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Transizione ecologica, l’UE crea Fondo sociale per il clima da 72 miliardi di euro

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Trasformare l’economia dell’Unione per diventare il primo continente ad emissioni zero per la metà del secolo. A sostegno un nuovo Fondo che potrebbe arrivare a 144 miliardi di euro entro il 2032. Un traguardo ambizioso che potrebbe garantire una posizione di vantaggio competitivo enorme, ma che comporta dei rischi economici e sociali che vanno mitigati.

Primo continente ad emissioni zero per il 2050

L’economia dell’Unione europea (UE) dovrà adeguarsi ai nuovi obiettivi climatici e di sostenibilità ambientale, ma questo comporterà dei rischi, che vanno valutati per tempo e affrontati con strumenti adeguati, soprattutto finanziari.

L’annuncio del pacchetto di azioni per il Green deal europeo, adottato dalla Commissione, apre a nuovi orizzonti finalmente e rende l’Unione tutta un punto di riferimento mondiale in materia di clima, energia, trasporti e anche nuova fiscalità.

Entro il 2030 l’Unione europea (Ue) si propone di ridurre del 55% almeno le proprie emissioni di gas serra (riduzione del 100% entro il 2035), target fondamentale per essere il primo continente ad impatto ambientale zero per la metà del secolo.

L’economia basata sui combustibili fossili ha raggiunto i suoi limiti. Vogliamo lasciare alla prossima generazione un pianeta sano, nonché buoni posti di lavoro e una crescita che non danneggi la nostra natura. Il Green Deal europeo è la nostra strategia di crescita che si sta muovendo verso un’economia decarbonizzata”, ha dichiarato Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea.

Obiettivi che daranno un grande vantaggio competitivo alle aziende e alle industrie degli Stati dell’Unione, ma che comporteranno, almeno nella fase inziale, un grande impegno da parte del mondo imprenditoriale e delle stesse famiglie.

Per evitare tensioni eccessive e il rischio di una nova ondata di proteste, stile “gilet gialli” in Francia, che lo ricordiamo sono scesi in piazza proprio per una riforma fiscale percepita come iniqua, per l’aumento del costo del carburante e del costo in generale della vita, Bruxelles ha deciso di premunirsi, con l’annuncio di una misura considerata ambiziosa e necessaria allo stesso tempo.

Il Fondo sociale per il clima, un aiuto per imprese e famiglie

La Commissione ha così proposto un Fondo sociale per il clima da 72,2 miliardi di euro per il periodo 2025-2032, a cui potrebbero aggiungersi finanziamenti pubblici nazionali analoghi, con la possibilità di arrivare a mobilitare il doppio della cifra, 144,4 miliardi di euro per lo stesso periodo di tempo.

L’obiettivo dell’iniziativa è assegnare finanziamenti specifici agli Stati Ue per aiutare i cittadini ad investire nell’efficienza energetica, in nuovi sistemi di riscaldamento/raffrescamento e in una mobilità più pulita (quindi elettrica e poi nel tempo anche all’idrogeno).

Il Fondo sarebbe finanziato dal bilancio dell’Unione, utilizzando un importo equivalente al 25% delle entrate previste provenienti dallo scambio di quote di emissione dell’edilizia e dei carburanti per il trasporto stradale.

I vantaggi di agire ora per proteggere le persone e il pianeta sono evidenti: aria più pulita, città più fresche e più verdi, cittadini più sani, minor consumo energetico e bollette meno care, posti di lavoro, tecnologie e opportunità industriali in Europa, più spazio per la natura e un pianeta più sano da trasmettere alle generazioni future. La sfida centrale della transizione verde in Europa – si legge in una nota ufficiale della Commissione – è fare in modo che i vantaggi e le opportunità che ne derivano siano accessibili a tutti nel modo più rapido ed equo possibile”.

Il Green Deal, ad esempio, da una parte darà vita a nuovi posti di lavoro (1 milione circa entro il 2030 e oltre 2 milioni entro il 2050), dall’altra potrebbe temporaneamente far lievitare l’importo delle bollette per aziende e famiglie, senza contare che dal 2035 è molto probabile che non si venderanno più nuove auto a diesel e benzina (e sarà da vedere cosa ne sarà di quelle già in circolazione, che sicuramente dovranno essere tolte di mezzo se si vuole raggiungere l’obiettivo climatico intermedio al 2030-2035).

UE e sistema di scambio di quote di emissioni, chi inquina paga

Per trovare nuove risorse finanziarie da investire nella transizione ecologica ed energetica che stiamo per intraprendere (e che in realtà abbiamo già iniziato), nonché nel Fondo appena descritto, Bruxelles conta molto sul sistema di scambio di quote di emissioni dell’Unione.

Grazie a tale sistema si fissa un prezzo per il carbonio e riduce ogni anno il limite massimo applicabile alle emissioni di determinati settori economici. Negli ultimi 16 anni il meccanismo ha consentito di ridurre del 42,6 % le emissioni provenienti dalla produzione di energia elettrica e dalle industrie ad alta intensità energetica.

Le maggiori entrate assicurate dalla tassazione del carbonio saranno fondamentali per integrare la cospicua spesa destinata all’azione per il clima nel bilancio dell’Ue.

In tal senso, gli Stati membri dovrebbero spendere la totalità delle loro entrate derivanti dallo scambio di quote di emissione per progetti connessi al clima e all’energia. Una parte specifica delle entrate provenienti dal nuovo sistema per il trasporto stradale e gli edifici dovrebbe essere destinata ad ovviare all’eventuale impatto sociale per le famiglie, gli utenti dei trasporti e le microimprese vulnerabili.