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Digital Services Act, da domani scatta la stretta su 17 piattaforme e su Google e Bing

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Chi non osserva le prescrizioni si espone a sanzioni che possono arrivare al 6% del giro d'affari annuo e, in caso di recidiva, al divieto di operare in Europa.

Da domani, 25 agosto, scatterà la sorveglianza sui grandi operatori digitali prevista nel Regolamento europeo Digital Services Act. Il DSA impone novità significative per le Big Tech, definendo una lista di obblighi da seguire per operare in Europa senza incorrere in sanzioni.

Le piattaforme e motori di ricerca nel mirino

Le seguenti 17 piattaforme (Alibaba AliExpress, Amazon Store, Apple AppStore, Booking.com, Facebook, Google Play, Google Maps, Google Shopping, Instagram, LinkedIn, Pinterest, Snapchat, TikTok, Twitter (X), Wikipedia, YouTube e Zalando) e i 2 motori di ricerca (Bing e Google Search), con più di 45 milioni di utenti attivi al mese, dovranno dimostrare l’allineamento ad alcuni princìpi e prassi:

Moderazione dei contenuti. Le piattaforme dovranno contrastare efficacemente contenuti illegali, bot e fake news. Sono previsti sistemi di ‘notifica e risposta’ per la rimozione diretta dei contenuti illegali o nocivi ed è prevista la responsabilità legale nei confronti degli utenti da parte degli operatori.

Trasparenza. Le condizioni di utilizzo dei servizi dovranno essere semplici e concise in tutte le lingue dei Ventisette paesi europei. Anche l’uso degli algoritmi dovrà essere più trasparente e le piattaforme dovranno etichettare chiaramente gli annunci pubblicitari.

No alla profilazione. Gli utenti dovranno avere la possibilità di rinunciare alla profilazione e sarà vietata la pubblicità basata su dati sensibili come l’origine razziale o etnica, l’orientamento sessuale o le opinioni politiche.

Tutela dei minori. I sistemi dovranno garantire un elevato livello di privacy, sicurezza e incolumità dei minori, introducendo strumenti come la verifica dell’età e il controllo parentale. Vietato qualsiasi tipo di pubblicità mirata nei confronti dei bambini.

Mitigazione del rischio. Le piattaforme sono chiamate a presentare piani annuali di valutazione del rischio per affrontare qualsiasi minaccia che possono rappresentare per la società, compresa la salute pubblica, e quella fisica e mentale anche dei minori. 

Stress test e audit. Oltre alla supervisione Ue, le piattaforme saranno sottoposte a controlli indipendenti regolari. 

Sanzioni. Chi non osserva le prescrizioni si espone a sanzioni che possono arrivare al 6% del giro d’affari annuo e, in caso di recidiva, al divieto di operare in Europa.

Google o Microsoft hanno annunciato misure per adeguarsi. TikTok ha reso pubbliche le misure adottate. Amazon ha depositato un ricorso al tribunale del Lussemburgo contestando di dover essere inclusa nell’elenco, al pari di Zalando. Meta (Facebook e Instagram) ha comunicato che gli utenti potranno tornare a vedere i contenuti in ordine cronologico e non secondo l’ordine proposto dall’algoritmo.

La vigilanza sui piani di attuazione

Ovviamente, le piattaforme e i motori di ricerca in questione dovranno anche spiegare in che modo si muoveranno e intendono agire per rispettare i nuovi obblighi e i loro piani saranno oggetto di audit e di vigilanza indipendenti da parte della Commissione.  

La Commissione europea sarà l’autorità competente per la vigilanza delle piattaforme e dei motori di ricerca designati e collaborerà strettamente con i coordinatori dei servizi digitali.

Per rafforzare questo ruolo, infine, la Commissione ha recentemente istituito il Centro europeo per la trasparenza algoritmica (ECAT), che la coadiuverà valutando se il funzionamento dei sistemi algoritmici sia in linea con gli obblighi di gestione dei rischi.

Il tweet del Commissario UE Breton