Giornalisti del futuro

#eJournalism, servono nuove competenze nelle redazioni digitali

di Redazione |

Nuove qualifiche professionali nelle redazioni dell’era digitale.

L’era del digitale ha stravolto tutti i campi, anche quello dell’editoria che è alla ricerca di un nuovo modello di business e di nuove qualifiche professionali che possano gestire le redazioni del futuro.

 

 

Su NiemanLab, partendo dal progetto del Gruppo Gannett, Ken Doctor interpella i direttori di tre startup digitali per capire come le innovazioni nel processo di produzione dell’informazione producano ruoli e qualifiche che non esistevano nell’editoria tradizionale.

Gannett ha ragione: le definizioni delle nuove funzioni redazionali sono importanti. Lo osserva Ken Doctor su Niemanlab, spiegando che il maggiore gruppo editoriale di quotidiani degli Stati Uniti sta rivedendo le qualifiche professionali, creandone alcune nuove – che non molto tempo fa sarebbero sembrate estranee alle redazioni – tra cui, ad esempio, coach per i contenuti, responsabile dei contenuti comunitari o direttore del coinvolgimento dei lettori. Gannett sta facendo questi cambiamenti come parte di un più ampio progetto, volto alla creazione delle “redazioni del futuro”.

#eJournalism è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e LSDI (Libertà di stampa, diritto all’informazione).

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Doctor ha interpellato tre esponenti di altrettanti siti recenti di informazione online.

Rob Wijnberg, direttore della testata olandese De Correspondent, assegna un grosso valore alle qualifiche lavorative, ma – osserva Doctor – vorrebbe che fossero gli stessi redattori a scegliere le definizioni delle loro funzioni, come spiega chiaramente qui di seguito:

“Quando ho avviato De Corrispondent, ho scelto consapevolmente di non introdurre le qualifiche tradizionali. E ho lasciato ad ogni giornalista-corrispondente di assegnarsi la qualifica che si adattava meglio alla sua personalità e alla sua mission giornalistica. Ora abbiamo delle mansioni redazionali che inizialmente sembravano strane, ma che caratterizzano perfettamente il lavoro del singolo giornalista, come ad esempio un Corrispondente [per il] Progresso (scrive sul modo con cui il mondo migliora ogni giorno); un Corrispondente [per la] Privacy e la sorveglianza; abbiamo anche un Corrispondente [per le] Persone Speciali. Questi titoli sono molto importanti in quanto rafforzano la coscienza della missione che il giornalista si è scelto per sé stesso/a”.

Ancora:

Abbiamo alcune qualifiche tradizionali come redattore-capo [Wijnberg] ed editore [Ernst Jan], ma solo perché il mondo esterno deve sapere chi è responsabile di che cosa. Internamente, quei titoli sono meno importanti. Il titolo “Editor-in-chief” viene anche applicato a tutti i redattori, perché io spiego loro che sono redattori-capo del proprio blog (cosa che rafforza la responsabilità delle loro sezioni: non scrivono per la piattaforma, ma scrivono per il proprio pubblico, che è una cosa molto diversa)”.

 

Questo approccio non convenzionale alla questione delle qualifiche – racconta Doctor – nasce in Wijnberg dal suo lavoro al quotidiano del mattino NRCNext, dove aveva notato come delle definizioni convenzionali assegnate senza un bisogno reale potessero ostacolare una buona resa professionale:

“Una delle prime cose che ho fatto quando sono diventato direttore di NRC è stata quella di sbarazzarmi di definizioni come ‘’desk esteri’’, ‘’desk economico’’, per due ragioni: 1), queste definizioni riflettono il mondo che c’era negli anni ’70 e ’80, con la guerra fredda al suo culmine, quando i paesi, i confini, e le “economie nazionali” contavano molto più di quanto non contino in un mondo globalizzato. 2) Le persone tendono ad usare questi nomi come delle frontiere ‘’giudiziarie’’: “Noi” scriviamo solo di economia perché “noi” siamo il desk economico; “noi” non scriviamo su questo, perché accade in un paese straniero, ecc. In questo modo si stimola una visione a tunnel. Volevo che giornalisti non economici scrivessero di economia e corrispondenti esteri scrivessero anche sull’ Olanda”.

A Quartz, la testata aperta due anni fa, le qualifiche dei giornalisti sembrano di taglio piuttosto tradizionale (come a BuzzFeed), anche se poi corrispondono in qualche modale “ossessioni” identitarie del sito; ‘’ossessioni’’ che sono analoghe al discorso del De Corrispondent sulle passioni che animano i vari giornalisti-corrispondenti. Interessante notare il fatto che i titoli dei redattori sono stati quelli più flessibili.

Dice Gideon Lichfield, un economista che ha contribuito a modellare Quartz:

“Io fino a poco fa ero ‘’ global news editor’’, cioè ero responsabile di tutto ciò che non erano opinioni/commenti/editoriali (op-ed). Ora vengo chiamato ‘’senior editor’’, e il mio lavoro comprende l’attività di redattore, quella di supervisore delle riunioni quotidiane, e infine quella di guardiano dello stile di casa. Il nuovo global news editor, Heather Landy, ha un lavoro un po’ più ristretto di quanto lo avessi io, perché il nostro staff è cresciuto. Zach Seward è senior editor e direttore creativo, e questo significa sia curare lo sviluppo del prodotto per il sito, sia gestire il team ‘’Things’’ (interattività e data journalism), e varie altre cose. Direi che le nostre qualifiche servono più come segnaposti che come descrizioni effettive, comunque. Ogni ruolo, soprattutto nei più anziani, deve essere abbastanza flessibile per soddisfare esigenze mutevoli. Questa è la natura di una struttura piccola e in crescita, come può essere una testata digitale. Direi che prestiamo più attenzione alle cose che devono essere fatte e cerchiamo di capire chi potrebbe essere adatto, piuttosto che cercare di definire i ruoli. Ma io penso che qualsiasi startup sia così”.

Infine, possiamo guardare ad un altro veterano della stampa tradizionale, Robert Rosenthal, ex direttore del Philadelphia Inquirer, che ha sperimentato un nuovo modello innovativo con il Center for Investigative Reporting. Rosenthal – racconta Doctor – vede la stessa cosa che vedono i dirigenti del gruppo Gannett: la necessità di creare nuovi posti di lavoro che rispondano alle esigenze del mondo digitale.

“Quasi cinque anni fa ci siamo inventati il ruolo di direttore della diffusione e capo degli specialisti nel coinvolgimento dei lettori. Tale ruolo si è trasformato per noi in un lavoro a causa della nostra strategia. Noi non solo diffondiamo il contenuto, ma ci impegniamo con l’editore, il suo pubblico e il nostro pubblico. Non è una cosa a cui avrei pensato quando ero il direttore dell’Inquirer…Il termine di ‘creatore di contenuti digitali’ è la qualifica più chiara rispetto a quel tipo di competenza specifico. Mi ricordo che abbiamo cominciato a pensare a nuovi termini quando assumevamo creando dei posti di lavoro che non esistevano nelle tradizionali redazioni dei giornali in cui avevo passato la mia carriera”.

Assegnare delle nuove definizioni – conclude Doctor – è, in un certo senso, facile. Dalla sua esperienza, Rosenthal definisce con precisione la sfida che si trovano ad affrontare Gannett, Advance, e tutti i nuovi ri-formatori delle redazioni.

“Il primo passo è pensare a quello di cui si ha bisogno e quindi assumere persone con dei nuovi profili professionali. Poi, avendo una visione generale, l’impegno e la strategia, assicurarsi che essi sono in grado di operare bene e che tutti in redazione capiscano quello che fanno e il loro valore per la testata. E, naturalmente, assicurarsi che abbiano le competenze per fare quel lavoro”.