Supereroi

EntARTainment. Netflix alla Guerra dei Mondi

di Bruno Zambardino, Armando Maria Trotta |

Netflix ha da poco completato le riprese di Daredevil, una serie televisiva sul supereroe cieco della Marvel, e lancia la sfida ai personaggi firmati DC Comics, la casa editrice di Batman e Superman, prodotti da Warner Bros.

L’abilità di un prestigiatore, si sa, non è quella di fare vere e proprie magie ma quella di sviare la tua attenzione sulla mano che in quel momento non è impegnata a nascondere un coniglio dentro al cappello; la stessa mano “innocente” che di lì a poco lo estrarrà suscitando in te attesa, stupore ed un pizzico di incredulità.

 La rubrica EntARTainment, ovvero libere riflessioni sull’economia dei media e della creatività tra nuovi linguaggi, mercati globali e moderne fruizioni. A cura di Bruno Zambardino Docente di Economia del Cinema e dello Spettacolo alla Sapienza e Direttore Osservatorio Media I-Com, in collaborazione con Armando Maria Trotta, autore cinematografico. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

Guardiamo Netflix, o almeno in maniera figurata, visto che in Italia non lo si può fare ancora.

Pensiamo subito alle sue serie ammiraglie, quelle che stanno già suscitando grande attesa (Marco Polo, Marseille) e quelle che hanno già riscosso un successo stupefacente (House of Cards, Orange is the New Black). Per quanto riguarda l’incredulità, basta leggere i numeri connessi al crescente impegno della piattaforma di streaming vod nell’investimento in contenuti originali e confrontarli con quelli dei principali competitor (Ma quanto spende Netflix!?).

Ciò premesso, quello di cui vogliamo parlare davvero in questo numero sono i supereroi.

Sarà più forte Superman o Hulk? Chi avrebbe la meglio in uno scontro all’ultimo sangue tra Iron Man e Batman? Nel ‘96 Ron Marz e Peter David, coadiuvati dalle matite dell’ineguagliabile Castellini, tentarono di rispondere a questa domanda attraverso quattro albi nei quali personaggi Marvel e figli della DC Comics se le suonavano di santa ragione, riuscendo ad approdare ad una fusione dal sapore democristiano che, fuori dai denti, scontentò un po’ tutte le tifoserie.

Ma tutto ciò cosa c’entra con Netflix? Se non ne vedete il nesso logico non preoccupatevi, stiamo parlando appunto di un cieco: Matt Murdock, personaggio immaginario figlio di due padri: Stan Lee e Bill Everett.

Ebbene, Netflix ha ultimato le riprese di Marvels Daredevil (Arriva il diavolo custode!), una serie televisiva sul celebre personaggio dei fumetti della casa delle idee. La cosa, stranamente, è passata quasi in sordina sebbene questa strategia di diversificazione degli investimenti unita alle sfide di proporre strutture narrative sempre più complesse e versatili (trasnamedialità e multicanalità) meriti un approfondimento.

Marvel’s Daredevil non è un progetto a sé stante ma parte di un universo più ampio, quello cinematografico Marvel (Marvel Cinematographic Universe). Il MCU sfrutta la continuità della narrazione impostata per i grandi successi del botteghino (The Amazing Spiderman; Captain America; Hulk; Thor; Iron Man; The Avengers) e recupera personaggi minori o secondari del proprio patrimonio fumettistico, schierandoli sul fronte televisivo e non escludendo possibili incursioni del primo mondo sul secondo e viceversa. Insomma, stiamo parlando di un vero e proprio pantheon minore da piccolo schermo.

Guardiamo, per un attimo, alle serie televisive degli ultimi tempi a tema supereroistico: Smallville è il nome della piccola cittadina immaginaria del Kansas in cui un pubescente Superman scopre di essere il più impavido del pianeta ed è anche il titolo della fortunatissima serie di cui Tom Welling alias giovane Clark Kent è protagonista; Arrow narra le vicende di Freccia Verde, un personaggio della carta stampata creato nel lontano ’41 da Mort Weisinger e George Papp, una sorta di incrocio tra Robin Hood ed il conte di Montecristo del ventunesimo secolo; The Flash, invece, è il reboot della serie omonima degli anni novanta e si incentra sulla vita di Barry Allen (aka “The Flash”), il super-velocista più famoso del mondo.

Queste serie hanno due cose in comune: in tutte si racconta di personaggi targati DC Comics (la casa editrice di Batman e Superman, per intenderci) e in tutti i casi la produzione e distribuzione è firmata dalla Warner Bros. L’inizio di questa colonizzazione televisiva legata ai supereroi, da parte dei fratelli Warner, inizia all’incirca nel duemila; questo periodo può essere definito per estensione e a mo’ di tributo ai comics statunitensi -, golden age (Ecco cos’è la golden age!).

Reed Hastings, CEO di Netflix, deve aver fiutato l’occasione di inaugurare la silver age dell’home entertaining fatto di muscoli e mantelli e, noncurante dell’avvertimento costituito dalla parabola dei ciechi del Vangelo secondo Matteo (che il pittore olandese Pieter Bruegel il Vecchio interpreta così), ha scelto come apripista del suo filone produttivo legato ai supereroi proprio un non vedente: Daredevil, appunto! Ma non solo lui. Presto infatti approderanno sugli schermi domestici altri personaggi minori come Jessica Jones, Pugno d’acciaio, Luke Cage e questi confluiranno nel super team noto ai più col nome di Difensori (cuginetti provinciali degli Avengers). Sono tutti personaggi Marvel (quella di Spiderman e dei Vendicatori, per intenderci) e, guarda caso, sono tutti prodotti e distribuiti da Netflix!

Insomma, due colossi americani (un nobile esponente della vecchia guardia ed il più giovane virgulto della nuova epoca) se le suoneranno di santa ragione proprio come nel ‘96 fecero i supereroi protagonisti di questa avventura dell’epoca nuova; solo che al posto dei raggi concussivi e della superforza questa battaglia si combatterà a suon di abbonamenti, investimenti in sviluppo e innovazione tecnologica (come le riprese in 4K) e relativi profitti nel medio e lungo termine.

Speriamo che anche in questo caso, come nella guerra dei mondi di Marz e David, non si arrivi ad una “fusione” che potrebbe scontentare non solo gli eterni adolescenti con le dita sporche di inchiostro ma migliaia di spettatori a livello globale, immolando nuovi modi di fare e di fruire sull’altare del vecchio modo di concepire l’industria dell’audiovisivo.