Olanda

Democrazia Futura. Primi alle urne, ma fuori dal Governo

di Giampiero Gramaglia, giornalista, co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles |

Giampiero Gramaglia spiega su Democrazia Futura perché l’estrema destra olandese vince le elezioni, ma rischia di non guidare il Governo.

Giampiero Gramaglia

Giampiero Gramaglia trae subito, all’inizio del suo commento “Primi alle urne, ma fuori dal governo. L’estrema destra vince in Olanda, ma rischia di non guidare il governo[1]” dedicato alla consultazione elettorale svoltasi mercoledi 22 novembre, la lezione che esce dal voto nei Paesi Bassi per noi europei. Secondo Gramaglia si tratta di “Una vittoria di Pirro della destra in Olanda, come è stata quella dei popolari in Spagna e dei nazionalisti in Polonia: primi alle urne, ma fuori dal governo. Ma, a volere sempre ‘dribblare’ il giudizio degli elettori, il rischio, in Europa – ammonisce l’ex direttore dell’Ansa – è di aumentare la sfiducia nei partiti e il distacco dalla politica, favorendo sovranisti e populisti, euro-scettici e xenofobi in vista delle elezioni europee del giugno 2024.

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Una vittoria di Pirro della destra in Olanda, come è stata quella dei popolari in Spagna e dei nazionalisti in Polonia: primi alle urne, ma fuori dal governo. Ma, a volere sempre ‘dribblare’ il giudizio degli elettori, il rischio, in Europa, è di aumentare la sfiducia nei partiti e il distacco dalla politica, favorendo sovranisti e populisti, euro-scettici e xenofobi in vista delle elezioni europee del giugno 2024.

In Olanda, il Partito per la libertà (Pvv) di estrema destra, guidato da Geert Wilders, ha conquistato, nelle elezioni di mercoledì 22 novembre 2023, 37 seggi su 150 della Camera bassa, con quasi il 24 per cento dei voti, ben davanti alla lista congiunta Socialdemocratici-Verdi (PvDA-GL), guidata dall’ex vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, 25 seggi e 15,6 per cento, e ai liberali del Vvd, ‘orfani’ del premier uscente Mark Rutte e con una leader di origine curda Dilan Yesilgoz, 24 seggi e poco più dei 15 per cento. Il Nuovo contratto sociale (Nsc) del cristiano-democratico dissidente Pieter Omtzigt ha 20 seggi (con quasi il 13 per cento). I liberali di sinistra del D66, al governo con Rutte, scendono a 9 seggi (con il 6,2 per cento). Il fatto è che nessuno dei partiti dietro il Pvv si dice disposto ad allearsi con Wilders. Pronti a fare comunella col leader xenofobo, sono il partito dei contadini (Bbb), sotto il 5 per cento e 7 seggi, e il Forum per la Democrazia (FvD) del populista Thierry Baudet, con il 2,2 per cento e 3 seggi. Mentre i maggiori battuti fanno insieme 78 seggi, una maggioranza.

Ma è presto per fare previsioni. Il Parlamento olandese è tradizionalmente frammentato, complice un sistema elettorale proporzionale, e le trattative per la formazione del governo sono minuziose: l’ultima volta, Rutte, che pure era alla quarta esperienza, ci mise 271 giorni a trovare la quadra. Wilders, che nelle ultime battute della campagna elettorale ha annacquato il messaggio anti-Islam e anti-migranti – vuole mettere al bando le moschee -, avrà modo di giocarsi le sue carte.

L’affluenza alle urne è stata del 77,7 alta, ma in calo rispetto al 78,8 per cento del 2021 – quando si votò in modalità Covid – e all’81,9 per cento del 2019. In termini assoluti, sono circa 10,3 milioni gli olandesi che si sono presentati ai seggi sui 13,3 milioni aventi diritto.

Le reazioni a caldo dei leader dei partiti

In Olanda, Wilders esulta, ma deve pure tirare fuori l’abaco per fare i conti dei deputati che gli mancano per fare una maggioranza, 39. I contadini ci stanno: “Abbiamo al 100 per cento fiducia che entreremo in una coalizione”, dice la loro leader Caroline van der Plas, lasciando la porta aperta, però, a tutte le formule. La proposta di vietare il Corano “è una china scivolosa” – nota -, perché allora potenzialmente potrebbe essere “messa al bando pure la Bibbia”.

Timmermans dice che “è giunto il momento di difendere la democrazia e lo stato di diritto”, ma riconosce di essere deluso dal risultato della sua coalizione. Yesilgoz esclude un governo Wilders, perché il leader del Pvv “non sarà in grado di formare una maggioranza… Ora, però, tocca a lui e deve provarci”. Per la ministra della Giustizia uscente, “le preoccupazioni delle persone non sono state ascoltate” e questo spiega il risultato.

Per il governo in Olanda, l’ago della bilancia potrebbe essere il Nuovo contratto sociale Nsc di Omtzigt, tentato dalla prospettiva del potere: se sinistra e liberali dicono no a Wilders, nessuna maggioranza è possibile senza l’Nsc.

Le reazioni a caldo in Europa

Per capire in che direzione spira sull’Unione europea il vento olandese, basta vedere chi se ne rallegra e chi se ne cruccia. La Commissione europea, che teme la Nexit di cui Wilders parla, si trincera dietro formule rituali: “L’Olanda è un membro fondatore dell’Unione europea”; e Bruxelles “continua a contare sulla sua forte partecipazione” al processo d’integrazione. Del resto,

“le elezioni si svolgono a intervalli regolari negli Stati membri e ciò di per sé non mette in dubbio l’appartenenza di un Paese all’Unione europea”.

Ma il capo del gruppo del Ppe al Parlamento europeo, il gruppo dei popolari, il più numeroso, suona l’allarme:

“La sinistra in Europa si svegli su migrazione e inflazione – dice Manfred Weber -. Se non risolviamo i problemi, Wilders e gli altri continueranno a guadagnare terreno. Chiunque voglia combattere l’estremismo deve ascoltare le persone, prendere sul serio i loro problemi e portare soluzioni concrete”.

A fare festa per il voto in Olanda sono, invece, i partner del Pvv nell’Assemblea di Strasburgo, fra cui la Lega in Italia e il Rassemblement National in Francia. Matteo Salvini si complimenta “con l’amico Wilders”, che sarà alla manifestazione del 3 dicembre a Firenze “per una nuova Europa”; Marine Le Pen esalta “una spettacolare prestazione”, che “conferma – dice – il crescente attaccamento alla salvaguardia delle identità nazionali”:

“E’ grazie ai popoli che rifiutano di vedere spenta la fiamma nazionale che la speranza del cambiamento resta viva in Europa”.

Anche i nazionalisti di Germania, Spagna e Belgio si congratulano con il fondatore del Pvv. “Ovunque in Europa, i cittadini vogliono un cambiamento politico!”, scrive in un tweet Alternative fur Deutschland.

Il leader dell’estrema destra fiamminga del Vlaams Belang, Tom Van Grieken, dice:

“È chiaro: la popolazione desidera un cambiamento reale. Non solo nei Paesi Bassi, ma anche nelle Fiandre … Feste come la nostra stanno arrivando in tutta Europa”.

Santiago Abascal, presidente di Vox, rileva:

“Sempre più europei chiedono nelle strade e alle urne che le loro nazioni, i loro confini e i loro diritti siano difesi”.

E il premier ungherese Viktor Orban, popolare dissidente, alfiere della democrazia illiberale, s’invita al party: “I venti del cambiamento sono qui!”.


[1] Scritto per GP News  il 23 novembre 2023. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/11/23/olanda-estrema-destra-vince/.