l'analisi

Fusioni tlc. John Strand: ‘Antitrust Ue sbaglia, meglio lasciar fare alle Autorità nazionali’

di |

La parola ‘innovazione’ andrebbe usata con cautela, non brandita da funzionari che non hanno poi responsabilità su quello che sarà l’esito delle loro decisioni.

Ha senso parlare di ‘pericoli per l’innovazione’ e di preoccupazioni per il possibile aumento dei prezzi quando si elencano i motivi che hanno portato alla decisione di bocciare una fusione nel settore delle comunicazioni mobili? Un settore in cui i prezzi più che dalla concorrenza tra servizi tradizionali sono stati tirati giù dalla spietata concorrenza di innovatori di altri settori (basti pensare soltanto all’impatto dirompente di servizi come Skype e Whatsapp).

Decisamente no, quindi, usare queste espressioni non ha senso stando al parere dell’analista John Strand che si è apertamente schierato contro l’approccio dell’Antitrust europeo verso i progetti di fusione tra operatori mobili. Diciamo che Strand non le ha mai mandate a dire al Commissario Vestager, già ampiamente criticato in più di un’occasione. La DG Competition da lei guidata, secondo l’analista, sta basando le sue decisioni su basi tutt’altro che rigorose e su dati che di scientifico hanno ben poco, inficiando quanto di buono cerca di fare la DG Connect per far sì che l’Europa colmi il gap nelle tecnologie digitali.

Strand, nella sua ultima uscita, critica soprattutto l’utilizzo di espressioni quali ‘serie preoccupazioni’ in merito alla possibilità che i prezzi aumentino come conseguenza di una fusione tra due operatori di uno stesso paese.

L’espressione è stata utilizzata da un collaboratore del Commissario Vestager in merito al fallito progetto di fusione tra Telenor e TeliaSonera in Danimarca. Il progetto è stato archiviato dai due operatori perché i paletti imposti dalla Ue erano talmente rigidi da inficiare, a loro dire, i benefici della fusione. Nella mail inviata all’analista, che chiedeva lumi sul perché la Ue ritenesse plausibile un aumento dei prezzi in seguito alla fusione, il collaboratore della Vestager scrive infatti: “nel caso danese la commissione era seriamente preoccupata che i prezzi dopo la fusione potessero aumentare”.

Ma, spiega Strand “avere ‘preoccupazioni’ è cosa diversa dall’avere prove empiriche o accademiche ch un determinato risultato possa materializzarsi. Le policy sulle tlc dovrebbero basarsi non tanto sulle ‘preoccupazioni’ ma su fatti reali, test rigorosi e serie analisi sulle decisioni passate e dovrebbero essere adeguate di conseguenza”.

Era questa una necessità evidenziata anche dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker nel 2015, quando scriveva al commissario Carlos Moedas che il nuovo esecutivo Ue avrebbe dovuto “fare il miglior uso possibile di consulenze scientifiche in tutti i settori…prendendo in considerazione le esperienze di tutti gli Stati membri”.

Senza contare che subito dopo l’accantonamento del progetto di fusione i prezzi dei servizi mobili in Danimarca sono cresciuti ugualmente  e, interrogata su questo fatto, la Vestager ha risposto (citata tra gli altri dalla Reuters) che se la fusione fosse stata approvata, i prezzi sarebbero aumentati ‘di più’. Una convinzione  – stando a uno scambio di email con lo staff del Commissario – derivata da “un confronto tra lo sviluppo dei prezzi risultante da una proposta di fusione con una situazione senza merger. E questo sulla base di estese analisi economiche”.

Queste stesse motivazioni hanno portato anche alla bocciatura della fusione tra 3UK e O2 in Gran Bretagna, per motivare la quale la Vestager ha parlato anche di possibili ripercussioni negative sull’innovazione nel settore mobile.

Una previsione, anche questa, che secondo Strand non può essere basata su un’analisi rigorosa del settore. Un settore tra l’altro che non si esaurisce ai soli operatori, ma include attori diversi, dai produttori di dispositivi e componenti (Apple, Samsung, Qualcomm), ai fornitori di infrastrutture (Ericsson, Nokia, Italtel, Cisco), fino ai provider di servizi (Whatsapp, Skype, Spotify).

L’innovazione avviene quindi su più livelli: dallo sviluppo di standard e prodotti (dal 2G al 5G) a quello dei servizi (sms vs. instant messaging ad esempio), fino al marketing e alla distribuzione dei servizi (MVNO).

Secondo Strand, dunque, le affermazioni del Commissario Antitrust sono difficilmente provabili dato che a suo parere “…c’è una enorme quantità di prove che il consolidamento del settore promuove l’innovazione, in particolare l’innovazione dirompente. Sono proprio i profitti generati dagli sms e dalle chiamate internazionali che hanno spino la creazione Skype e WhatsApp. Queste tecnologie dirompenti, e non le politiche antitrust, sono oggi la principale fonte di concorrenza sui prezzi nel settore della telefonia mobile”.

La parola ‘innovazione’ dunque, andrebbe usata con cautela, non brandita da funzionari che non hanno poi responsabilità su quello che sarà l’esito delle loro decisioni.

Basti pensare ai danni che i lunghi processi di revisione di una proposta di fusione provocano su versante degli investimenti: “Ogni volta che viene avviato un progetto di fusione, molte attività e soprattutto gli investimenti vengono sospese”, dice Strand, secondo cui gli operatori che propongono il progetto non lo fanno giusto per perdere un po’ di tempo, ma perché hanno una ragionevole aspettativa che l’operazione venga approvata.

A differenza della DG Connect, che secondo l’analista è una ‘casa di vetro’ perché agisce nella massima trasparenza, la DG Comp è una ‘black box’, i cui processi decisionali sono oscuri. Ecco perché, conclude Strand, o il presidente Juncker riesce ad allineare le due direzioni o sarebbe meglio affidare ai regolatori e alle autorità antitrust nazionali il compito di valutare vantaggi e svantaggi di una fusione.