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FOIA, il decreto ‘ripulito’ in Cdm ai primi di maggio

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Stop al silenzio-diniego per l’accesso agli atti della PA e via libera a ricorsi alternativi al Tar. Queste le novità principali accolte dalle Commissioni parlamentari al decreto per la trasparenza

Stop al “silenzio-diniego” dopo un mese, ai cittadini che chiedono di accedere ai documenti contenuti negli archivi delle pubbliche amministrazioni e, in caso di diniego o di mancata risposta, la possibilità di non ricorrere necessariamente al Tar.

Sono queste le novità più importanti, ovvero dei paletti posti dai parlamentari delle commissione Affari costituzionali di Camera e Senato, con il voto favorevole allo schema di decreto legislativo, che introduce in Italia il Freedom of information act (Foia), cioè il diritto di accedere ad atti e documenti della pubblica amministrazione, gratuitamente in modalità digitale, in attuazione della riforma Madia. Un testo su cui lo stesso ministro si impegna a proporre miglioramenti in Consiglio dei ministri dove il testo sarà portato ai primi di maggio.

La norma che disciplina il caso del rigetto dell’istanza di accesso, si prevede di “eliminare il silenzio-diniego” decorsi inutilmente 30 giorni dalla presentazione della stessa, e che “il rifiuto debba essere motivato da parte dell’amministrazione”. Per quanto riguarda “la previsione del solo ricorso al Tribunale amministrativo regionale avverso il diniego totale o parziale all’accesso o di mancata risposta da parte della pubblica amministrazione prevede di “individuare anche un possibile rimedio in via amministrativa, ulteriore rispetto al ricorso al TAR”.

Tra le altre condizioni, in merito alle deroghe previste, a tutela di interessi pubblici e privati, all’obbligo di ‘disclosure’, che si aggiungono ai casi di segreto di Stato e agli altri divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, si chiede di prevedere che “il diniego all’accesso sia necessario per evitare un pregiudizio ‘concreto’ alla tutela di degli interessi pubblici e privati ivi elencati”.

In altre parole, la nuova versione del decreto prevede però che la motivazione al diniego sia “concreta” e non astratta.

In definitiva, i cittadini potranno chiedere l’accesso a qualsiasi tipo di informazione, fatte salve quelle che rischiano di mettere in pericolo la sicurezza nazionale, i segreti militari, le relazioni internazionali, la stabilità finanziaria e la privacy.

Fra le informazioni che si potranno richiedere gli incarichi, i finanziamenti e conflitti di interessi dei dirigenti pubblici non ché tutti i contratti e appalti pubblici.

Inoltre, si potranno richiedere i tempi di attesa per una visita medica specialistica in ospedale, o perché un permesso è fermo.

Ogni amministrazione con ogni probabilità istituirà un desk unico per gestire le richieste della cittadinanza, che non dovranno essere motivate.

Nello specifico, il Ministro e la Commissione hanno condiviso le osservazioni di esperti e associazioni sullo schema di decreto che era stato presentato dal Governo e su cui anche il Consiglio di Stato e l’Autorità garante per la protezione dei dati personali avevano espresso alcuni rilievi.

La posizione dell’ANORC

Come confermato dal Ministro e in base a quanto si legge nel Parere della Commissione parlamentare per la Semplificazione, sono stati recepiti i suggerimenti avanzati nella lettera aperta al Ministro redatta dall’On. Mara Mucci e firmata da ANORC e da altre importanti associazioni (tra le quali Iwa e Agorà Digitale), nonché da diciassette parlamentari.

Proprio il 7 aprile scorso ANORC (rappresentata dal Presidente Andrea Lisi) aveva partecipato all’audizione della I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’esame dello schema di decreto legislativo recante revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190, e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (atto n. 267, su sui la Commissione ha espresso il parere in commento), esponendo in sede ufficiale le sue perplessità sullo schema di decreto con cui si vorrebbe introdurre nell’ordinamento italiano il FOIA.

In particolare, tra le modifiche suggerite da ANORC nel parere della Commissione parlamentare circa il diritto di accesso del cittadino a dati e documenti, sono state accolte quelle che proponevano di:

  • – sostituire al “silenzio-rigetto” rispetto alla richiesta di dati e documenti un espresso rifiuto con obbligo di motivazione;
  • – prevedere, oltre al ricorso in via giurisdizionale, un previo appello ad altri organismi, quali ad esempio – a livello nazionale – l’ANAC o la Commissione per l’accesso e – a livello regionale e locale – i difensori civici regionali, che già esercitano lo stesso ruolo di mediazione tra cittadini e pubblica amministrazione con riguardo al diritto di accesso agli atti amministrativi (articolo 25 della legge n. 241 del 1990).

In effetti, risulta inutile introdurre nuovi istituti, come quello del FOIA, senza preoccuparsi di razionalizzare e tagliare le tante norme ripetute o contraddittorie presenti nel nostro ordinamento e senza prendere in considerazione lo stato effettivo in cui versa la nostra pubblica amministrazione (in particolare quella locale), oppressa da procedimenti amministrativi tortuosi, corposi fascicoli cartacei, archivi lasciati al caos. Una tendenza che difficilmente ci porterà vera innovazione, semplificazione e trasparenza. “Occorre invece progettare un modello organizzativo che funzioni, che disegni un nuovo modus operandi scardinando le abitudini ancora legate al mondo analogico e che sia affidato a figure competenti, a veri professionisti della digitalizzazione – ha detto l’avvocato Andrea Lisi, Presidente ANORC – Senza una reale digitalizzazione dei processi documentali delle PA, che dovranno essere ripensati in modo serio, sistematico e competente, la trasparenza amministrativa e il diritto a conoscere dei cittadini rimangono una chimera“. (P.A.)