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Facebook. In attesa di maxi-multe, la ‘sanzione’ reputazionale è già di 42 miliardi

Per lo scandalo Cambridge Analytica Facebook è sotto inchiesta dagli Usa a Uk fino all’Unione europea. E con molta probabilità la società sarà condannata con maxi-multe. In attesa dei verdetti della Federal Trade Commission (FTC), dell’autorità indipendente Uk Information Commissioner’s Officer (ICO) e della Commissione parlamentare britannica fino a quello del Parlamento europeo, vogliamo porre l’attenzione su una ‘sanzione’ che è stata già inflitta non da un’Autorità regolatoria, ma dalla Borsa e dagli utenti stessi del social network. È il danno reputazionale o d’immagine. Questo dovrebbe far più paura a società ed Enti rispetto alle sanzioni, spesso irrisorie, per la violazione della privacy degli utenti. Mark Zuckerberg l’ha capito solo in questi giorni sulla propria pelle, meglio sulle proprie azioni. In una settimana a Wall Street Facebook ha bruciato 42 miliardi di dollari. Il suo market cap è passato da 534.936 Billion $ (Key4biz ha fatto questo screenshot il 15 marzo la vigilia dell’uscita delle inchieste del New York Times e dal Guardian), a 492.604 Billion $, il valore di questa mattina.

Oltre al tracollo delle azioni scese di oltre il 9%, il social network sta vivendo anche il peggior momento di reputazione tra i suoi utenti. Cresce in modo virale su Twitter il movimento #DeleteFacebook, alimentato perfino da Brian Acton, il co-fondatore di WhatsApp, acquistato da Facebook nel 2014 per 19 miliardi di dollari.

Il caso dell’utilizzo illecito dei dati di 50 milioni di utenti per scopi elettorali ha fatto aprire gli occhi, finalmente, a migliaia di iscritti che ora hanno deciso di cancellarsi dal social network. Non si fidano più di Facebook. Questo è l’incalcolabile danno che la piattaforma sta subendo in questi giorni.

Se la fuga dal social network più popolato al mondo è iniziata dalla fine del 2017 (come abbiamo qui documentato) d’ora in poi il fuggifuggi da Facebook sarà un trend, perché la società in questa vicenda si è fatta sfruttare come un cavallo di Troia dimostrandosi incapace nella difesa dei dati degli utenti.

Quali sono le gravi colpe di Facebook, che non può dire ‘Siamo stati ingannati’

Se nel 2014 il professore di psicologia presso l’Università di Cambridge, Aleksandr Kogan, attraverso la sua app thisideourdigitallife, presente su Facebook e convalidata dalla piattaforma, è riuscito a rubare e poi trasmettere alla Cambridge Analytica  i dati prima di 270mila utenti fino a raggiungere i 50 milioni di profili, la colpa è solo della società fondata e guidata da Mark Zuckerger (siamo in attesa di una sua dichiarazione).

Le policy sulla privacy troppo permissive fino al 2015

Facebook fino al 2015 permetteva ai gestori delle applicazioni di raccogliere dati dei singoli e della loro rete di amici. Quando ci si iscriveva a Facebook, le si dava il consenso di condividere alcuni dati anche con le applicazioni esterne che usavano Facebook Login (l’accesso diretto alle app tramite Facebook), concedendo anche il diritto di raccogliere informazioni sui propri amici, senza avvisarli. Questo è il meccanismo di cui ha beneficiato Cambridge Analytica.

L’ex manager di Facebook responsabile del dipartimento di controllo violazione dati, Sandy Parakilas, 38 anni, al Guardian ha risposto così su che tipo di controllo avesse la società su questi dati: “Zero. Assolutamente nessuno. Una volta che i dati lasciavano i server di Facebook a favore di app esterne non c’era alcun controllo, non c’era nessuna contezza di quello che stava succedendo”.

La responsabilità della società è in queste tre righe.

La FTC, l’ICO e la Commissione speciale del Parlamento europeo rivolgeranno questa domanda a Zuckerberg o al manager della società che realmente sarà ascoltato. 

Come disabilitare la condivisione dei tuoi dati su Facebook ad app esterne?

 Su Facebook se vuoi fermare la condivisione dei tuoi dati ad app esterne è possibile farlo, disabilitando queste applicazioni non sarà possibile accedere ai rispettivi siti utilizzando come login il proprio profilo Facebook.

Basta cliccare qui Settings Menu > Apps e poi selezionare “modifica” sotto la voce “Applicazioni, siti Web e plugin”. Nella nuova finestra che si visualizzerà cliccando sul tasto “Disabilita piattaforma”, viene impedito l’accesso dei nostri dati su Facebook a siti Web di terzi e alle applicazioni.

Cosa insegna lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica?

Lo scoppio del caso Facebook-Cambridge Analytica ha fatto suonare, ovviamente, il campanello d’allarme sulla privacy di tutti noi. I social network e in generale le piattaforme dei giganti del web sanno tutto di noi. Dunque cosa ci insegna questo scandalo? Amministratori delegati, imprenditori, ecc… non devono aver paura delle sanzioni per la violazione delle norme di protezione dei dati e dei costi di gestione dei dati personali, ma devono temere il danno reputazionale, che è il cuore del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali. Il Gdpr, che entrerà pienamente in vigore dal 25 maggio prossimo, ha l’obiettivo di far aumentare la fiducia delle persone nella società digitale. Quindi anche verso i social network. Chi violerà il regolamento europeo sarà sanzionato con multe che possono arrivare fino al 4% del fatturato globale delle società.

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