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Dividere Facebook? Zuckerberg risponde al cofondatore Hughes: ‘Dannoso per gli utenti’

Dividere Facebook per evitare un monopolio di fatto? Non se ne parla proprio: è un’idea inutile e avrebbe anche un effetto dannoso sugli utenti. E’ quanto sostiene Mark Zuckerberg, che risponde in maniera netta alle accuse lanciate pochi giorni fa da Chris Hughes, il cofondatore del social network.

Durante la sua visita in Francia dove ha incontrato anche il Presidente Emmanuel Macron – ha risposto nel corso di un’intervista rilasciata a France2. “La mia reazione? Credo che quello che propone non sia assolutamente utile”, ha detto Zuckerberg.

Secondo Hughes la dimensione di Facebook rende l’azienda troppo potente, e “non americana”, un ostacolo alla libera concorrenza e ai principi del Paese a stelle e strisce. Per questo – rilanciando una proposta già avanzata dalla senatrice democratica e candidata alle presidenziali Elizabeth Warren – ha chiesto che il “moloch” dei social (che controlla anche Instagram e Whatsapp, oltre al servizio di messagistica interno Messenger) venga diviso in almeno tre parti, così da assicurare un maggiore controllo.

Dimensione globale per contrastare le interferenze

Tutto il contrario di quello che pensa Zuckerberg, convito che proprio la dimensione globale di Facebook e la potenza economica della sua azienda, siano una tutela in più per gli utenti. “Se abbiamo interesse a proteggere la democrazia e le elezioni – ha detto Mark – allora c’è bisogno di una compagnia come la nostra, che investe miliardi di dollari ogni anno nella creazione di strumenti utili e all’avanguardia per contrastare le interferenze nelle elezioni. Il nostro budget per la sicurezza quest’anno è maggiore degli interi ricavi di quando ci siamo quotati in borsa all’inizio di questo decennio. E questo riusciamo a farlo proprio perché siamo stati in grado di far crescere un business di successo capace di sostenere queste spese”.

Fake news, privacy e business

La lotta a pagine e notizie “fake” trova conferma nell’ultimo “taglio” effettuato dalla piattaforma su migliaia contenuti dopo la segnalazione della Ong Avaaz,ma anche nel report sulle attività di lobbying che Facebook ha portato avanti nel corso degli anni, in cui però alla tutela della privacy degli utenti si affianca quella degli investimenti, con pressioni sul mondo della politica.

Una attenzione alla privacy che alcuni ritengono ormai fuori tempo massimo e autoassolutoria, in particolare dopo gli scandali sulla gestione dei dati degli utenti – il più eclatante è quello legato a Cambridge Analytica – che a breve potrebbe costare una multa salata alla piattaforma social.

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