Politica

Democrazia Futura. Migranti, l’Italia prova con l’Albania a ‘esternalizzarli’

di Giampiero Gramaglia, giornalista, co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles |

L'approfondimento di Giampiero Gramaglia sull'accordo tra Italia e Albania sulla gestione dei flussi di migranti verso il nostro Paese.

Giampiero Gramaglia

Giampiero Gramaglia torna sull’accordo dello scorso 6 novembre fra Giorgia Meloni e il premier albanese Edy Rama[1] che, venendo incontro alle richieste dell’opposizione, sarà oggetto di discussione in Parlamento, approfondendone i risvolti europei.  “A prima vista, l’intesa suscita dubbi di costituzionalità e potrebbe pure violare regole europee e internazionali – osserva Gramaglia -. C’è sospetto, ma anche cautela, da parte della Commissione europea, che tuttora attende di conoscere i dettagli del patto e che dà la sensazione – osserva l’ex direttore dell’Ansa – di volersene ‘lavare le mani’, mentre il Consiglio d’Europa boccia il progetto”.

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Ci hanno già provato, a ‘esternalizzare’ il fastidio dei migranti. E qualche volta ci sono riusciti. Boris Johnson, ad esempio, nel 2022 tentò proprio con l’Albania – e fece flop –; e il suo successore Rishi Sunak ci ha appena riprovato addirittura con il Rwanda – altro flop, con tanto di no timbrato della Corte Suprema britannica -. L’Albania, per Giorgia Meloni, è il secondo tentativo: ha già cercato di negoziare, insieme alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ed al premier olandese Mark Rutte, un’intesa tra Unione europea e Tunisia che, però, non s’è finora concretizzata (e che potrebbe non concretizzarsi mai).

Fece meglio – o peggio, a seconda dei punti di vista – l’Unione europea nel suo insieme: nel 2016, riuscì a ‘esternalizzare’ il problema dei migranti dalla Siria, nel pieno di una doppia guerra, civile e contro l’Isis, affidando la gestione di due milioni di rifugiati nei campi profughi allestiti in Turchia lungo il confine al presidente turco Racep Tayyip Erdogan –prezzo dell’affitto: 6 miliardi di euro-.

Adesso, con l’Albania l’Italia ci prova da sola: il governo di destra, che aveva promesso di bloccare l’immigrazione illegale, fosse pure con i blocchi navali, è alle prese con l’arrivo di troppi migranti – ma chi lo stabilisce che sono troppi, e comunque sono meno di quelli che arrivano in Germania o in Francia ogni anno -. Impossibilitata a bloccare il flusso, o anche solo a ridurlo, in attesa dell’ormai mitico Piano Mattei che prima o poi sapremo che cos’è, e incapace di gestirlo, Giorgia Meloni ha l’idea è di parcheggiare un po’ di migranti in Albania. Ovviamente, a pagamento.

L’Unione europea guarda con cautela e sospetto all’accordo annunciato il 6 novembre da Giorgia Meloni e dal premier albanese Edy Rama -lei di destra, lui socialista-, per ‘dirottare’ in Albania fino a 36 mila migranti l’anno intercettati dalla Guardia costiera italiana e destinati ai centri d’accoglienza (che tali non sono) italiani.

A prima vista, l’intesa suscita dubbi di costituzionalità e potrebbe pure violare regole europee e internazionali. C’è sospetto, ma anche cautela, da parte della Commissione europea, che tuttora attende di conoscere i dettagli del patto e che dà la sensazione di volersene ‘lavare le mani’, mentre il Consiglio d’Europa boccia il progetto.

Luca Barana, ricercatore dell’Istituto Affari Internazionali, constata che l’accordo lascia “senza risposta alcuni interrogativi giuridici e politici”, non solo etici, ma anche dal punto di vista della sua applicazione.

Dubbi e riserve sull’accordo sui migranti tra l’Italia e l’Albania

La levata di scudi dell’opposizione di sinistra può anche essere derubricata a dialettica politica, se si pensa che l’ultimo governo a guida Pd – ministro dell’Interno Marco Minniti – fece intese non meno criticabili dal punto di vista etico con le autorità libiche, persino con dei ‘signori della guerra’ locali, perché frenassero le partenze dei migranti. Rama, criticato in patria dall’opposizione di destra, ironizza: “In Italia, l’accordo è di destra. In Albania, è di sinistra”.

Le riserve e le proteste delle organizzazioni umanitarie ed europeiste alimentano, invece, dubbi e remore. Il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, vede nell’intesa “un’ammissione d’incapacità a fare. Non si capisce perché non venga sistemata meglio l’accoglienza qui”. Parlando lunedì 13 novembre ad Assisi all’Assemblea della Cei, Zuppi rileva:

“Non sappiamo ancora come sarà realizzata la creazione dei centri in Albania per i richiedenti asilo… Auspichiamo che i loro diritti umani siano rispettati. Riaffermiamo che sui migranti serve un’azione dell’Europa corale, comune e condivisa, dove l’‘esternalizzazione’ non può essere la soluzione”.

Ma un’azione del genere, da parte dell’Unione europea, non è alle viste.

Ed ecco allora la fuga in avanti (o indietro) dell’Italia. Il Movimento europeo condivide l’allarme che molte sigle per i diritti umani, con in prima fila Amnesty International, hanno lanciato e chiede che l’intesa sia ufficialmente pubblicata, con i suoi allegati applicativi, e che sia sottoposta alla verifica e al voto del Parlamento, oltre che al vaglio dell’Unione.

Pier Virgilio Dastoli, presidente della sezione italiana del Movimento europeo, dice:

“Chiediamo alla Commissione europea lo scrupoloso esame del testo nella sua completezza, tenendo conto sia della giurisprudenza delle due Corti europee che del diritto internazionale; e vogliamo che i risultati della verifica siano riferiti ai Parlamenti europeo ed italiano”.

In attesa di farci sapere che aspetto giuridico l’accordo avrà, se patto o protocollo o altro, Giorgia Meloni lo rivendica come ultimo atto di un “enorme lavoro, soprattutto diplomatico”, fatto in questo anno e senza il quale – la premier ne è sicura – “i numeri degli ingressi sarebbero stati molto più alti”.

Derubricati a “fantasie” i malumori sull’intesa nella maggioranza, forse attribuibili più a gelosie che a dissensi, il governo dopo aver ‘dribblato’ inizialmente il confronto con le opposizioni in Parlamento prima di tornare sui suoi passi, affronta l’esame dell’Unione europea: “Il testo rispetta tutte le norme”, assicura il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che, da ex commissario europeo e presidente del Parlamento europeo, dovrebbe essere attendibile. Per il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, l’intesa è “innovativa”. Il guardasigilli Carlo Nordio auspica che “eventuali pronunce della magistratura non vanifichino la futura operatività”.

Ma la segretaria del Pd Elly Schlein non digerisce il fatto che il Parlamento resti fuori dai giochi:

“È inaccettabile… Lo fanno perché sanno che l’intesa viola l’articolo 10 della Costituzione, per il quale l’asilo si chiede sul territorio della Repubblica” – così, invece, la richiesta verrà fatta in Albania -.

Il tema è caldo anche nell’Unione europea e all’Onu. Esternalizzare la gestione dei migranti è una “politica inefficace e disumana”, sostiene, intervenendo al Parlamento europeo, l’attrice australiana e ambasciatrice dell’Unhcr Cate Blanchett. Una “lezioncina da attrice miliardaria di Hollywood”, minimizzano i ‘meloniani’.

Se Roma tiene le carte coperte, Tirana le mette in tavola e rende noto il testo dell’intesa: l’Italia sarà responsabile di quanto avviene nell’hotspot ‘esternalizzato’; l’Albania garantirà la sicurezza intorno, cioè che il centro d’accoglienza sia di fatto una prigione. Due allegati impegnano Roma a spendere 16,5 milioni di euro nel primo dei cinque anni della durata prevista e a creare un fondo di garanzia.

In attesa di definire i meccanismi per il trasporto dei migranti dal Mediterraneo all’Albania, si sa che nell’hotspot di Shengjin (dove si prevede che i migranti restino al massimo quattro settimane, tempo delle verifiche sul diritto d’asilo), il numero sarà chiuso: tremila posti. Ne arrivano altri solo se si liberano posti. Se la burocrazia italiana funziona come un orologio svizzero, si può arrivare a 36 mila l’anno. “Ma sarebbe una prima volta nella storia”, ironizza ancora Rama, che non s’imbarazza a smentire Meloni. I centri saranno due, dice la premier italiana; no, uno, replica quello albanese.

Tirana non ha dubbi sulla compatibilità dell’accordo sui migranti con il diritto internazionale. Ma “sta all’Italia – precisa Rama – verificare di essere in linea anche con le regole dell’Unione europea”. Lui, intanto, incassa, oltre ai soldi, il sostegno di Roma all’adesione dell’Albania all’Unione.


[1] Scritto per Toscana Oggi, 16 novembre 2023, Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2023/11/16/migranti-italia-prova-albania/.