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Frequenza 51. All’asta italiana del 5G venduta una frequenza ancora di proprietà di San Marino?

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Al momento dell’asta del 2018, lo Stato italiano aveva disponibilità piena della Frequenza 51, che è stata regolarmente inserita nei lotti d’asta e venduta assieme alle altre frequenze? O la Frequenza 51 è ancora di proprietà dello Stato di San Marino? Se così fosse sarebbe molto grave: come se un notaio effettuasse un rogito su una casa, senza chiedere l’atto di provenienza.

In questi giorni nella Repubblica di San Marino si sta discutendo sulle sorti di una frequenza televisiva, la Frequenza 51, assegnata dagli accordi internazionali al Titano, che come Stato sovrano, dal 1991, ha diritto alla sua dote di frequenze ad uso televisivo. La Repubblica di San Marino ha, in base a tali accordi, cinque frequenze: la 7, la 26, la 30, la 42 e la 51. Due di esse la 26 e la 30, non sono mai state accese per effetto di un preciso accordo con l’Italia, di cui diremo più avanti.

La storia della Frequenza 51, una storia del tutto ordinaria, si impenna solo negli ultimi tre anni, non tanto per via della differente destinazione rispetto al passato, da frequenza TV a frequenza per il 5G, quanto per il fatto di essere stata inserita nell’asta organizzata dallo Stato italiano per l’assegnazione delle frequenze 5G, frequenze che sono state acquistate dagli operatori di telecomunicazioni per un importo di oltre 6,5 miliardi di euro (contro i 2,5 miliardi di introito previsti).

La vicenda pone diversi quesiti.

Al momento dell’asta del 2018, lo Stato italiano aveva disponibilità piena della Frequenza 51, che è stata regolarmente inserita nei lotti d’asta e venduta assieme alle altre frequenze?

O la Frequenza 51 è ancora di proprietà dello Stato di San Marino?

Perché in tal caso, proprio per la impossibilità di usare la Frequenza 51 sui territori del Titano, l’eventuale abuso italiano porrebbe la piccola Repubblica in una condizione di vantaggio negoziale senza pari. E questo anche in base ai valori in gioco di cui parleremo più avanti.

Ma cerchiamo di ricostruire la storia.

La 51 è una frequenza usata originariamente per diffondere le trasmissioni dell’ERAS (l’ente sanmarinese per la TV, di proprietà al 50% di San Marino e RAI) sulle regioni italiane limitrofe, principalmente Emilia Romagna e Marche, affiancata alla frequenza 42 che è utilizzata per coprire il solo territorio interno della Repubblica di San Marino.

Ma nel 2018 si apre in Europa la partita della riassegnazione di molte frequenze in vista del lancio dei nuovi servizi 5G per le telecomunicazioni.

Dall’ITU (International Telecommunication Union) di Ginevra arrivano le nuove disposizioni: c’è da far partire il nuovo regime del digitale terrestre, dovuto alla necessità di liberare le frequenze della banda dei 700 Mhz che saranno assegnate ai prossimi servizi 5G. E l’assetto del nuovo digitale terrestre dovrà essere assicurato entro il 2022, perché in quell’anno le stesse frequenze prima usate per la TV saranno utilizzate per il 5G.

Nasce il cosiddetto “Accordo Adriatico” che prevede la ripartizione delle frequenze tra la sponda occidentale (Italia e Repubblica di San Marino) e quella orientale (Croazia, Montenegro, Slovenia, Grecia e Albania) con un’assegnazione di 14 frequenze per ciascuna di esse.

Da qui nasce la disputa.

Nella primavera 2018 esplode l’ansia del Titano sul futuro della Frequenza 51.

La scadenza del 2022 con il passaggio forzato al nuovo regime del digitale terrestre (conseguente alla liberazione della Banda 700 Mhz precedentemente usata per le TV e dal 2022 destinata al 5G), impone un coordinamento tra Italia e San Marino per l’uso delle 14 frequenze assegnate alla sponda occidentale dall’ “Accordo Adriatico”.

Nel piccolo Stato realizzano solo allora che una porzione delle 5 frequenze di proprietà di San Marino passeranno al 5G e che l’intera dote sarà rivoltata.

A preoccuparsi per prima è l’ERAS, la TV di San Marino, che teme di non poter più trasmettere sulle regioni italiane precedentemente coperte (come poi realmente accaduto). E da dove nascono le preoccupazioni? Dal fatto che ci sarebbe una perdita secca in termini di crollo delle entrate pubblicitari, con risultati pesanti sulle già non floride casse dell’ente. In quei mesi affiora molta incertezza.

Italia e San Marino devono intanto trovare un accordo per l’uso delle 14 frequenze di competenza della sponda occidentale dell’Accordo Adriatico, ma filtra la volontà di parte italiana di voler fare la parte del leone. L’Italia vuol prendere tutto, cercando di convincere la Repubblica di San Marino di negoziare la cessione di una frequenza tra le 14 assegnate ai Paesi della sponda orientale. Ma una soluzione del genere ovviamente non consentirebbe a San Marino di coprire le regioni italiane, che è il motivo i maggior interesse maggiore, per le ragioni pubblicitarie sopra citate.

In tutto questo marasma, l’unica cosa certa è che la Frequenza 51 non potrà essere usata a fini di diffusione televisiva né dall’Italia, né da San Marino. L’Italia sa di poter avere la Frequenza 51 perché San Marino non può usarla né per la TV, né per il 5G.  Come dire: alla fine troveremo un accordo. Ma il punto è che la proprietà rimane ancora a oggi di San Marino e per definire e perfezionare la cessione occorre un formale accordo tra Stati, con eventuali patti economici, se previsti. Si apre così la negoziazione tra Italia e San Marino che va avanti da anni.

Purtroppo nel frattempo il ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) italiano lancia l’asta delle frequenze del 2018.

La Frequenza 51, che occupa una porzione compresa tra i 700 Mhz e i 718 Mhz viene messa all’asta assieme alle altre frequenze nel Lotto Generico A1-A6 e venduta ad un prezzo che potrebbe essere compreso tra i 280 e i 400 milioni di euro.

Quindi a questo punto, e siamo ad oggi ad asta già consumata da anni, il pallino ritorna alla negoziazione per assicurare il passaggio della Frequenza 51 da San Marino all’Italia.

I rapporti tra i due Stati in materia di frequenze ovviamente non sono nuovi. L’ultimo accordo in questo ambito è stato stipulato nel 2008, rinnovando il precedente accordo del 1987, anche se ratificato solo nel 2015, con il riconoscimento di un apposito finanziamento a titolo di indennità per frequenze a cui San Marino ha rinunciato.

In base a quell’accordo, veniva previsto che: “…la parte sanmarinese, secondo quanto previsto dal Piano di Ginevra del 2006, potrà utilizzare il canale 42 all’interno del proprio territorio. Essa potrà utilizzare il canale 51, assegnato alla Repubblica di San Marino dal Piano, con possibilità di estendere il proprio bacino d’utenza oltre ai limiti attuali ed a quelli stabiliti dal suddetto Piano, con l’illuminazione diretta e/o indiretta, previa verifica di compatibilità con gli impianti nazionali in esercizio e sulla base degli accordi tra operatori sui quali vi sia il consenso delle Amministrazioni competenti”. In base alle rinunce di parte della dote di frequenze, San Marino riceve, a partire dal 2008, un importo di 3.098.000 Euro, direttamente versate dal Dipartimento per l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La trattativa sulla Frequenza 51 va avanti ormai da due anni.

L’ultimo passaggio formale e istituzionale risale all’11 gennaio scorso, all’incontro alla Farnesina tra Luca Beccari, Segretario agli esteri di San Marino, e Ivan Scalfarotto, all’epoca Sottosegretario agli Esteri. A fine incontro, da ambedue l’auspicio di una veloce conclusione della trattativa. Ma ancora non è accaduto nulla.

A San Marino qualcuno preme perché si arrivi ad una conclusione della vicenda nel più stretto arco di tempo, a costo di bruciare le tappe. Mentre altri sono contrari alla linea di resa allineata agli interessi italiani. E c’è da dire che i vari intermediari tra i due Stati non siano stati particolarmente zelanti nel saper placare gli animi. Ora, la parola d’ordine è: “si chiuda tutto entro maggio prossimo”.

Ma rimane sempre il neo sulla possibilità che lo Stato italiano abbia venduto in occasione dell’asta delle frequenze 5G qualcosa di cui non poteva avere pieno titolo.

Se così fosse sarebbe molto grave: come se un notaio effettuasse un rogito su una casa, senza chiedere l’atto di provenienza.