La bilancia

Gas e petrolio, macigno da 630 miliardi di euro sull’economia Ue nel 2022

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La bilancia commerciale Ue in difficoltà dopo i primi nove mesi del 2022 e l’import di combustibili fossili è la voce che penalizza di più le economie degli Stati. In controtendenza la Norvegia, che ha aumentato le vendite di petrolio e gas ai partner Ue del 200%. In questo modo si riduce la nostra autonomia energetica.

Gas, petrolio e i danni per l’economia continentale e italiana

Da gennaio a settembre 2022 i Paesi dell’Unione europea hanno importato gas e petrolio per 630 miliardi di euro. Un dato che è di quasi tre volte più grande rispetto a quello dello stesso periodo dell’anno passato.

Un macigno per l’economia continentale e per quella italiana in particolare, che nei nove mesi dell’anno in corso ha accumulato una spesa per gas e petrolio di 106 miliardi di euro circa, triplicata su base annua. Unica nota positiva, si legge sul Sole 24 Ore, una lieve diminuzione degli acquisti tra luglio, agosto e settembre sotto i 15 miliardi di euro mensili.

Un impatto devastante, quindi, soprattutto considerando lo scenario globale e in particolare, di nuovo, europeo, tra guerra in Ucraina, tensioni crescenti con i Paesi dell’Europa orientale (vedi il caso dei missili in Polonia), inflazione alle stelle, rincari dei prezzi delle materie prime (nonostante un possibile trend al ribasso del prezzo del gas in questi giorni, che comunque resta il 60% più lato rispetto al 2019) e possibile recessione alle porte.

I guadagni della Norvegia (a nostre spese)

In questo è altrettanto motivo di tensioni e di incertezza il ruolo della Norvegia, uno dei fornitori mondiali di gas liquefatto e petrolio, che ha visto il suo export di combustibili fossili verso gli altri Paesi europei crescere a dismisura, per 120 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2022, per un aumento del 200%.

La voce “Energia” sta minando seriamente la nostra capacità di reagire economicamente alla crisi in atto, con una bilancia commerciale Ue che è passata da un positivo di 90 miliardi ad un passivo di 360 miliardi di euro in pochissimi mesi.

Con le fonti rinnovabili avremmo accresciuto la nostra autonomia energetica

Eppure, ancora una volta, ci troviamo di fronte a delle scelte politiche che mostrano solo cecità e scarsa lungimiranza. Tutti invochiamo l’autonomia energetica e si continua ad investire troppo poco in fonti energetiche rinnovabili.

Sole, vento, acqua e geotermia avrebbero potuto, agendo efficacemente su elettrificazione dei consumi ed efficienza energetica, garantire all’Italia il 58,4% di autonomia energetica, quasi triplicando gli attuali livelli, con un incremento di circa quattro volte rispetto a quello rilevato negli ultimi 20 anni.

Stando al Position Paper presentato da The European House-Ambrosetti al Forum di Cernobbio di settembre, attualmente il nostro Paese è quello con il livello di autonomia energetica più basso, circa il 22,5% contro una media europea del 39,5%.

Un dato deludente, frutto di immobilismo ed inadeguatezza in ambito politico, soprattutto alla luce del fatto che l’Italia è seconda in Europa per disponibilità di fonti energetiche rinnovabili.

Ad esempio, nel fotovoltaico l’Italia ha una potenzialità di sviluppo di almeno 105 GW addizionali rispetto al livello attuale, mentre dall’eolico potremmo ricavare altri 21 GW, praticamente il doppio dell’attuale capacità installata.