Mark Zuckerberg ha rotto il silenzio durato 6 giorni e finalmente ha detto la sua sul caso Cambridge-Analityca che ha travolto il social network, facendogli perdere sia oltre 40 miliardi di dollari a Wall Street in una settimana sia la fiducia degli utenti. Il danno reputazionale o d’immagine: questo è l’incalcolabile danno che la piattaforma sta subendo.
Il Ceo di Facebook questa mattina ha rilasciato diverse interviste ai media internazionali: alla Cnn si è scusato per la “perdita della fiducia” mentre al New York Times e al Wired ha ripetuto più o meno le stesse cose, con due elementi di novità. Zuckerberg ha espresso la sua disponibilità a testimoniare davanti al Congresso: “Non so se sono la persona giusta da ascoltare sulla vicenda, ma qualora fossi la più informata per testimoniare lo farò felicemente”. In più, essendo alle strette e con le spalle al muro per via di questo grave affaire, alla domanda se è giunto il momento di regolamentare Facebook con leggi ad hoc Mark Zuckerberg non ha potuto fare altro che prenderne atto: “Sono aperto a regolamenti, ma non so quale sia il migliore se l’Honest Ads Act o altri… ma penso che ottenere questo risultato sia fondamentale per Internet e le sue evoluzioni come l’intelligenza artificiale”.
L’Honest Ads Act è un disegno di legge del Senato degli Stati Uniti per promuovere la regolamentazione degli annunci pubblicitari delle campagne online da parte di società online come Facebook e Google.
Mark Zuckerberg si è rifatto vivo con un lungo post in cui annuncia 2 novità
Prima delle interviste Zuckerberg si è rifatto vivo (anche per far riprendere il titolo in Borsa) con lungo post pubblicato sulla sua pagina (in fondo all’articolo la traduzione integrale) in cui ha scritto: ‘Ho creato Facebook nel 2007 e sono io il responsabile di quello che accade sulla nostra piattaforma. Abbiamo la responsabilità di proteggere i vostri dati e, se non siamo in grado di farlo, non meritiamo di servirvi’. Dopo questo mea culpa i passaggi chiave sono due:
- “Cambridge Analytica afferma di aver già cancellato i dati dai suoi server e ha accettato un controllo legale da un’azienda da noi incaricata per constatarlo. Stiamo anche lavorando con i regolatori mentre indagano su cosa è successo”, ha fatto sapere il fondatore del social network.
- Zuckerberg ha poi annunciato, era ora, controlli rigidi sugli sviluppatori di app che chiedono l’accesso ai dati delle persone: “rimuoveremo agli sviluppatori l’accesso ai tuoi dati se non utilizzi più l’app per 3 mesi. Quando effettui l’accesso, ridurremo i dati che fornisci a un’app: solo il tuo nome, la foto del profilo e l’indirizzo email. Richiediamo agli sviluppatori non solo di ottenere l’approvazione ma anche di firmare un contratto per chiedere a chiunque l’accesso ai loro post o altri dati privati”.
Dunque mai più app che rubano i dati degli utenti Facebook? Vedremo.
Il post di Mark Zuckerberg sulla sua pagina Facebook (tradotto in italiano)
“Voglio condividere un aggiornamento sulla situazione di Cambridge Analytica, compresi i passi che abbiamo già intrapreso e i nostri prossimi passi per affrontare questo importante problema.
Abbiamo la responsabilità di proteggere i tuoi dati e, se non possiamo, non meritiamo di servirti. Ho lavorato per capire esattamente cosa è successo e come assicurarmi che ciò non accada di nuovo. La buona notizia è che le azioni più importanti per impedire che ciò accada di nuovo oggi le abbiamo già messe in atto anni fa. Ma abbiamo anche commesso degli errori, c’è ancora molto da fare e dobbiamo muoverci a farlo.
Ecco una timeline di quello che è successo nella vicenda Cambridge Analytica:
Nel 2007, abbiamo lanciato la piattaforma Facebook con la visione che più app avrebbero dovuto essere più social. Il tuo calendario in grado di mostrare i compleanni dei tuoi amici, le tue mappe mostrare dove vivono i tuoi amici e la tua rubrica mostrare le loro foto. Per fare questo, abbiamo abilitato le persone ad accedere ad app (esterne a Facebook) e a condividere chi erano i loro amici e alcune informazioni su di loro.
Nel 2013, un ricercatore dell’Università di Cambridge, Aleksandr Kogan, ha creato un’applicazione per il quiz sulla personalità. È stato installato da circa 300.000 persone che hanno condiviso i loro dati e alcuni dati dei loro amici. Il modo in cui la nostra piattaforma funzionava in quel momento, ha consentito a Kogan di accedere a decine di milioni di dati dei propri amici.
Nel 2014, per prevenire app sleali, abbiamo annunciato che stavamo cambiando l’intera piattaforma per limitare drasticamente l’accesso alle app che raccolgono i dati degli utenti. Soprattutto, app come quella di Kogan che non possono più chiedere dati sugli amici di una persona a meno che questi non autorizzino l’app a farlo. Abbiamo anche richiesto agli sviluppatori di ottenere prima la nostra autorizzazione per richiedere dati sensibili agli utenti. Oggi queste azioni impediscono a qualsiasi app come quella usata da Kogan di poter accedere a così tanti dati oggi.
Nel 2015, abbiamo appreso dai giornalisti del Guardian che Kogan aveva condiviso i dati della sua app con Cambridge Analytica. È contrario alle nostre policy per gli sviluppatori condividere i dati senza il consenso delle persone, quindi abbiamo immediatamente bandito l’app di Kogan dalla nostra piattaforma e richiesto che Kogan e Cambridge Analytica certificassero formalmente di aver cancellato tutti i dati acquisiti in modo improprio. Hanno fornito le certificazioni richieste.
La scorsa settimana, abbiamo appreso dal Guardian, dal New York Times e da Channel4 (ha mandato in onda un’inchieste televisiva sul caso) che Cambridge Analytica potrebbe non aver cancellato i dati come aveva certificato. Abbiamo immediatamente vietato loro l’utilizzo di qualsiasi dei nostri servizi. Cambridge Analytica afferma di aver già cancellato i dati e ha accettato un controllo legale da un’azienda da noi incaricata per constatarlo. Stiamo anche lavorando con i regolatori mentre indagano su cosa è successo.
Questa è stata una violazione della fiducia tra Kogan, Cambridge Analytica e Facebook. Ma è stata anche una violazione della fiducia tra Facebook e le persone che condividono i loro dati con noi e si aspettano che noi la proteggiamo. Dobbiamo riconquistare questa fiducia.
In questa direzione, abbiamo già intrapreso i passi più importanti alcuni anni fa nel 2014 per impedire ai malintenzionati di accedere alle informazioni delle persone in questo modo illecito.
Ma dobbiamo fare di più ecco come:
Punto 1, esamineremo tutte le app che hanno avuto accesso a grandi quantità di informazioni prima di cambiare le policy della nostra piattaforma per ridurre drasticamente l’accesso ai dati nel 2014 e condurremo una verifica completa di qualsiasi app con attività sospette. Banneremo qualsiasi sviluppatore dalla nostra piattaforma che non accetti un controllo approfondito. E se troviamo sviluppatori che usano in modo improprio informazioni personali, li cacceremo e lo comunicheremo quelli interessati da tali app. Ciò include gli utenti i cui dati sono stati utilizzati anche da Kogan.
Punto 2, limiteremo ulteriormente l’accesso ai dati degli sviluppatori per prevenire altri tipi di abuso. Ad esempio, rimuoveremo agli sviluppatori l’accesso ai tuoi dati se non usi più l’app per 3 mesi. Quando effettui l’accesso, ridurremo i dati che fornisci a un’app: solo il tuo nome, la foto del profilo e l’indirizzo email. Richiediamo agli sviluppatori non solo di ottenere l’approvazione ma anche di firmare un contratto per chiedere a chiunque l’accesso ai loro post o altri dati privati. E avremo più modifiche da condividere nei prossimi giorni.
In terzo luogo, vogliamo essere sicuri di capire a quali app hai permesso di accedere ai tuoi dati. Nel prossimo mese mostreremo a tutti uno strumento nella parte superiore del tuo feed di notizie con le app che hai utilizzato e un modo semplice per revocare le autorizzazioni di tali app ai tuoi dati. Abbiamo già uno strumento per farlo nelle tue impostazioni sulla privacy e ora metteremo questo strumento nella parte superiore del tuo feed di notizie per assicurarci che tutti lo vedano.
Oltre ai passi che avevamo già compiuto nel 2014, ritengo che questi siano i prossimi passi da compiere per continuare a proteggere la nostra piattaforma.
Ho dato vita a Facebook e alla fine sono responsabile per ciò che accade sulla nostra piattaforma. Sono deciso nel fare ciò che serve per proteggere la nostra comunità. Mentre questo specifico problema che coinvolge Cambridge Analytica non dovrebbe più accadere con le nuove app oggi, ciò non cambia ciò che è accaduto in passato. Impareremo da questa esperienza per proteggere ulteriormente la nostra piattaforma e rendere la nostra comunità più sicura per tutti.
Voglio ringraziare tutti voi che continuate a credere nella nostra missione e lavorare per costruire insieme questa comunità. So che ci vorrà più tempo di quanto vorremmo per risolvere tutti questi problemi, ma vi prometto che lavoreremo su questo e creeremo un servizio migliore a lungo termine”.
Per approfondire:
- Facebook e il valore dei dati, la compravendita delle nostre vite (l’editoriale del direttore Raffaele Barberio)
- Facebook sotto inchiesta per il caso ‘Cambridge Analytica’. Tutte le colpe di Zuckerberg (La storia in breve)Facebook. In attesa di maxi-multe, la ‘sanzione’ reputazionale è già di 42 miliardi