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Disinformazione online, Martusciello (Agcom) ‘Serve una media fluency per rendere gli utenti consapevoli’

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Secondo Martusciello "Non si tratta più di insegnare un’attività da svolgere meccanicamente come l’alfabetizzazione digitale, ma di rendere consapevoli gli utenti, padroneggiando un qualcosa che in realtà già sanno fare: reperire contenuti, stavolta però con un grado di difficoltà maggiore: lo spirito critico”.

“L’analisi della disinformazione in Rete spesso è stata accostata alla necessità di garantire la solenne e fondamentale libertà di espressione. Non raramente si è confusa quella libertas philosophandi con quei principi di obiettività, completezza, lealtà e imparzialità che dovrebbero caratterizzare una notizia”. È quanto ha dichiarato il Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Antonio Martusciello, intervenuto oggi, al workshop su “Disinformazione e soluzioni di mercato: i casi Qwant e Wikipedia”, promosso da Agcom nell’ambito del Tavolo Tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali.

Dopo aver esaminato le positive policy adottate da Qwant e Wikipedia volte ad arginare il fenomeno disinformativo, non rinunciando nel contempo al business, il Commissario ha affrontato più ampiamente il mondo dell’informazione. Esso, ha rilevato, è sottoposto a una radicale e crescente trasformazione, che sta rapidamente coinvolgendo forme di consumo, modelli di business, modalità di generazione, composizione e offerta del prodotto informativo, fino ad arrivare alla natura stessa della professione giornalistica.

“Tuttavia – ha ricordato Martusciello – il mercato non è un locus naturalis, ma un prodotto artificiale e per questo necessità di regole al fine di evitare che, seguendo la sua logica spontanea, determini abusi”.

Per Martusciello, però, anche l’individuo è chiamato intervenire, attraverso la capacità di selezionare notizie di qualità. “Viviamo in una sorta di confort zone digitale– ha spiegato – in cui, a causa delle ricerche personalizzate, ci confrontiamo con noi stessi e la nostra ombra, tralasciando l’inesauribile varietà del mondo”.

“Se appartenenza e pregiudizio culturale sono gli elementi di cui si nutre la disinformazione, la media literacy non basta più a scongiurare il fenomeno disinformativo, ma serve una media fluency” – ha aggiunto – Non si tratta più di insegnare un’attività da svolgere meccanicamente come l’alfabetizzazione digitale, ma di rendere consapevoli gli utenti, padroneggiando un qualcosa che in realtà già sanno fare: reperire contenuti, stavolta però con un grado di difficoltà maggiore: lo spirito critico”.

“Ecco che allora, occorre tornare a quell’informazione di matrice illuministica; passare da un concetto fiduciario a uno probatorio: dal affidamento riposto nella fonte alla dimostrazione degli elementi di una buona notizia. Un impegno che coinvolge i lettori, diretti a pretendere qualcosa in più, ma anche i gli operatori del settore, chiamati a questa prova”, ha concluso Martusciello.