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Donne dirigenti: ‘Ancora troppi ostacoli alla carriera’

Quadro a tutto tondo su donne e lavoro quello emerso al convegno “Middle Management al Femminile. Tra Knowledge e Identità” che QUADRIFOR – l’Istituto Bilaterale per lo Sviluppo della Formazione dei Quadri del Terziario presieduto da Paolo Andreani – ha tenuto nei giorni scorsi a Roma.

Dati interessanti quelli portati all’attenzione dei partecipanti che devono stimolare al cambiamento. (Slides)

Si parte da una premessa fondamentale: “Le donne sono mediamente più istruite degli uomini e più disponibili alla formazione e all’aggiornamento continuo. Hanno maggiore interesse per i temi dell’innovazione e delle nuove competenze digitali. Dimostrano di saper conciliare tempi lavorativi e tempi familiari. Lavorano meglio, ma le loro capacità intellettive e gestionali sono sottoutilizzate nell’ambito dell’impresa. E guadagnano meno”.

La fotografia del middle manager al femminile restituisce l’immagine di una donna nel 55% dei casi sotto i 45 anni, nel 61,5 % dei casi in possesso di un titolo di laurea o superiore, occupata per lo più in mansioni di amministrazione, di organizzazione e di gestione delle risorse umane. La distinguerebbe dal collega maschio l’apertura all’innovazione, alla business cooperation e allo sviluppo delle proprie competenze. Questa stessa donna manager si troverebbe però a fare i conti con alcuni trend negativi che coinvolgono con poche eccezioni la popolazione delle lavoratrici: retribuzioni inferiori a parità di mansioni rispetto ai colleghi, una difficoltà nel fare carriera altrettanto velocemente, un dislivello importante anche a livello pensionistico. Con una presenza in Italia di donne all’interno dei Consigli di Amministrazione che è cresciuta sì, tuttavia solo grazie all’applicazione di leggi sulla parità sostanziale di genere.

La ricerca presentata nel corso della giornata “Middle Management al Femminile. Approfondimento di ricerca sul ruolo e le competenze delle donne Quadro” rivela una maggiore responsabilità in generale dei quadri legata al numero decrescente dei dirigenti in Italia e in Europa, mentre aumentano i professional tra le donne.

Pierluigi Richini, Responsabile Area e Formazione di Quadrifor, ha evidenziato che “A questo dato importante corrispondono alcune caratteristiche positive legate al lavoro femminile non adeguatamente riconosciute dal contesto politico, sociale e imprenditoriale. Una tendenza da non sottovalutare e da contrastare anche e soprattutto attraverso lo strumento della formazione e della condivisione della conoscenza”.

 

Al lavoro donne sottopagate e non supportate nella gestione della famiglia

Paolo Andreani, Presidente dell’Istituto, l’ha definita “Una ‘donna lasciata sola’, sola, perché non impiegata appieno per le proprie competenze, non supportata nella gestione della famiglia, pagata meno, soprattutto, rispetto ai colleghi uomini e a parità di lavoro svolto e di ore lavorate. Una donna che reagisce a tutto questo da un lato sicuramente con frustrazione, ma dall’altro con ottimismo, dimostrando di voler sfruttare al massimo – come dimostrano i numeri della formazione – le opportunità offerte dall’aggiornamento continuo, soprattutto nell’empowerment”.

Savini Zangrandi, Direttore di Quadrifor, ha informato che “la complessità del mondo del business, la riduzione del numero dei dirigenti e la crescita dei Quadri richiede dei Middle Managers più formati. La ricerca evidenzia alcune richieste specifiche di formazione delle donne Quadro a cui l’Istituto sta dando delle risposte con iniziative formative legate all’empowerment personale, alla digital tranformation, all’e-learning e allo smart working, con l’obiettivo di portare al successo le imprese attraverso lo sviluppo delle competenze”.

La tavola rotonda su questi temi – moderata dalla giornalista de Il Sole 24 Ore, Monica D’Ascenzo – ha coinvolto Giuseppe Roma (Censis), Luisa Rosti (Università di Pavia), Jole Vernola (Confcommercio), Ivana Veronese (UILTuCS Uil), Maria Grazia Gabrielli (Filcams CGIL) ed Elena Vanelli (Fisascat CISL).

 

Il rischio del neo-maschilismo aziendale

Secondo Giuseppe Roma del Censis, “con la crisi economica in atto c’è il concreto rischio che riprendano vigore forme di neo-maschilismo aziendale, come dimostra l’allargarsi della forbice retributiva: nel 2007 le donne guadagnavano in media il 5,1% in meno degli uomini; ora la forbice è cresciuta al 7,3%. Di più, le donne Quadro finiscono per autolimitare le proprie aspirazioni di crescita professionale anche a causa delle responsabilità familiari che in gran parte gravano ancora solo su di loro: sui circa 270mila quadri del commercio e del turismo solo il 31% è donna, più che nel settore industriale, ma meno dei servizi alla persona come sanità e istruzione dove le donne si avvicinano alla maggioranza. Per contro, fra i quadri più giovani, con meno di 44 anni, la quota femminile cresce superando un terzo del totale (sono il 26% over 44 anni) e ciò sta a significare forse per il futuro un ruolo crescente della componente rosa”.

“In questo contesto, le aziende – ha concluso Roma – devono saper valutare il peso specifico delle donne in termini di conoscenze, di capacità organizzative e di valori etici e culturali, tutti fattori indispensabili per accrescere la competitività del terziario commerciale.”

 

Per comandare bisogna essere maschi?

Riprendendo l’importanza della sfera della cultura citata in apertura dal Presidente Andreani, Luisa Rosti ha ribadito l’urgenza innanzitutto dell’abbattimento degli stereotipi, soprattutto di quelli “cattivi”, stereotipi che sono pervasivi e inconsapevoli. Per esempio, “per comandare bisogna essere maschi”. Se si prende viceversa consapevolezza del fatto che sono i meccanismi (ad esempio il curriculum vitae senza indicazione del genere), non la buona volontà, che ci possono salvare dagli stereotipi stessi – ha detto la professoressa – possiamo uscire dalla situazione che è stata rappresentata riguardo alle disparità di genere sul posto di lavoro.

Jole Vernola ha rilanciato: “Noi siamo un Paese dove nonostante sia assodato che l’incremento dell’occupazione femminile fa incrementare il Pil e la propensione al consumo, il sostegno che la società offre si limita prevalentemente al tema della conciliazione dei tempi del lavoro con quelli della famiglia, segnatamente con l’aumento dei congedi familiari alle donne, e con una attenzione distorta sui costi organizzativi del lavoro femminile. Sono poche le aziende che applicano il welfare in azienda, proprio per i costi. Un approccio riduttivo che andrebbe integrato da politiche mirate per la famiglia. L’equiparazione di genere deve avvenire a questo livello”.

Nel dibattito Maria Grazia Gabrielli ha ricordato la giornata di ieri, 25 novembre, dedicata alla violenza sulle donne, per sollecitare maggiore sensibilità su questo come uno dei mali che la società deve estirpare e per sottolineare come ci sia ancora un grande lavoro culturale da fare, nell’ambito delle famiglie, della scuola, dell’università e della ricerca, nel segno di un’evoluzione positiva del rapporto uomo-donna. La politica, dal canto suo, deve assumere delle scelte riguardo ad istituti di sostegno alle persone e alle famiglie che portino l’Italia al passo con le migliori pratiche di molti altri Paesi europei. Necessario inoltre agire nel welfare attraverso la contrattazione e nel lavoro responsabile delle parti sociali, soprattutto sul tema della flessibilità, del part time e dei tempi, non solo dell’impresa, ma anche e soprattutto della persona.

Elena Vanelli ha indicato la necessità di lavorare ad un cambiamento, anche perché in momenti di crisi come questo è importante che tali figure lavorative, più di altre, si rendano attive, flessibili, propositrici.

 

Sì al welfare contrattuale

Nel suo contributo al dibattito, Ivana Veronese ha sottolineato come sia responsabilità delle Parti Sociali contribuire a mettere le lavoratrici nelle condizioni di poter competere e fare carriera. E chi ha un carico familiare ha il freno a mano tirato. Welfare contrattuale? Sì – ha detto –, ma un welfare che deve partire da un contratto aziendale o territoriale e da una verifica dei bisogni reali delle persone, e che aiuti a tenere le donne dentro il posto di lavoro e dentro il processo produttivo (non solo aspettative e congedi parentali dunque), con adeguate possibilità di carriera.

 

Il cambiamento deve partire anche dal basso

Monica D’Ascenzo è intervenuta nella discussione sollecitando le donne a promuovere il cambiamento dal basso: investendo nella propria formazione, rendendo visibili i propri risultati all’interno dell’azienda, cambiando a proprio favore quando possibile l’organizzazione del lavoro all’interno, chiedendo incrementi della propria retribuzione e possibilità di avanzamento nella carriera. Inoltre va condiviso il carico di lavoro familiare. Con l’invito a restituire. Una volta raggiunta una posizione di vertice, dare una chance anche ad altre donne che vengano dopo.

La chiusura dei lavori è stata affidata Maria Luisa Coppa che ha ringraziato per le suggestioni e gli spunti forniti dai partecipanti al convegno, che confermano come Quadrifor si stia muovendo nella direzione giusta nel suo percorso costruttivo, nel segno dell’adeguamento della formazione non solo alle necessarie competenze tecniche e digitali dei Quadri, ma anche e soprattutto ai nuovi valori etici cui il mondo dell’impresa responsabile aspira.

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