I nuovi investimenti in fibra sarebbero fortemente a rischio se davvero si concretizzasse la deregulation nell’ambito del Digital Networks Act, ipotizzata dalla Commissione Ue. Vale a dire se si cancellasse davvero, con un tratto di penna, la regolamentazione ex ante attualmente in vigore, che fissa le regole per l’accesso all’ingrosso alla rete per gli operatori che non hanno rete e accedono alla rete degli ex incumbent (in Italia Fibercop).
La pensa così, come spiega Key4Biz, Francesco Nonno, Presidente dell’FTTH Council e Direttore Regolamentazione e Affari Europei di Open Fiber. “Se davvero decideranno di deregolamentare l’accesso alla rete dell’ex incumbent, cosa succederà dopo? Se si dessero più poteri agli ex incumbent, si disincentiverebbero nuovi investimenti in fibra”.
È questa la posizione dell’FTTH Council, che peraltro ricalca quella di un gruppo nutrito di operatori che la scorsa settimana ha inviato alla Commissione Ue una lettera aperta per bloccare ogni spinta alla deregulation.
DNA, Nonno (FTTH Council): ‘Non vediamo una ragione di mercato per deregulation’
FTTH Council è sì favorevole a una spinta alla semplificazione burocratica e a una maggiore armonizzazione nella gestione dello spettro e in generale delle regole da parte della Ue nel quadro del Digital Networks Act.
L’altro aspetto sottoscritto dal Council e presente nella call of evidence è la volontà di andare verso la definizione di uno switch off con una deadline definita a livello comunitario e un impegno richiesto agli stati membri di definire un percorso.
“Ma abbiamo un po’ più di preoccupazione per i processi di deregolamentazione delle reti di accesso che sembrano connessi al Digital Networks Act, perché non vediamo una ragione di mercato”, dice Nonno.
La tesi è che in questo caso la deregolamentazione non interverrebbe perché i poteri di mercato degli operatori sono spariti o non ne possono più abusare, ma interverrebbe soltanto perché questi operatori lo stanno chiedendo. Tanto più che leggendo la call for evidence l’unica ragione portata per la deregulation è quella di avere un “level playing field” con gli OTT. Siccome gli OTT sono meno regolamentati, anche gli incumbent dovrebbero essere meno regolamentati.
“Però in realtà gli OTT lavorano in un mercato e gli incumbent lavorano in un altro mercato”, dice il presidente dell’FTTH Council, che riporta la questione della regolazione ex ante al mercato dell’accesso all’ingrosso alla rete, un tema più interno al settore delle telco, dove ci sono dei poteri di mercato figli soprattutto del mercato del rame. Molti dei player che hanno un significativo potere di mercato oggi hanno realizzato una loro rete in rame in periodi di monopolio. Oggi si parla di un altro tipo di concorrenza, infrastrutturale, dove dei soggetti che investono in fibra si trovano a competere con degli incumbent. I player della fibra vogliono che le regole del gioco gli permettano di giocare, e l’attuale contesto lo fa. Quel che è certo è che in questo mercato gli OTT non c’entrano. “Il senso della lettera degli operatori è che non vengano cambiate le regole del gioco dopo che hanno investito”, aggiunge.
Qual è il contesto
Ma in che modo la posizione dell’FTTH Council e degli operatori che protestano contro la deregulation si intreccia a doppio filo allo sviluppo della fibra in Europa?
La diffusione della fibra in Europa non è omogenea in termini di copertura e di take up. Ci sono paesi molto avanti nella copertura ma anche nel take up della fibra ottica, in primo luogo la Spagna, dove la copertura della fibra ottica è pressoché conclusa così come lo è lo switch off del rame alla fibra. Anche la Francia è messa bene, con una copertura al 90% circa e un take up al 60-70%.
Altri paesi nordici, come Svezia e Finlandia, sono già molto avanti. Così come la Romania. Si tratta di paesi che non avevano all’origine una importante rete in rame e che quindi sono partiti direttamente con la fibra per la copertura nazionale.
A metà classifica ci sono paesi come Italia e Regno Unito, che hanno buoni livelli di copertura – noi intorno al 65% di copertura – e anche Irlanda e Polonia sono a buon punto. Ma d’altro canto si tratta di paesi con un take up relativamente basso.
C’è poi un caso per così dire patologico che è la Germania, dove la copertura e adozione sono entrambi bassi.
Ma perché il take up è basso in certi paesi (Italia, Germania e Regno Unito)?
Ogni paese ha un po’ la sua storia sul versante dello scarso take up, però ci sono degli elementi comuni. Italia, Germania e Regno Unito, e in parte Belgio, hanno in comune il fatto che si sono fatti a suo tempo investimenti in reti Fiber-to-the-cabinet (FTTC). Questa tecnologica intermedia e mista fra rame e fibra (fibra fino al cabinet e rame fino alle case) porta velocità superiori al puro rame, ma nettamente inferiori rispetto alla pura fibra. L’FTTC quando va bene arriva a 150 mega, ma in molti casi va anche sotto i 100 mega. La fibra invece parte da un giga a salire.
L’FTTC però è considerato generalmente “good enough”, abbastanza buono per rispondere alle esigenze non eccessive di una famiglia tipo, anche se sappiamo che spesso le esigenze sono superiori. In questi paesi, dove gli incumbent hanno investito molto in FTTC, gli investimenti in FTTH sono stati rallentati. E l’Italia è fra questi paesi.
Effetto indiretto, l’ingresso dei new comers
Il rallentamento degli investimenti degli incumbent ha spinto all’ingresso sul mercato di new comers, che si sono specializzati nell’FTTH per andare incontro ad una domanda che in realtà esisteva. E questo ha frenato ulteriormente gli incumbent dallo spingere l’FTTH.
Il caso della Germania vs Spagna
In questo senso, il caso più eclatante è quello della Germania, dove Deutsche Telekom prevalentemente duplica le infrastrutture di chi investe in FTTH. Una situazione analoga dal punto di vista concettuale a quanto si verificò in Italia nelle aree bianche con il progetto Cassiopea, che vide poi sanzionata l’opera di concorrenza sleale nei confronti di Open Fiber da parte di Tim, che duplicava le reti FTTH di Open Fiber con tecnologia FTTC.
In sintesi, in questi paesi dove l’incumbent ha investito fortemente in FTTC l’impegno verso l’FTTH è più debole.
Nei paesi invece dove l’incumbent ha guidato in prima persona il processo di transizione, come Telefonica in Spagna, il processo di migrazione da rame a fibra è stato molto accelerato.
Ma la fibra è un’altra cosa
Ora, la Commissione Ue considera la fibra come la tecnologia migliore per guidare anche la trasformazione digitale dell’Europa. Di conseguenza sono necessarie delle policy che ne facilitino la diffusione ma anche la migrazione dal rame.
FTTH Council, serve un obiettivo di migrazione dal rame alla fibra
FTTH Council spinge affinché la Commissione introduca anche un obiettivo di migrazione dal rame alla fibra per i diversi paesi Ue. La deadline ideale sarebbe per il 2031-2032, una volta chiuso il completamento delle reti in fibra come richiesto dalla Ue al 2030.
La migrazione, secondo l’FTTH Council, deve essere progressiva e andare quindi a braccetto con la copertura delle singole aree.