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I giovani, i social network e la campagna elettorale. L’ascesa di TikTok

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Nel tentativo più o meno disperato di conquistare nuovi elettori prima del voto del 25 settembre, i leader politici (tutti over 40) stanno sbarcando alla spicciolata sui social dei giovanissimi, con alterni risultati. E così c’è chi cerca di parlare di libri su TikTok e chi prova a giocare coi filtri e le altre caratteristiche tipiche del mezzo.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Lo vede chiaramente in questa campagna elettorale per le elezioni politiche italiane: nel tentativo più o meno disperato di conquistare nuovi elettori prima del voto del 25 settembre, i leader politici (tutti over 40) stanno sbarcando alla spicciolata sui social dei giovanissimi, con alterni risultati. E così c’è chi cerca di parlare di libri su TikTok e chi prova a giocare coi filtri e le altre caratteristiche tipiche del mezzo, seguendo strategie opposte. Il tempo dirà chi ha avuto ragione.

L’impressione è che si stiano portando avanti allo stesso tempo più campagne parallele, ed è già difficile padroneggiarne una, figuriamoci quattro, cinque o sei: Twitter non ha le stesse modalità di Instagram, Facebook è una cosa ancora diversa, e in genere i social network si muovono secondo dinamiche che lasciano (molto) perplessi coloro che non sono abituati. Sappiamo già che chi perderà verrà accusato di aver seguito solo la bolla social e trascurato il Paese reale: succede ogni volta. Sappiamo anche che l’astensionismo raggiungerà percentuali altissime, ed è anche per questo che ci si concentra su chi ancora non è disilluso perché non ha votato nemmeno una volta (e quindi non ha potuto pentirsene).

Social e campagna elettorale: la paura dell’effetto “cringe”

I giovani, dunque. Ma dove sono davvero? E come fare per evitare di risultare cringe, e cioè terribilmente imbarazzanti, magari ostentando un giovanilismo che fa a pugni con la carta d’identità? Il pericolo di peggiorare la situazione e risultare fuori tempo massimo è costante, per quanto dei leader dei quattro poli attualmente in corsa tre siano a tutti gli effetti della generazione X (Calenda, Letta, Meloni) e solo Giuseppe Conte è, per un pelo, boomer: ma ormai il termine è usato impropriamente per indicare chiunque non sia in grado di “capire” le nuove generazioni. Luca Bizzarri si sta divertendo in questi giorni con un podcast intitolato come una delle frasi che il comico scrive più di frequente sui social – «Non hanno un amico» – mostrando gli inciampi e i disastri comunicativi dei politici in questi giorni convulsi. Eppure, non ci si può astenere, anche se chi ha più possibilità di vincere spesso preferisce parlare il meno possibile proprio per evitare risultati controproducenti.

Quasi costantemente su Internet

Prendiamo ad esempio non i giovani, ma i giovanissimi. Secondo una ricerca recentemente condotta dal Pew Research Center, i teenager,  secondo le loro stesse parole, sono “quasi costantemente” su Internet (il 46%, mentre il 48% lo usa “solo” molte volte al giorno). Ormai in via di estinzione quelli che si connettono una volta al giorno (3%) e quelli che lo fanno ancora meno di frequente (il residuo 3%). Per fare un confronto, tra il 2014 e il 2015 – e cioè l’altroieri, quando gli smartphone erano già considerati onnipresenti nella nostra società e si ironizzava amaramente sui passanti col naso sullo schermo – i “quasi costantemente” erano la metà, il 24%; per il 56% si usava Internet più volte al giorno ed erano quattro volte più numerosi oggi, con il 12%, i morigerati che si limitavano a un controllo quotidiano. Infine, un 8% di disconnessi che oggi con tutta probabilità considereremo incomprensibili luddisti.

Dal testo all’immagine

Una situazione che è cambiata, vale appena la pena di ricordarlo, per via delle prestazioni sempre più elevate del 4G e oggi anche del 5G, unite a una progressiva diminuzione dei prezzi per gli abbonamenti mensili di telefonia mobile. Facciamo un passo indietro: a guardare una ricerca di SOSTariffe.it svolta in quegli anni, nel 2015 si ragionava ancora in minuti, e averne più di 1000 al mese significava pagare, in media, poco meno di una trentina di euro, con la portabilità, e la media di gigabyte era di 1 o 2, mentre oggi avanzano sempre più le offerte senza limiti, e a prezzi molto più bassi.

Insomma, non c’è paragone, e il modello di una decina di anni fa, soprattutto testuale, al più con qualche foto (in altre parole, quello di Facebook) è stato soppiantato prima dalle immagini (Instagram) e poi dai video (TikTok e ancora Instagram, che con i suoi reel sta cercando in tutti i modi di imitare la formula del successo del colosso cinese). Infatti Twitter, che è prediletto dai politici e ha una comunicazione fondamentalmente testuale, è regno, più che di giovanissimi, di giornalisti, intellettuali, scrittori. Fatto che sta nessuna campagna condotta esclusivamente “sul territorio” riuscirà a interessare chi sempre di più concede appena un’occhiata distratta al mondo che lo circonda, preferendo interagire attraverso lo schermo.

Addio Facebook, benvenuto TikTok

Appurato che i giovani d’oggi, e già quest’espressione ci pare fresca come una cantina riaperta dopo mesi, sono costantemente in Rete, rimangono da stabilire i luoghi digitali precisi che frequentano. I social network, certo. Già, ma quali? Cos’è cambiato rispetto al 2014, e soprattutto, che cosa cambierà per gli elettori di domani, visto che una buona strategia è fare proselitismo già tra chi ancora non può votare? Secondo il rapporto Pew Research, in questi ultimi otto anni le utenze tra i 13 e i 17 anni hanno abbandonato Facebook in massa: prima l’aveva usato almeno una volta il 71%, oggi il 32%. TikTok non esisteva (ha esordito nel 2018), oggi è al 67%, e il 16% degli adolescenti confessa di usarlo quasi costantemente. Instagram è cresciuto dal 52% al 62%, così come Snapchat, dal 41% al 59%. In discesa anche Twitter, dal 33% al 23%, e l’ormai morente Tumblr, conosciuto solo dal 5% dei teenager. E irrinunciabile è sempre YouTube, al 95%.

E i più grandi, i nuovi elettori? C’è chi parla di un abbandono dei social network per qualcuno che si è stufato di Instagram (prospettiva rigettata dai teenager, il 54% dei quali confessa che sarebbe difficile rinunciare ai social), ma in fondo la tendenza è la stessa: tramonto dei social media tradizionali in favore soprattutto di TikTok, ma anche Twitch e Discord, nati soprattutto per i gamer ma ormai usatissimi un po’ da tutti. C’è da sperare che, prima del 25 settembre, a nessun politico venga in mente di riprendere una sua run a Elden Ring.

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