Advertising online

GDPR, le nuove regole un favore a Google e Facebook?

di |

Editori online, startup e aziende specializzate in advertising in Rete temono che le nuove norme europee sulla Data Protection rafforzeranno il duopolio pubblicitario dei giganti Usa del web. E’ così?

Il nuovo regolamento Ue sulla Data Protection (GDPR), nato per limitare lo strapotere dei giganti Usa del web, potrebbe in realtà rivelarsi un assist per Google e Facebook. La tesi, un po’ paradossale, è sostenuta dal Wall Street Journal, secondo cui le pesanti restrizioni sull’utilizzo dei dati personali dei consumatori previste dal nuovo regolamento potrebbero avere conseguenze inattese, rafforzando il duopolio di fatto di Google e Facebook nel mercato della pubblicità online.

Le nuove regole del Gdpr, che prevedono nella maggior parte dei casi il consenso esplicito all’utilizzo dei dati da parte degli utenti europei, hanno sollevato un mare di preoccupazioni nel settore dell’advertising digitale, degli editori online e delle aziende specializzate in software analitici, negli intermediari di dati digitali e fra le piattaforme che acquistano dati all’ingrosso a scopi pubblicitari per veicolare messaggi pubblicitari sempre più profilati in real time.

I timori dei piccoli

Come fare a procurarsi il consenso esplicito se sei un’azienda sconosciuta? La reazione immediata dell’utente è quella di rifiutare il consenso a priori. Un problema non certo secondario per la stragrande maggioranza delle società attive nel mercato dell’advertising digitale, molte delle quali stanno chiudendo i battenti in Europa per timore delle pesanti sanzioni previste dal Gdpr, che ha fissato le multe al 4% dei ricavi globali per un massimo di 20 milioni di euro per i trasgressori.

Dal canto loro, Google e Facebook si sono organizzati per tempo introducendo nuove norme molto stringenti per mettersi in regola con le nuove norme del Gdpr sul consenso esplicito previsto per veicolare messaggi pubblicitari online ai loro utenti in Europa (Facebook ne 277 milioni nel Vecchio Continente).

Le richieste stringenti dei grandi

Ad esempio, racconta il Wall Street Journal, il mese scorso Google ha detto ai proprietari di siti online e agli editori di app che devono incassare il consenso informato ed esplicito degli utenti per conto dei venditori di pubblicità digitale pena l’estromissione dal network pubblicitario di Google. Nel contempo, Google ha fatto sapere ai venditori di advertsing online che utilizzano i suoi prodotti che è previsto il blocco per chiunque di loro che faccia pubblicità mirata senza specifico consenso.

Anche Facebook ha iniziato un battage per sensibilizzare i 277 milioni di membri europei della sua community con pop up e messaggi che chiedono il permesso per l’utilizzo dei loro dati, compresi quelli religiosi. Un pop up specifico chiede agli utenti il permesso di utilizzare i dati di altri siti e di società pubblicitarie per inviare messaggi pubblicitari targettizzati su tutte le sue app e su altri siti web dove vende pubblicità.

Il problema, per la maggior parte delle startup e delle medio piccole aziende che vendono pubblicità online, è che non hanno i mezzi per applicare in maniera così stringente le richieste previste dal Gdpr in termini di consenso informato degli utenti. La maggior parte di questi player, inoltre, non ha un contatto diretto con i consumatori. E denunciano il pressing di Google e Facebook nei loro confronti e nei confronti degli editori online per cercare il consenso informato per nome e per conto di decine di tech company che gli utenti non hanno mai sentito nominare.

Lo stesso Mark Zuckerberg, in audizione al Congresso Usa per il caso Cambridge Analytica che ha causato l’utilizzo improprio dei dati personali di 87 milioni di utenti a scopi di propaganda elettorale per la campagna di Trump, ha detto che “molte volte la regolazione prevede norme che possono essere facilmente rispettate da grandi aziende che hanno maggiori risorse, come la nostra, ma sono più complicate da realizzare per una startup”.

Advertising online, duopolio di fatto

Un’osservazione che assume un peso non secondario, quella di Zuckerberg, alla luce dei dati raccolti a scopi pubblictari da Google e Facebook. Secondo uno studio condotto da Cliqz, specializzato in strumenti anti-trucking destinati ai consumatori, su un campione di 850mila persone, lo scorso anno Google ha monitorato il 64% di tutte le pagine caricate via mobile e browser dagli utenti americani ed europei. Facebook ha monitorato il 29% degli internauti, quasi il doppio rispetto al terzo in classifica.

Secondo stime di eMarketer, nel 2018 si prevede che Google e Facebook incasseranno il 49% della torta pubblicitaria digitale a livello globale.

Secondo stime di Barclays, il nuovo sistema di tutela della privacy previsto dal Gdpr e basato sull’opt-in del consumatore, vale a dire sul consenso “non ambiguo” e da una dichiarazione affermativa basata su un’azione “ben chiara”, avrà un impatto inferiore al 10% su ricavi di Facebook, e alla fine avrà conseguenze per lo più immateriali sull’azienda.

Per finire, aggiunge il Wall Street Journal, Google nel mese di marzo ha aggiornato la sua policy sull’utilizzo informato che a partire dal 25 maggio, data di piena entrata in vigore del Gdpr, richiede agli editori e ai proprietari di app che vendono pubblicità tramite Google di chiedere il consenso agli utenti menzionando in modo specifico il nome di ogni singola azienda che potrebbe raccogliere o trattare dati degli utenti, pena l’estromissione dal sistema di Google.