Banda ultralarga

‘Disastro Open Fiber’: il Fatto Quotidiano mette in luce la ‘catastrofe a banda larga’

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Due articoli del Fatto Quotidiano sul disastro banda larga: sei anni di ritardi e flop di Open Fiber. Doveva chiudere i lavori nel 2020, poi a fine giugno, ora dice "nel 2024": difficile visto che è ferma al 45% dei lavori. E i rinvii già coinvolgono il Pnrr.

Comincia a farsi luce sul disastro di Open Fiber. Oggi anche il Fatto Quotidiano ha dedicato ampio spazio, con ben due articoli, alla “catastrofe banda larga dovuta all’operatore nato nel 2015 per volontà di Matteo Renzi. Indicativo il titolo del primo articolo, “Catastrofe a banda larga: i lavori da finire 3 anni fa sono al 45%” in cui si mettono in evidenza i clamorosi ritardi di realizzazione del Piano Bul. Open Fiber doveva chiudere a giugno, ma dice nel 2024: sti ma ottimista. I ritardi, intanto, già coinvolgono i Pnrr”, si legge nell’articolo. “Già fallito anche il primo traguardo per Italia a 1 Giga”, prosegue l’articolo, citando i dati della relazione di Infratel al 30 aprile, che certifica la lentezza sulle aree bianche.

I lavori di posa della banda ultralarga proseguono “ad una velocità da ferrovia nel Far West”, si legge sul Fatto che ricorda come i lavori dovessero terminare nel 2020, e e che la nuova scadenza del giugno 2023 non sarà centrata: “ufficialmente si parla di chiudere il tutto entro il 2024”, si legge, anche se probabilmente si andrà più in là visto che sono state collaudate soltanto il 45% delle unità immobiliari previste dalla concessione assegnata a Open Fiber. Insomma, “tre anni di lavori previsti e cinque di ritardi” che “si stanno trascinando dietro gli appalti sulla rete del Pnrr, che invece devono essere finiti in tempo per non perdere i soldi”.

Il ritardo “assurdo” del Piano BUL

Il ritardo “assurdo” del Piano BUL, certificato da Infratel al 30 aprile 2023 nella “Relazione di avanzamento dei lavori”, dice che su 6.411.150 unità immobiliari da cablare ne risultano 2.653.073 “collaudate” e 362.298 “in collaudo”. Tradotto: “i lavori finiti o quasi finiti sono il 47% del totale, il resto è “in lavorazione” (2.632.719 unità immobiliari) o addirittura ancora in fase di progettazione definitiva o esecutiva (circa 800mila)”.

I ritardi per ora sono costati penali per otre 50 milioni di euro a Open Fiber da parte di Infratel, a fronte di spese fatturate per 1,5 miliardi (e soli 154mila clienti “attivati), scrive il Fatto.    

Disastro “aree bianche” pessimo viatico per i bandi Pnrr

“Il disastro del Piano BUL “aree bianche”, già avvenuto, è un pessimo viatico per gli appalti Pnrr sulle reti, partiti solo l’anno scorso e già in ritardo, ricorda il Fatto, sottolineando che la prima milestone del Piano Italia a 1 Giga al 31 dicembre 2022 è già stata disattesa, nonostante prevedesse la copertura di appena l’1% dei numeri civici (o delle unità immobiliari, non è chiaro neanche questo). Previsti dal bando, cioè 6,87 milioni in tutto. I prossimi obiettivi semestrali sono il 15% a giugno, il 25% a fine anno e il 40% a metà del 2024, scrive il Fatto, ricordando che se non saranno raggiunti si rischia di perdere i fondi europei e di rimetterci gli anticipi del 20% riconosciuti alle ditte che hanno vinto l’appalto.

Il secondo articolo di giornata dedicato dal Fatto Quotidiano al disastro Open Fiber, dal titolo “Il disastro di Renzi&Starace ‘inguaia’ Cdp e Macquarie”, è più dedicato a ripercorrere la storia di Open Fiber, dalla nascita ai giorni nostri. Il bilancio 2022 di Open Fiber si è chiuso con ricavi per 470 milioni, margine lordo salito di soli 27 milioni (a 179 totali) e perdite per 162 milioni (210 milioni nel 2021) mentre il debito è a quota 5 miliardi (25 volte il margine lordo) e pare destinato a salire a sei entro fine anno, si legge nell’articolo. “Le banche hanno iniziato a farsi sentire. I soci dovranno mettere subito altri 400 milioni (la richiesta era di 1 miliardo) per evitare di dover subito rinegoziare il debito”.