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Elettronica di consumo, la crisi dei chip fa aumentare i prezzi. +13,6% nei primi mesi del 2021

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Tra i prodotti di elettronica quelli che hanno fatto registrare online i rincari maggiori ci sono le stampanti multifunzione (+33,1%), notebook (+5,6%) e router (+29,2%). Per IBM la crisi dei chip potrebbe durare fino al 2023.

Sebbene la produzione di chip e semiconduttori sia ripresa, l’aumento della domanda guidato dal cambiamento delle abitudini alimentato dalla pandemia come smart working e DAD, sta facendo segnare un aumento dei prezzi dei prodotti dell’elettronica di consumo.

Lo rivela il nuovo studio di Idealo dall’analisi della fluttuazione dei prezzi online dei principali prodotti di elettronica sul proprio portale, contemporaneamente ai primi ritardi nelle forniture di chip in particolare da ottobre 2020.

Tra i prodotti di elettronica quelli che hanno fatto registrare online i rincari maggiori, spiega lo studio di Idealo, ci sono le stampanti multifunzione, un apparecchio che molto probabilmente non era presente nelle case degli italiani ma che molte famiglie hanno dovuto acquistare lo scorso anno per sopperire alle esigenze legate alla didattica a distanza e allo smart working. Tra ottobre 2020 e aprile 2021 il loro prezzo è stato più alto rispetto a quello medio di quasi 42 euro e nel primo quadrimestre del 2021 i prezzi sono aumentati in media del +33,1% rispetto allo stesso periodo del 2020.

Non solo stampanti, ma anche notebook e router

Gli aumenti dei prezzi online hanno riguardato anche altri dispositivi elettronici utili per la didattica a distanza e lo smart working come, ad esempio, i Notebook il cui prezzo è stato più alto rispetto a quello medio di quasi 56 euro e che, nei primi quattro mesi di quest’anno, sono stati più cari del +5,8% rispetto allo stesso periodo del 2020.

Rincari si sono registrati anche per i Router, i cui prezzi sono cresciuti del +29,2% da gennaio ad aprile rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, gli Access Point (+14,0%), i Server NAS (+4,7%) e i PC all in one (+1,8%).

Tra lockdown e chiusure di cinema e teatri, la televisione con le varie piattaforme di streaming è stato il rimedio contro la noia per molti italiani e, mai come in quest’ultimo periodo, vale il detto che le televisioni non bastano mai in casa! Anche i televisori hanno subito aumenti dei prezzi online da ottobre 2020, circa 50 euro in più rispetto al prezzo medio, e nei primi quattro mesi di quest’anno sono stati più cari del +27,8% rispetto allo stesso periodo del 2020.

Sul fronte della telefonia mobile, l’aumento medio dei prezzi online nei primi quattro mesi dell’anno è stato del +8,1% e il mese meno caro per acquistare smartphone online è stato lo scorso settembre.

Infine, anche il mondo della fotografia ha subito aumenti dei prezzi online: le fotocamere digitali mirrorless sono aumentate del +14,1% da gennaio ad oggi, 62 euro in più rispetto al prezzo medio, e le Action Cam del +13,3%.

Per IBM la crisi dei chip potrebbe continuare fino al 2023

Il temporaneo fermo dei principali impianti produttivi di semiconduttori dovuto all’attuazione del primo lockdown su scala mondiale a inizio 2020 e l’imprevista crescita nella richiesta di dispositivi elettronici nuovi per far fronte alle necessità dello smart working e della didattica a distanza e per l’intrattenimento sono i principali elementi che hanno comportato l’insorgere di una situazione unica nel panorama economico mondiale dei chip.

Per il presidente di IBM Jim Whitehurst, una delle principali società al mondo produttrice di chip “la carenza globale di semiconduttori, un problema per il mondo tecnologico e quello delle auto, acuito dalla pandemia, potrebbe continuare fino al 2023”.

“C‘è un grande ritardo tra il momento in cui viene sviluppata una tecnologia e quando entra in fabbricazione – ha spiegato ieri Whitehurst alla BBC – Quindi, francamente, stiamo guardando ad un paio di anni prima di ottenere una capacità incrementale sufficiente per alleviare tutti gli aspetti della carenza di chip“. Per il presidente di Ibm, inoltre, bisogna concentrarsi sugli investimenti in impianti di fabbricazione.

Una sfida tra Usa e Cina

La crisi de chip preoccupa l’America di Joe Biden. Il presidente degli Stati Uniti ha proposto recentemente di mettere sul piatto ben 50 miliardi di dollari per rilanciare l’industria dei chip negli States e creare un centro tecnologico nazionale per i semiconduttori e la ricerca, all’interno del suo piano infrastrutturale da due trilioni di dollari che vedrebbe la superpotenza americana investire il budget in due macro aree: incentivi alla produzione e ricerca e design

Nel frattempo le aziende non stanno a guardare. Intel, ad esempio, ha annunciato l’intenzione di investire 20 miliardi di dollari per costruire due nuove fabbriche di chip in Arizona, mentre Samsung prevede di costruire una fabbrica di chip da 17 miliardi di dollari sia in Corea del Sud sia negli Stati Uniti. Anche la taiwanese Tsmc ha innalzato la previsione sugli investimenti a 100 miliardi di dollari nei prossimi tre anni nel tentativo di aumentare la propria capacità di produzione.

La Cina, secondo il South China Morning Post, sta rastrellando e aumentando le scorte di microchip, a dispetto della carenza che il settore sta scontando a livello mondiale.

Le importazioni cinesi di semiconduttori sono salite ai massimi storici a marzo, toccando la cifra record di 58,9 miliardi di unità di microchip, per un valore di 35,9 miliardi di dollari.