni, che da anni erano sempre state in costante aumento.

Dall’inizio dell’anno il settore tecnologico ha mostrato segni evidenti di crisi, dopo anni di crescita sostenuta che si pensava non potesse più interrompersi. Secondo Layoffs.fyi, un sito che tiene monitorati i licenziamenti delle aziende tecnologiche, da gennaio 2022 sono stati oltre 100 mila i dipendenti licenziati nel settore.

Le cause sono molteplici: crollo degli investimenti pubblicitari a causa della recessione economica; aumento dell’inflazione che porta ad un minor potere d’acquisto di prodotti e servizi per famiglie e imprese; sopravvalutazione in borsa dei GAFAM a causa della pandemia da Covid-19.

I licenziamenti che stanno mettendo in crisi il settore, però, potranno avere risvolti per aziende più piccole. Stiamo parlando delle startup, che negli Stati Uniti negli anni hanno raccolto decine di milioni di dollari e dove finora non potevano sempre permettersi dipendenti che lavoravano per i colossi tecnologici.

I licenziamenti delle big tech: una nuova possibilità per le startup

Il Wall Street Journal ha intervistato alcuni capi del personale che stanno assumendo i profili già licenziati da big tech: “C’è abbondanza di talenti in questo momento, qualche anno fa non avremmo mai potuto attrarre candidati come quelli che stiamo assumendo”, racconta il manager di una startup attiva nell’intelligenza artificiale. L’azienda assume ingegneri da Lyft, che la scorsa settimana ha annunciato un taglio di 700 posti di lavoro, pari a circa il 13% del personale.

Le startup che hanno cominciato a muovere da poco i primi passi sono state risparmiate dall’impatto del rialzo dei tassi e dall’inflazione. In altri termini: possono assumere talenti per continuare la fase di sviluppo facendo leva sui capitali raccolti. Molti milioni di dollari.

Ma secondo diversi analisti del settore, potrebbe essere un vantaggio anche per le professionalità tornate sul mercato. Molte di loro, spiegano, sono nate in startup. Hanno cominciato a lavorare con una mentalità molto diversa da quella che poi si assume in una società con decine di migliaia di dipendenti. E un ritorno alle origini potrebbe tradursi in nuove opportunità e stimoli.

L’importante è lasciar perdere il metaverso

Le startup hanno goduto di un buon mercato degli investimenti nel 2022. A differenza di quelle più grandi, hanno raccolto capitali magari con cifre più basse, ma utili a lanciare nuovi business.

L’intero settore tecnologico dovrà dunque attrezzarsi per affrontare una fase molto dura, che comporterà notevoli cambiamenti strutturali.

Secondo alcuni analisti, potrebbe essere un bene: il settore da troppo tempo ha perso di vista quali siano le sue vere fonti di guadagno, la pubblicità per i social network e servizi davvero utili a imprese e consumatori per le aziende di prodotto e di software. Secondo il Wall Street Journal, è tempo che la tecnologia torni a essere “noiosa” e che lasci stare le velleità costosissime che di fatto alle persone non interessano, come il metaverso e le macchine a guida autonoma.