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Editoria, Google minaccia l’Australia: “Se non cambiate legge disattiviamo il servizio”

Google Vs. Australia, atto secondo.

L’azienda da Mountain View minaccia per la prima volta di bloccare il suo motore di ricerca in Australia se il Governo non modificherà il “codice di condotta vincolante” per i giganti del web, il codice che mira di risolvere lo squilibrio di potere contrattuale tra gli editori di notizie e le principali piattaforme digitali, per ottenere un pagamento equo per le news.

In un’audizione al Senato australiano, Mel Silva, amministratore delegato di Google Australia, ha dichiarato che se la bozza di codice dovesse passare, l’azienda si vedrà costretta a “sospendere” i suoi servizi di ricerca in Australia.

Una minaccia alla quale il primo ministro australiano Scott Morrison ha risposto bruscamente: “L’Australia stabilisce le regole su ciò che può essere fatto in Australia. È il nostro Parlamento che decide”, ha detto. “Le persone che sono disposte a lavorare in questo contesto in Australia sono le benvenute. Ma non ci pieghiamo alle minacce”.

Australia: pugno duro contro i big del tech per salvare il giornalismo

Il Governo australiano da tempo cerca di imporre un regime legale, che include penalità finanziarie attorno al comportamento delle piattaforme digitali che usano spazio non regolato per cannibalizzare e per profittare di contenuti prodotti dai media di news.

“Vogliamo che Google e Facebook continuino a fornire questi servizi, che sono così apprezzati e utilizzati dagli australiani“, aveva dichiarato Rod Sims, presidente dell’Australian Competition and Consumer Commission, dopo la pubblicazione della prima bozza di codice lo scorso luglio. Ma “Vogliamo, aveva aggiunto, che tutto questo operi alle nostre condizioni, che sia conforme alla nostra legge e innanzitutto che sia equo”.

Cosa prevede il nuovo codice di condotta australiano

Il progetto del nuovo codice introduce una serie di “standard minimi” per le piattaforme digitali da soddisfare nei loro rapporti con i media.

Il codice obbligatorio correggerebbe lo squilibrio e costringerebbe le compagnie a pagare per i contenuti che utilizzano, a condividere i dati sui propri consumatori e ad essere soggetti a regole sulla gerarchia di notizie pubblicate sulle piattaforme.

Questi includono l’obbligo per Google e Facebook di comunicare entro 28 giorni qualsiasi cambiamento algoritmico che influenzerà il traffico di riferimento alle notizie o la classifica delle notizie dietro i paywall.

La gamma di servizi di Facebook soggetta ad arbitrato include Facebook News Feed, Instagram e la scheda Notizie di Facebook. I servizi di Google sono Ricerca Google, Google News e Google Discover.

Editoria e Google: In Australia no, in Francia sì

L’annuncio che Google potrebbe disabilitare la propria piattaforma in Australia arriva poche ore dopo che l’azienda aveva detto di aver firmato un accordo per la protezione del copyright con l’Alleanza della stampa d’informazione generalista francese.

Questo accordo fissa i principi con i quali saranno poi negoziati singoli accordi tra Google e gli editori francesi che fanno parte dell’Alleanza, e consentirà ai giornali di entrare in Google News Showcase, una piattaforma lanciata di recente da Google in cui vengono mostrati articoli scelti da redazioni considerate affidabili e prestigiose.

Un accordo che comunque premia lo strapotere di Google rispetto alle singole testate. Perché non definire un quadro normativo unitario in cui collocare retribuzione, uso dei dati e trasparenza degli algoritmi ad esempio? L’atteggiamento intimidatorio dei big del tech, come sta facendo vedere Google in Australia, fa venire i brividi a chiunque dia valore alla nostra democrazia.

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