La proposta

Fake news, anche il M5S chiede una commissione d’inchiesta

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Paolo Lattanzio (M5S) propone l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulle fake news. Mario Morcellini (Agcom): ‘la commissione è strumento strategico appropriato di studio, di contrasto e di proposte’.

Ieri pomeriggio, mercoledì 6 novembre 2019, è stata presentata alla stampa ed ai media a Montecitorio una proposta di legge, promossa dal giovane parlamentare Paolo Lattanzio, Capo Gruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura, che prevede l’istituzione di una Commissione di Inchiesta “sulla diffusione massiva e fuorviante di informazioni false attraverso l’intero sistema mediatico, analogico e digitale, sul diritto all’informazione e sull’utilizzo critico dei media per il contrasto alla disinformazione”. Formalmente, si tratta dell’Atto Camera A.C. 2213 (proposta presentata il 24 ottobre 2019, annunziata il 25 ottobre 2019).

Ha partecipato alla presentazione anche il Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Mario Morcellini (che è anche Consigliere per la Comunicazione dell’Università “Sapienza” di Roma), che segue la tematica assieme al collega Antonio Nicita: curiosa partecipazione, perché non si è trattato di un convegno o un seminario, bensì la presentazione di una specifica proposta di legge da parte di una specifica parte politica, in un consesso ben istituzionale (la Sala Stampa della Camera dei Deputati).

Si tratta di un provvedimento che intende rispondere alla necessità di disporre di una informazione sana, obiettiva e verificata, evidenziando come essa sia un bene prezioso da salvaguardare. La Commissione mira quindi a “comprendere quanto si fa in Italia per il contrasto alla disinformazione e di approfondire le iniziative in programma e in corso di educazione alla informazione obiettiva e verificata e all’uso consapevole dei media”.

Ha spiegato Paolo Lattanzio, primo firmatario della proposta: “abbiamo messo a punto questa proposta di legge a valle di un intenso processo di analisi e confronto con i diversi portatori d’interesse. Inoltre, da oggi sarà operativo un tavolo di lavoro permanente, per affrontare queste questioni con il contributo di tutti i soggetti interessati, dalle università al mondo dell’informazione passando per il mondo della scuola. L’eccessiva confusione può portare i lettori a non fidarsi di nessuna notizia e di guardare con astio qualsiasi articolo di giornale che possa apparire in qualche modo dubbio”.

Sono intervenuti alla presentazione anche Vittoria Casa, deputata del Movimento 5 Stelle e Portavoce del M5S in Commissione Cultura, Rosy Russo, Presidente associazione Parole O_Stili e Giuseppe di Caterino, consulente per la comunicazione politica e istituzionale.

Mario Morcellini ha sostenuto che “è essenziale che politica e istituzioni aprano una vertenza sulla disinformazione e sulla scommessa che scuola e sensibilizzazione pubblica possono giocare per ridimensionare le criticità e riavviare il dialogo in una società aperta… ‘La disinformazione non è un problema accademico e tanto meno di minoranze: compromette la possibilità stessa che gli uomini ricorrano alle parole e alla comunicazione come strumenti di conoscenza e di riduzione dell’attrito tra le persone”. Dunque, per Morcellini, “una Commissione d’inchiesta, anche dal punto vista della solennità e rilevanza di questo strumento parlamentare, appare una strategia appropriata di studio, di contrasto e di proposte”. Ha quindi precisato la propria adesione all’iniziativa, “indipendentemente” dalla parte politica che l’ha promossa.

Paolo Lattanzio ha anche ricordato che il Sottosegretario con delega all’Editoria Andrea Martellaha accolto il nostro invito ad un maggiore impegno per la lotta al precariato giornalistico e alla ripartenza del Comitato del Ministero dell’Interno che si occuperà di tutelare i giornalisti minacciati della criminalità organizzata”.

L’iniziativa del M5S appare in sintonia – nella sostanza, almeno – con la proposta promossa un paio di settimane fa da Elena Maria Boschi (Italia Viva), che prevede la istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta contro la disinformazione, per indagare sulla diffusione “seriale” di notizie false nei cinque anni appena passati, soprattutto in occasione degli appuntamenti elettorali. Qualcuno ha commentato che quei “cinque anni” comprendono anche il 2016, anno del fallimento del referendum costituzionale voluto da Matteo Renzi. La proposta Boschi ha suscitato perplessità, non solo nell’opposizione, ma anche nella maggioranza di Governo. Nelle commissioni Cultura e Trasporti della Camera, la discussione sul testo è appena cominciata, ma gli animi sono in fibrillazione. Soprattutto rispetto alla parte del testo che riguarda le indagini su eventuali influenze straniere nelle campagne elettorali (che la Lega in particolare non vedrebbe di buon occhio). Da segnalare en passant che la proposta di legge promossa da Boschi è la prima presentata alla Camera dal neo-partito Italia Viva.

La richiesta di budget per il funzionamento della Commissione ipotizzata dalla Boschi è nell’ordine di 100mila euro l’anno, a fronte di un quarto ipotizzato da Lattanzio.

Da ricordare che prima ancora c’è stata la proposta di legge a prima firma Emanuele Fiano (Partito Democratico), incardinata nel luglio 2019, allorquando era ancora in carica il Governo Lega-M5S, finalizzata ad “indagare sulla diffusione intenzionale e massiva di informazioni false o fuorvianti attraverso internet”.

Si ricorda che il Parlamento Europeo ha bocciato la proposta di istituire una commissione speciale per fare luce “sulle ingerenze elettorali stranieri e sulla disinformazione”. Va anche ricordato, però, che la Commissione Europea ha promosso un bando (aperto fino al 16 dicembre 2019), per la creazione di un “Osservatorio Europeo dei Media Digitali”, finalizzato proprio al contrasto delle fake news. L’iniziativa intende sostenere la nascita di una “piattaforma” attraverso cui “fact-checker, ricercatori accademici insieme alle organizzazioni dei media e agli esperti di alfabetizzazione mediatica” forniscano “ai professionisti dei media, agli insegnanti e ai cittadini, informazioni e materiali per sensibilizzare, rafforzare la resilienza alla disinformazione online e sostenere campagne di alfabetizzazione mediatica”. L’iniziativa è parte del “piano d’azione” della Commissione sulla lotta alla disinformazione (pubblicato il 5 dicembre 2018), e con questa iniziativa, nello specifico, si punta a sensibilizzare e consentire ai cittadini di rispondere alla disinformazione online.

Il budget allocato dalla Commissione Europea corrisponde a 100 volte quello previsto dalla proposta di legge a firma Lattanzio, ma la questione non è naturalmente di natura numismatica, bensì sostanziale e strategica: perché le istituzioni italiane intervengono con così tanto ritardo, quando le pecore sono ormai scappate dall’ovile?! Che cosa ha combinato, nell’arco dei sette anni dell’ultima consiliatura (in scadenza, prorogata, al 31 dicembre di quest’anno), la struttura preposta, qual è (dovrebbe essere) l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che soltanto negli ultimi tempi ha mostrato un qualche segnale di risveglio, dopo lungo torpore?! A cosa è servita, concretamente, la Commissione “Jo Cox” sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio, istituita il 10 maggio 2016, fortemente voluta e presieduta dalla allora Presidente della Camera Laura Boldrini, che ha approvato la relazione finale il 6 luglio 2017?! E come commentare le astensioni del centro-destra (timoroso del rischio di “deriva liberticida”), qualche giorno fa, rispetto all’istituzione di un’altra commissione, in questo caso una “commissione straordinaria” per il contrasto “al fenomeno dell’intolleranza, del razzismo, dell’antisemitismo e dell’istigazione all’odio e alla violenza” proposta da Liliana Segre

Commissioni, commissioni straordinarie o di inchiesta che siano… Tavoli di lavoro e convegni, seminari e dibattiti.

Tutto utile, tutto nella direzione giusta… Certamente.

Come dire?! Meglio tardi che mai. Certamente, ma forse sarebbe necessario intervenire in modo più deciso e preciso, dopo aver effettuato analisi approfondite e studi accurati. Che in Italia non sono stati promossi e realizzati, fatta eccezione di qualche timida esplorazione da parte dell’Agcom.

Ancora una volta… Molte parole, molte belle intenzioni. Assai pochi dati, strumenti cognitivi inesistenti.

Si teorizzano splendidi giardini, ma la cassetta degli attrezzi è quasi completamente vuota.

La debolezza delle istituzioni è evidente.

Il ritardo della politica è altrettanto evidente.

E, nel mentre, i “social network” sorridono, e nel Far Web regna il caos…

Ed ognuno se la canta e se la suona, come è avvenuto tre giorni fa, in occasione dello scontro polemico tra Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ed il conduttore Sigfrido Ranucci, curatore del sempre eccellente “Report” su Rai3: la prima, in una conferenza stampa convocata ad hoc, ha accusato il secondo di aver manipolato i dati sui quali la trasmissione ha impostato un servizio molto critico, che prospettava l’esistenza di presunti “account fake” della Meloni ed una sovrapposizione di “follower” con il sito Trash Italiano…

Abbiamo ragione di ritenere che la ragione (oggettiva) sia più dalla parte di Ranucci che di Meloni, ma, anche in casi come questo… esisterà un giudice a Berlino?!

Clicca qui, per vedere l’intervista all’onorevole Paolo Lattanzio (M5S), curata da Radio Radicale, in occasione della presentazione della proposta di legge di istituzione di una commissione d’inchiesta sulle “fake news”, Camera dei Deputati, 6 novembre 2019.