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Democrazia Futura. La Conferenza sul futuro dell’Europa: luci e ombre

Paolo Ponzano, già alto funzionario europeo oggi docente di governance europea al Collegio europeo di Parma trae un bilancio dei risultati sin qui raggiunti dalla Conferenza europea sul futuro dell’Europa, evidenziandone luci ed ombre, analizzando il contenuto delle proposte dei cittadini e sottolineando i limiti della democrazia partecipativa.

1. Le origini della Conferenza

L’idea di convocare una Conferenza sul futuro dell’Europa al fine di discutere i cambiamenti possibili da apportare al progetto europeo e di implicare attivamente i cittadini europei in questa discussione è stata formulata in una lettera indirizzata dal Presidente francese Emmanuel Macron a tutti i cittadini europei nel marzo 2019.  Questa iniziativa costituiva un’innovazione sostanziale sul piano procedurale in quanto proveniva dal Presidente di uno Stato membro i cui cittadini avevano bocciato in un referendum popolare tenuto nel maggio 2005 la ratifica di un Trattato costituzionale, poi ridimensionato nelle sue disposizioni essenziali e ratificato per via parlamentare nel 2009 sotto la denominazione di Trattato di Lisbona.  L’idea soggiacente a questa iniziativa era di far partecipare direttamente i cittadini europei nella rivisitazione del progetto europeo e nell’eventuale revisione di un Trattato a cui faceva difetto, come a tutti i Trattati europei precedenti, una legittimità popolare. A questo si aggiungeva la volontà del Presidente francese di rilanciare il progetto europeo per contrastare gli effetti negativi sull’opinione pubblica del recesso del Regno Unito dall’Unione europea.

Certamente l’iniziativa del Presidente francese è stata favorita da un nuovo contesto di esperimenti di democrazia partecipativa volti a discutere e risolvere problematiche politiche complesse, svoltisi in alcuni paesi, come l’esperienza irlandese del 2016 mirante a coinvolgere i cittadini nelle modifiche alla Costituzione, l’esperienza francese di una Convenzione sul cambiamento climatico oppure la creazione di un Consiglio dei cittadini in una cittadina belga di lingua tedesca. D’altra parte, le Istituzioni europee stesse si sono rese conto, dopo il referendum francese negativo del 2005, della necessità di coinvolgere i cittadini nel dibattito sul futuro dell’Unione europea prima di procedere a nuove riforme istituzionali.  Già il Trattato di Lisbona aveva introdotto l’iniziativa dei cittadini europei nell’elaborazione di nuove leggi europee, anche se i risultati di tale partecipazione popolare sono stati estremamente deludenti.

2. L’avvio della Conferenza e le posizioni delle Istituzioni europee

Il progetto lanciato dal Presidente francese ha trovato il sostegno immediato del Parlamento europeo, che esitava a fare uso delle nuove disposizioni del Trattato di Lisbona (art. 48 TUE) di proporre lui stesso una revisione del Trattato senza disporre di una fonte di legittimità popolare, e della Commissione europea che ha proposto di utilizzare dei meccanismi informatici e multilingue per realizzare la partecipazione effettiva dei cittadini europei alla Conferenza. Il Parlamento europeo aveva definito la posizione più articolata e più ambiziosa sugli obiettivi e i risultati della Conferenza nella misura in cui proponeva, da un lato, di discutere senza preclusioni una vasta gamma di tematiche essenziali per il futuro del progetto europeo e prevedeva esplicitamente, dall’altro, la possibilità che la Conferenza decida di avviare una revisione dei Trattati in vigore. Per quanto riguarda il metodo di lavoro della Conferenza, il Parlamento europeo metteva l’accento sulla necessità che “il coinvolgimento dei cittadini e della società civile organizzata costituisca l’elemento chiave di un processo innovativo e originale” e preconizzava la costituzione di “diverse agorà tematiche dei cittadini – nonché di giovani tra i 16 e i 25 anni – che fossero rappresentative delle opinioni esistenti in Europa e che permettessero ai cittadini europei di “ottenere un riscontro generale sulle deliberazioni della Conferenza … nell’ambito di riunioni sotto forma di dialogo”.

Tale riscontro generale sulle deliberazioni della Conferenza avrebbe dovuto essere garantito tramite un invito rivolto ai rappresentanti dei cittadini di assistere alle sessioni plenarie della Conferenza al fine di illustrare e discutere le loro conclusioni, in modo che quest’ultime siano prese in considerazione nelle deliberazioni della sessione plenaria della Conferenza. In tal modo si sarebbe evitato il precedente negativo della Convenzione europea del 2002/2003 in cui la consultazione dei cittadini e della società civile organizzata si era svolta tramite i loro rappresentanti residenti a Bruxelles, ragion per cui tale consultazione è passata alla storia sotto la denominazione di “Brussels speak to Brussels”.

Il Consiglio dei ministri ha assunto una posizione più “conservatrice” in quanto, da un lato, ha cercato di limitare sul piano procedurale le possibili proposte troppo innovative dei rappresentanti della società civile e, dall’altro, di mantenere un controllo “istituzionale” sui risultati della Conferenza attraverso la necessità di riunire un consenso sia tra le Istituzioni europee che in seno al Consiglio stesso per approvare le eventuali conclusioni dei lavori della Conferenza. Sul piano procedurale, il Consiglio aveva messo le mani avanti dal punto di vista giuridico rendendo pubblico un parere del suo Servizio giuridico secondo cui “le dichiarazioni comuni” delle tre Istituzioni – che sarebbero state necessarie per approvare la struttura istituzionale della Conferenza – avrebbero avuto un carattere politico e non avrebbero comportato alcun impegno giuridico da parte delle Istituzioni europee.  Questa precauzione mirava ad evitare le conseguenze di una sentenza della Corte europea di giustizia del 1996 secondo cui un accordo interistituzionale potrebbe avere un carattere vincolante qualora le tre principali Istituzioni dell’Unione esprimessero la volontà di prendere degli impegni giuridici. Politicamente, il Consiglio voleva evitare un’eventuale conclusione della Conferenza a favore della revisione del Trattato di Lisbona sapendo perfettamente che una buona parte degli Stati membri era contraria a tale revisione (come poi è apparso nel mese di maggio 2022 quando tredici Stati membri hanno pubblicato un documento dichiarandosi contrari a tale revisione). Sul piano dei contenuti, il Consiglio avrebbe voluto limitare le discussioni negli organi della Conferenza all’agenda strategica adottata dal Consiglio europeo nel giugno 2019 e, sul piano procedurale, aveva proposto che le conclusioni della Conferenza facciano l’oggetto di un rapporto al Consiglio europeo.  Questa posizione è stata contrastata dal Parlamento europeo che proponeva invece di redigere una lista di temi portanti, da un lato, sul contenuto di alcune politiche europee e, d’altro canto, su temi istituzionali quali lo Stato di diritto e la democrazia europea.

La Commissione europea ha preso una posizione prudente e intermedia tra il Parlamento europeo ed il Consiglio offrendosi, come detto in precedenza, di mettere in piedi uno strumento pratico che permettesse di raccogliere i pareri dei cittadini e delle organizzazioni della società civile e dichiarandosi pronta a dare seguito alle proposte o raccomandazioni emananti dalla Conferenza. Chiaramente, la Commissione non ha nascosto le sue preferenze per dare seguito alle proposte dei cittadini europei che si situassero all’interno dei trattati esistenti, ma non ha escluso di agire in conseguenza se i cittadini richiedessero una modifica degli stessi Trattati (come ha confermato poi la Presidente Von der Leyen nel suo recente discorso sullo Stato dell’Unione)

Le discussioni preparatorie tra le Istituzioni hanno condotto all’approvazione di una dichiarazione comune delle tre Istituzioni il 10 Marzo 2021 nella quale un accordo è intervenuto sia sulla struttura degli organi della Conferenza che sui temi che sarebbero stati discussi in nove gruppi di lavoro o panels dei cittadini europei. La dichiarazione è stata un testo di compromesso tra le posizioni rispettive del Consiglio e del Parlamento europeo che contiene una serie di ambiguità e che concepisce la Conferenza come un processo dal basso verso l’alto, basato sui cittadini, che dovrebbe sfociare “in raccomandazioni concrete per le future azioni dell’Unione europea”.  D’altra parte, “la portata della Conferenza dovrebbe riflettere i settori in cui l’Unione ha la competenza ad agire o in cui l’azione dell’Unione sarebbe vantaggiosa per i cittadini europei”.  Questa formulazione sembra privilegiare una modifica dell’azione dell’Unione nei settori già di sua competenza ma non esclude al contempo una modifica delle competenze dell’Unione stessa.

3.La struttura della Conferenza.

  1. La seduta plenaria  

La struttura della Conferenza riflette un compromesso tra la posizione degli Stati membri che miravano a mantenere una loro rappresentanza sostanziale nella seduta plenaria della Conferenza che assicurasse un controllo sullo svolgimento dei lavori e la posizione del Parlamento che favoriva, oltre ad una sua rappresentanza significativa, una partecipazione importante dei cittadini e della società civile.  Il risultato è stato quello di assicurare una rappresentanza significativa delle strutture di potere a tutti i livelli (europeo, nazionale, regionale e locale) sulla base del principio che la legittimità della Conferenza sarebbe stata tanto più grande quanto più tutti i livelli di potere fossero stati rappresentati. Per quanto riguarda le principali Istituzioni, il Parlamento europeo ha ottenuto un numero elevato di suoi rappresentanti nella plenaria della Conferenza (108) al fine di assicurare la rappresentanza di tutte le forze politiche. Lo stesso numero di rappresentanti è stato assegnato ai Parlamenti nazionali per gli stessi motivi. Un numero significativo di rappresentanti (80) è stato previsto per i cosiddetti panels di cittadini europei che avrebbero dovuto costituire il vero gruppo di riflessione della Conferenza. Il Consiglio dell’Unione europeo si è accontentato di un numero dimezzato rispetto ai parlamentari (54) che permettesse la rappresentanza di due rappresentanti per ogni Stato membro. La Commissione europea ha ottenuto la presenza di tre Commissari, mentre le due Istituzioni europee secondarie (il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale) hanno potuto nominare 18 rappresentanti ciascuna. Dodici rappresentanti sono stati attribuiti alle parti sociali, otto alle organizzazioni della società civile e un numero di sei ai rappresentanti locali e regionali.

La piattaforma multilingue, messa in opera dalla Commissione europea nel maggio 2021, ha rappresentato la principale innovazione della Conferenza.  Concepita come un portale informatico interattivo, la piattaforma ha permesso alle organizzazioni della società civile e ai singoli cittadini di pubblicare le loro proposte relative al futuro dell’Europa, di informarsi reciprocamente sugli eventi promossi nei vari paesi e di organizzare dibattiti nazionali o transnazionali.  La piattaforma permetteva ai cittadini europei di pubblicare le loro proposte o commenti nelle varie lingue dell’Unione mediante l’obbligo di fornire un riassunto non eccedente le 500 parole. Il Segretariato congiunto della piattaforma si limitava a verificare che le proposte/testi inviati alla piattaforma non contenessero messaggi di odio, razziali o discriminatori e decideva sotto quale rubrica dovessero essere iscritte le varie proposte/commenti.

Benché tale strumento abbia avuto un carattere innovativo permettendo di promuovere la conoscenza e un embrione di dibattito transnazionale tra i cittadini europei e le organizzazioni della società civile, la difficoltà di iscrivere le proprie proposte o commenti sulla piattaforma informatica in forma riassuntiva ha limitato fortemente il numero delle iscrizioni e delle proposte pubblicate sulla piattaforma.  Quest’ultima ha comunque permesso di registrare sul suo sito gli eventi nazionali o transnazionali consacrati al tema del futuro dell’Europa. Inoltre, la registrazione delle proposte e i risultati dei dibattiti hanno permesso la redazione di rapporti di sintesi da parte del Segretariato della Conferenza, consultabili da parte di tutti gli interessati, che hanno alimentato le conclusioni dei lavori e la pubblicazione delle 49 raccomandazioni e delle 328 misure che rappresentano il lascito della Conferenza.

I panels dei cittadini hanno costituito il vero gruppo di riflessione della Conferenza. 800 cittadini sono stati selezionati a caso nella popolazione europea da una società privata esperta di sondaggi e hanno partecipato tra il mese di settembre 2021 e di febbraio 2022 a tre cicli di dibattiti approfonditi o in presenza o in video-conferenza.  Ciascuno dei panels ha discusso un tema specifico secondo le categorie della piattaforma: un’economia più forte, la giustizia sociale e l’occupazione; la cultura, l’educazione e la trasformazione digitale; la democrazia europea, i valori dell’Europa, la sicurezza e lo Stato di diritto; il cambiamento climatico, l’ambiente e la salute; l’Unione europea nel mondo e il fenomeno migratorio.

Uno degli elementi maggiormente innovativi dei panels è stato che i cittadini hanno potuto fissare essi stessi l’ordine del giorno delle loro riunioni. Nel corso della prima serie di riunioni, ciascuno dei quattro panels ha discusso le questioni giudicate le più pertinenti da parte dei cittadini e rese pubbliche sulla piattaforma della Conferenza. Sul piano procedurale, i membri dei panel hanno convenuto di formulare le loro conclusioni e di presentare agli altri membri della Conferenza durante le sedute plenarie di quest’ultima le conclusioni che fossero state adottate e votate da una maggioranza del 70 per cento dei partecipanti. In tal modo, si è affermato il principio di una procedura maggioritaria per definire le conclusioni da presentare nelle sedute plenarie della Conferenza.

La scelta di selezionare a caso nella popolazione europea i cittadini che avrebbero dibattuto e presentato le loro conclusioni alla Conferenza ha suscitato qualche dubbio nelle forze politiche secondo cui dietro questa scelta aleatoria avrebbe potuto nascondersi un disegno preciso mirante a preselezionare dei cittadini che avessero una posizione politica predeterminata e quindi simile. Uno studio effettuato tuttavia da studiosi francesi sulle scelte aleatorie dei cittadini nella Convenzione sul cambiamento climatico ha dimostrato al contrario che la selezione a sorte dei cittadini garantisce un equilibrio demografico, sia di età che di sesso, fedele alle caratteristiche del tessuto sociale e rappresenta quindi una scelta ottimale per ottenere una rappresentanza verosimile dell’opinione pubblica[1].  Mentre i detrattori di questo formato d’inclusione popolare si lamentano del fatto che i cittadini partecipanti a tali consultazioni sarebbero in realtà persone “partigiane” nel senso che difendono posizioni pregiudiziali in favore di un risultato predeterminato, i risultati dello studio condotto dagli studiosi francesi precitati proverebbe che le opinioni dei delegati partecipanti alla Convenzione sul cambiamento climatico corrispondono a quelle dei cittadini interrogati a caso dagli autori dello studio. Personalmente, ritengo che la critica sul comportamento predeterminato di una selezione di cittadini scelti in modo aleatorio non sia fondata, mentre riconosco che la possibilità di presentare liberamente su una piattaforma informatica multimediale le proprie proposte miranti a modificare le politiche o le Istituzioni esistenti favorisce ovviamente la diffusione delle opinioni di chi è in favore di tali cambiamenti rispetto a chi vorrebbe mantenere lo status quo o addirittura tornare indietro rispetto alle politiche o alle Istituzioni esistenti.

Più fondamentalmente, i detrattori della Conferenza hanno contestato la scelta di implicare direttamente i cittadini nella definizione delle politiche e delle Istituzioni dell’Unione europea a scapito della democrazia rappresentativa incarnata dai parlamentari europei e nazionali e a vantaggio della democrazia diretta che essi considerano come una soluzione populista all’aumento dei nazionalismi a livello europeo.  L’attuale Presidente pro-tempore del gruppo Spinelli in seno al Parlamento europeo (Sandro Gozi) ha avanzato due argomenti per rifiutare questa teoria.  Da un lato, come affermato negli studi della politologa britannica Canovan[2], le democrazie liberali riposano su due elementi, di cui uno pragmatico, vale a dire lo Stato di diritto fondato sulla ripartizione dei poteri e delle competenze delle élites statali, e il secondo idealista, rappresentato dalla sovranità del popolo. “Rifiutando il concetto del ruolo salvifico del populismo affermato negli studi di Canovan – afferma Sandro Gozi – si può concludere che la deriva verso l’estremità di ciascuno di questi due poli conduce al degrado della politica verso l’elitismo, quando la componente positivista e razionale si sostituisce alla sovranità popolare, oppure alla diffusione del populismo quando le strutture costituzionali sono degradate dall’esaltazione smoderata della democrazia diretta”.  Sandro Gozi conclude che se l’equilibrio democratico e la legittimità delle strutture politiche dipendono dalla coesistenza armoniosa tra lo Stato di diritto e la sovranità popolare, in tal caso la Conferenza sul futuro dell’Europa rappresenta la sintesi perfetta delle due componenti e realizza un equilibrio armonioso tra la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa. Infatti, da un lato, i panels dei cittadini non hanno un potere assoluto ma agiscono piuttosto come promotori di idee. Dall’altro, i rappresentanti delle Istituzioni devono rispettare l’apporto dei cittadini europei restando nei limiti fissati dalle strutture politiche e giuridiche definite dai sistemi giuridici nazionali ed europei esistenti.

Da un punto di vista puramente politico, mettere i cittadini all’inizio e alla fine di un processo di riforma dell’Unione europea potrebbe finalmente dissipare il mito di un’Europa che decide autonomamente quello che occorre fare senza preoccuparsi di verificare il consenso dei cittadini. I rappresentanti politici non saranno più in grado di far valere dei pretesti reali o supposti per bloccare un processo di riforma dell’Unione europea sapendo che la volontà dei loro propri cittadini è all’origine stessa dei progetti di revisione delle politiche o dei Trattati europei. Inoltre, da un punto di vista giuridico, ogni progetto di modifica dei Trattati dovrà essere ratificato dai Parlamenti nazionali (o dagli stessi cittadini in caso di referendum popolari), rappresentanti della sovranità popolare e pertanto giudici ultimi della necessità di attribuire o sottrarre delle competenze all’Unione europea[3].

Naturalmente, questa conclusione ortodossa suppone una rappresentanza popolare all’inizio e alla fine del processo di consultazione/deliberazione dei cittadini che rifletta effettivamente le opinioni della società civile organizzata e, soprattutto, che le Istituzioni destinatarie delle proposte dei rappresentanti dei cittadini europei deliberino sulle proposte di questi ultimi senza interpretare in un senso o nell’altro le loro richieste e, soprattutto, senza cercare di far valere che le richieste dei cittadini coincidono in realtà con le loro proprie posizioni di partenza.  Come vedremo alla fine del presente commento, non è sicuro che questo rischio di travisamento sia stato evitato.

4. Il contenuto delle proposte dei cittadini

Il rapporto finale elaborato dal Segretariato della Conferenza e presentato all’ultima sessione plenaria di quest’ultima contiene le 49 proposte e le 328 misure elaborate dai nove panels di cittadini che hanno raggiunto un largo accordo sulle proposte da presentare alla Conferenza oppure   quelle presentate online sulla piattaforma multimediale pur essendo coscienti del fatto che queste ultime proposte non hanno dato luogo in molti casi a un vero e proprio dibattito transnazionale a causa dei limiti imposti dalla piattaforma multimediale (difficoltà di dialogare su testi riassuntivi e di dibattere solo per via informatica). Riassumiamo qui di seguito il contenuto delle proposte formulate dai panels o figuranti sulla piattaforma informatica.

  1. Cambiamento climatico e ambiente

Le proposte relative agli obiettivi e alle misure concrete da adottare a livello europeo mirano generalmente a rafforzare la politica ambientale dell’Unione e la lotta contro il cambiamento climatico; inoltre. i cittadini propongono di rafforzare la sicurezza alimentare e la protezione della biodiversità e dell’economia verde attraverso una serie di misure concrete. Sul piano energetico, le proposte mirano a rafforzare la sicurezza dell’Unione e a conseguire la sua indipendenza dai fornitori attuali. In materia di trasporti, i cittadini chiedono per l’essenziale l’aumento degli investimenti e la realizzazione di nuove infrastrutture.  Più in generale, chiedono di migliorare l’utilizzo dei materiali all’interno dell’Unione e la promozione di prodotti più sostenibili e conformi alle norme ambientali dell’Unione. Vorrebbero anche aumentare la conoscenza e pertanto la consapevolezza ambientale sia per quanto riguarda l’uso dell’energia che la produzione alimentare.

L’insieme delle misure proposte in questo campo possono essere realizzate dalle Istituzioni dell’Unione sulla base dei Trattati in vigore con la possibile eccezione di dover completare le disposizioni vigenti per poter realizzare l’autonomia energetica dell’Unione.

I cittadini chiedono l’adozione di nuove norme per la qualità degli alimenti e il rafforzamento dei sistemi sanitari al fine di garantire l’autonomia strategica dell’Unione per quanto riguarda i medicinali e i dispositivi medici. Più in generale, chiedono alle Istituzioni dell’Unione di stabilite un “diritto alla salute” garantendo a tutti gli europei l’accesso paritario e universale a un’assistenza sanitaria di qualità a prezzi accessibili. Sul piano delle competenze, si chiede a due riprese di includere la salute e l’assistenza sanitaria tra le competenze condivise dell’Unione modificando a tal fine l’art. 4 del Trattato di Lisbona (con una sola eccezione del panel dei cittadini olandese).

Si tratta di un capitolo che ha fatto l’oggetto delle proposte più numerose da parte dei cittadini, anche se spesso hanno formulato più obiettivi da raggiungere che misure legislative concrete. Il filo conduttore delle proposte è quello di fornire soluzioni adeguate a livello europeo per fare fronte alle principali sfide transnazionali, quali le disuguaglianze, la competitività industriale, i cambiamenti climatici, la migrazione o l’equità fiscale. Si richiede una strategia globale che garantisca ai cittadini un miglior benessere. Si riconosce che tale strategia può essere realizzata sia attraverso politiche e misure da adottare nel quadro istituzionale esistente sia, in alcuni casi non precisati, attraverso modifiche dei Trattati. Le principali misure riguardano una crescita più sostenibile, una revisione della governance economica dell’Unione che implichi maggiormente le parti sociali e gli enti locali, l’approfondimento del mercato unico, la digitalizzazione delle imprese e un aumento della loro competitività, in particolare delle PME. Nel campo sociale, si vuole garantire la piena attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, in particolare attraverso salari minimi adeguati, assicurare la parità di genere e promuovere l’occupazione, in particolare per i giovani e i gruppi svantaggiati. Da notare l’idea di introdurre nei Trattati un Protocollo sul progresso sociale (idea che sarà ripresa nella risoluzione del Parlamento europeo). Sul piano istituzionale, i cittadini vogliono rafforzare le competenze dell’Unione in materia di politiche sociali e propongono una legislazione armonizzata per tutta l’Unione. Si chiedono misure complementari per lottare contro i bassi tassi di natalità e l’invecchiamento della popolazione. In materia di politiche fiscali e di bilancio, i cittadini vogliono rafforzare il bilancio europeo attraverso nuove risorse proprie e armonizzare le politiche fiscali nazionali anche garantendo che le decisioni europee siano prese a maggioranza qualificata e non più all’unanimità.

Nelle loro proposte, i cittadini hanno espresso la necessità che l’Unione europea si doti di una sua autonomia nei settori strategici chiave e riduca la sua dipendenza dagli altri attori stranieri nel settore dell’energia, in particolare rafforzando il suo approvvigionamento e perseguendo una politica di acquisti comuni di energia importata. Dopo aver sottolineato la dimensione etica e quella ambientale delle relazioni internazionali dell’Unione, i cittadini chiedono che l’Unione europea migliori la sua capacità di prendere decisioni rapide ed efficaci in materia di politica estera e di sicurezza comune, facendo in modo che tali decisioni siano adottate di norma a maggioranza qualificata e non più all’unanimità (da notare che alcuni membri dei gruppi di lavoro hanno proposto altre alternative all’utilizzo dell’unanimità quali la geometria variabile e le cooperazioni rafforzate).  Opinioni differenti sono state espresse per quanto riguarda il mantenimento o meno della regola dell’unanimità per decidere l’adesione di nuovi paesi all’Unione europea.  Dopo aver raccomandato una maggiore informazione e partecipazione dei cittadini alla politica internazionale dell’Unione europea, i cittadini chiedono che l’Unione utilizzi le sue forze armate congiunte a fini di autodifesa, di lotta contro le aggressioni e di assistenza in caso di catastrofi naturali. In generale, l’Unione europea dovrebbe agire per garantire la pace e un ordine internazionale basato su norme che rafforzi il multilateralismo globale e la protezione dei diritti umani fondamentali (nonché per istituire nuovi partenariati con i paesi in via di sviluppo).

Nelle raccomandazioni dei vari panels e nelle discussioni dei gruppi di lavoro, i rappresentanti dei cittadini hanno affermato che i valori e i principi sanciti dai Trattati europei e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione non sono negoziabili e devono essere pienamente rispettati sia in tutti gli Stati membri che in quanto condizioni per l’adesione di nuovi paesi all’Unione. I cittadini chiedono anche di rafforzare la cittadinanza europea attraverso uno statuto che preveda libertà e diritti specifici per i cittadini e le organizzazioni transfrontaliere. Da notare la raccomandazione relativa alla necessità di utilizzare tutte le vie legali per sanzionare le violazioni dello Stato di diritto, anche attraverso modifiche dei Trattati. I cittadini chiedono anche di garantire una politica più protettiva di trattamento dei dati personali e ritengono, ad esempio, che si dovrebbe creare una competenza dell’Unione europea in materia di educazione civica sulla protezione dei dati. Inoltre, i cittadini chiedono di combattere la disinformazione promuovendo maggiormente l’indipendenza e il pluralismo dei media e di istituire a tal fine un organismo dell’Unione europea. Infine, i cittadini chiedono l’adozione di misure che permettano di armonizzare e di migliorare le condizioni di vita in tutta l’Unione, in particolare incoraggiando la tassazione delle grandi imprese e raccogliendo fondi attraverso la lotta contro l’evasione fiscale.

I cittadini chiedono in generale che l’Europa diventi un leader mondiale e un organismo di definizione delle norme nel settore della digitalizzazione. Più specificamente, chiedono che tutti i cittadini abbiano in pratica un accesso a Internet e ai servizi digitali, compreso nelle zone attualmente sfavorite, attraverso un aumento degli investimenti e delle infrastrutture digitali. L’Unione europea dovrebbe adottare le misure necessarie affinché tutti i suoi cittadini, in particolare i minori e gli anziani, beneficino dei vantaggi della digitalizzazione. I cittadini chiedono anche che l’Europa sviluppi una politica di lotta alla criminalità informatica mediante sanzioni efficaci, di contrasto alla disinformazione digitale e di sostegno alle piattaforme digitali che favoriscano il pluralismo dei media. Occorrerebbero inoltre norme più efficienti in materia di protezione dei dati personali. Infine, i cittadini propongono che l’Unione europea promuova misure di digitalizzazione che rafforzino l’economia e il mercato unico in modo equo e sostenibile e aumentino la competitività europea nella tecnologia e nell’innovazione.

Questo è il campo d’azione centrale sul piano istituzionale, poiché contiene le principali proposte che implicherebbero in alcuni casi una riforma del processo decisionale dell’Unione europea e pertanto dei Trattati in vigore.  Le prime proposte formulate dai cittadini riguardano il miglioramento della loro partecipazione ai processi di elaborazione delle politiche dell’Unione, ivi compresa la creazione di una piattaforma digitale di facile utilizzo che permetta ai cittadini di esprimere la loro opinione sulle questioni e le proposte legislative dell’Unione europea.  Non è chiaro dal testo delle proposte se i miglioramenti da apportare alle procedure e strumenti di consultazione esistenti possono restare nel quadro dei meccanismi vigenti nel Trattato di Lisbona o se si rendessero necessarie modifiche del Trattato (per esempio per organizzare periodicamente delle assemblee dei cittadini giuridicamente vincolanti).  Nella stessa ottica, si chiede alle Istituzioni dell’Unione di garantire una migliore informazione sulle sue attività e una migliore conoscenza del progetto di integrazione europea attraverso l’utilizzo di vari strumenti informativi di facile linguaggio e accessibilità. I cittadini chiedono di rafforzare l’identità comune tra i cittadini europei attraverso varie manifestazioni e rendendo la giornata dell’Europa (il 9 maggio) un giorno festivo aggiuntivo in tutta Europa.

Al fine di rafforzare la democrazia europea, i cittadini propongono di concepire un referendum a livello dell’Unione, che sarebbe avviato dal Parlamento europeo su questioni particolarmente importanti.  Anche per questa proposta, non è chiaro se possa essere attuata a Trattati vigenti o con una modifica degli stessi.  Inoltre, i cittadini chiedono una modifica della legge elettorale vigente nell’Unione al fine di introdurre “liste transnazionali” per le elezioni del Parlamento europeo (proposta già formulata dallo stesso PE). 

Le successive proposte dei cittadini sono più radicali e richiedono senza dubbio una modifica dei Trattati: nella prima, i cittadini chiedono infatti di avere voce in capitolo nell’elezione del Presidente della Commissione europea (o attraverso una sua elezione diretta oppure attraverso la scelta di candidati capilista nelle elezioni europee).  In secondo luogo, chiedono di attribuire al Parlamento europeo il potere di proporre leggi europee (vale a dire un diritto di iniziativa legislativa che i Trattati riservano alla Commissione europea).  In terzo luogo, il Parlamento dovrebbe decidere autonomamente il bilancio dell’Unione (che esige invece oggi una codecisione tra PE e Consiglio, vuoi un accordo pluriannuale con il Consiglio europeo). 

Questa richiesta è tuttavia contestata dal Consiglio, secondo cui la proposta non si basa su una raccomandazione dei cittadini.  I cittadini chiedono peraltro di modificare il processo decisionale europeo in quanto tutte le questioni attualmente decise all’unanimità dovrebbero essere approvate a maggioranza qualificata (con le sole eccezioni dell’adesione di nuovi paesi all’Unione europea e di modifiche ai principi fondamentali dell’Unione). 

L’insieme di queste richieste, come già detto, richiederebbero una modifica sostanziale dei Trattati in vigore.

Le altre proposte dei cittadini riguardano la trasparenza del processo decisionale europeo attraverso la piena pubblicità dei dibattiti, una maggiore implicazione dei Parlamenti nazionali e della società civile ed una nuova denominazione delle Istituzioni europee.  Inoltre, i cittadini chiedono di riaprire il dibattito sulla redazione di una Costituzione europea.  Infine, i cittadini chiedono di riesaminare l’applicazione del principio di sussidiarietà a livello europeo e di attribuire ai Parlamenti nazionali, come anche ai parlamenti regionali, il potere di proporre iniziative legislative a livello europeo.

I cittadini propongono di rafforzare il ruolo dell’Unione europea in materia di migrazione legale attraverso il miglioramento delle strutture esistenti, del funzionamento della direttiva europea detta “Carta blu” e l’istituzione di un organismo europeo per l’accesso dei migranti al mercato del lavoro.

Chiedono al contempo di rafforzare la lotta contro le forme di migrazione irregolare e la protezione delle frontiere esterne dell’Unione europea, nel rispetto dei diritti umani. Inoltre, chiedono di applicare norme comuni a tutti gli Stati membri per quanto riguarda l’accoglienza dei migranti e di rivedere il sistema europeo di asilo (regolamento di Dublino) sulla base dei principi di solidarietà e di condivisione delle responsabilità. Occorrerebbe infine migliorare le politiche di integrazione in tutti gli Stati membri.

  1. Istruzione, cultura, gioventù e sport.

I cittadini chiedono di creare uno spazio europeo dell’istruzione inclusivo entro il 2025 in cui i diplomi e le formazioni professionali siano riconosciuti reciprocamente in tutti gli Stati membri dell’Unione. Vorrebbero sviluppare un’istruzione e una formazione permanente adeguate alle esigenze future della società e disponibili per tutti i cittadini europei.  Chiedono di concentrare le misure dell’Unione e degli Stati membri sui bisogni specifici dei giovani al fine di garantire loro le migliori condizioni possibili per entrare nel mondo del lavoro ed evitare la fuga dei cervelli. I cittadini europei vogliono promuovere una cultura degli scambi formativi e della mobilità professionale, incrementare il multilinguismo e contribuire in tal modo ad una più forte identità europea. Chiedono infine di utilizzare maggiormente le iniziative già sviluppate dall’Unione quali i programmi “Europa creativa”, il nuovo Bauhaus europeo, i gemellaggi e le “Capitali europee della cultura”.

5. I risultati della Conferenza: luci e ombre

Le 49 proposte e le 328 misure riassunte qui sopra costituiscono il risultato della prima consultazione sovranazionale dei cittadini europei che non ha precedenti nella storia della democrazia partecipativa.  È difficile definire la provenienza nazionale delle proposte formulate poiché esse sono il frutto sia dei panels di cittadini che di raccomandazioni rielaborate dai gruppi di lavoro e di discussioni tenute negli stessi gruppi e nelle sedute plenarie della Conferenza. Basandoci sulle note a piè di pagina figuranti nel rapporto finale, si potrebbe affermare che il maggior numero di proposte provenga dai cittadini di alcuni paesi (in particolare Olanda, Francia, Italia, Belgio, Germania, seguiti a grande distanza da Lituania e Danimarca). Poiché, come detto sopra, le proposte sono state discusse e rielaborate nei gruppi di lavoro e in seduta plenaria, non si potrebbe trarre la conclusione generale che solo i cittadini di questi paesi hanno contribuito attivamente ai risultati della Conferenza.  Resta comunque valida l’affermazione che, all’eccezione delle discussioni tenute nei gruppi di lavoro e in seduta plenaria, che hanno avuto ovviamente un carattere transnazionale, la maggior parte degli eventi organizzati per fornire degli input ai lavori della Conferenza lo sono stati a livello nazionale e prevalentemente nei paesi precitati.  Questa situazione ha contribuito a limitare il carattere transnazionale della Conferenza e delle sue conclusioni.

Un altro limite già indicato della Conferenza è risieduto nella difficoltà della piattaforma digitale multimediale a permettere un vero e proprio dibattito tra i cittadini e le organizzazioni della società civile sul piano transnazionale. Sul piano quantitativo, le iscrizioni sulla piattaforma dei cittadini e delle organizzazioni della società civile si sono situate ad un livello ancora insufficiente (circa 50 mila) per essere del tutto rappresentative dell’opinione pubblica dell’intera Unione europea. Questo risultato non è stato peraltro favorito dalla chiusura inopinata (e pubblicata poco prima) alla data del 21 febbraio 2022 delle iscrizioni sulla piattaforma multimediale. Un raffronto fatto con le consultazioni dei cittadini organizzate in passato dalla Commissione europea mostra che il numero di risposte al Libro bianco della Commissione presieduta da Juncker (contenente i cinque scenari definiti dalla Commissione per il futuro dell’Europa) ha raggiunto il livello ragguardevole delle 200mila unità. A fortiori, va ricordato che occorrono un milione di firme provenienti da cittadini di almeno sette Stati membri dell’Unione europea affinché le iniziative dei cittadini europei per elaborare una proposta di legge europea siano prese in considerazione dalla Commissione europea.  Siamo dunque ancora lontani dalla rappresentatività richiesta in seno all’Unione dalle disposizioni in vigore o praticata in altre consultazioni già svolte.

Malgrado i limiti predetti, la Conferenza sul futuro dell’Europa ha rappresentato il primo esempio di democrazia partecipativa[4] a livello europeo che ha permesso ad un nucleo sia pure ristretto della popolazione europea, in particolare di giovani, di esprimersi sulle politiche e sulle Istituzioni dell’Unione. Un miglioramento auspicabile nel funzionamento di una piattaforma digitale multilingue e un aumento dei dibattiti transnazionali, nonché il supporto di media e organi di stampa, dovrebbe favorire la formazione progressiva di quella “sfera pubblica europea” auspicata da Jurgen Habermas come presupposto indispensabile per la creazione di un vero e proprio “demos” europeo. Una democrazia sovranazionale europea ha bisogno di uno spazio pubblico europeo dove i cittadini possano discutere e confrontarsi, scambiare argomenti e formarsi un’opinione. Occorre quindi superare le barriere linguistiche – che hanno finora rappresentato un ostacolo in questo campo – affinché i cittadini dei vari paesi europei possano discutere i problemi risolvibili solo a livello europeo per poter arrivare a proporre soluzioni condivise.

6. Le proposte di riforma dei Trattati europei in vigore e i seguiti della Conferenza.

Come risulta dalle proposte dei cittadini riassunte qui sopra, la grande maggioranza di queste ultime possono essere attuate sulla base dei Trattati in vigore mentre solo una minoranza (una diecina al massimo) richiederebbero una modifica del Trattato di Lisbona.  Questa situazione ha condotto ad una divergenza di opinioni tra le Istituzioni europee sui seguiti da dare alla Conferenza già prevedibile fin dall’inizio. Il Consiglio dei ministri – riflettendo in questo campo le divisioni esistenti tra gli Stati membri – ha voluto riaffermare la sua posizione tradizionale secondo cui appartiene alle Istituzioni europee – e in particolare alla Commissione europea – dare un seguito operativo ai risultati della Conferenza elaborando le proposte di legge necessarie a adottare i regolamenti o le direttive europee nelle materie indicate dai cittadini europei. Poiché il Consiglio può agire unicamente su proposta della Commissione europea, occorre quindi attendere che quest’ultima presenti le proposte di legge necessarie prima di intervenire sul piano legislativo.

Il Parlamento europeo – che si era fin dall’inizio dichiarato favorevole ad una modifica del Trattato di Lisbona ormai in vigore dal 2009 – ha messo l’accento sul fatto che i cittadini avevano formulato in una decina di casi delle richieste che esigono, per poter essere adottate, una modifica dei Trattati.  Pertanto, il Parlamento europeo ha colto l’occasione per presentare, immediatamente dopo la conclusione della Conferenza, una risoluzione che chiede al Consiglio europeo di convocare una Convenzione, come previsto dall’art. 48 del Trattato di Lisbona, per avviare la procedura di revisione del Trattato stesso. Il PE intendeva in tal modo capitalizzare subito quella parte delle richieste dei cittadini europei che coincidono con le proposte avanzate spesso dallo stesso Parlamento (in particolare l’attribuzione al PE di un diritto di iniziativa legislativa e la soppressione della regola dell’unanimità a vantaggio delle decisioni a maggioranza) che considera essenziali per rendere più democratica e più efficace l’Unione europea. Purtroppo, al fine di riunire una maggioranza all’interno del Parlamento che adottasse rapidamente il progetto di risoluzione, i redattori di quest’ultima hanno aggiunto nel testo una richiesta interna alla Commissione per gli affari costituzionali (AFCO) di proseguire i lavori su possibili modifiche ulteriori dello stesso Trattato e di elaborare un rapporto per il mese di gennaio 2023. Questo mandato interno allo stesso Parlamento ha fornito un alibi indiretto al Consiglio dei ministri – in seno al quale gli Stati membri sono divisi sull’idea di riformare a breve il Trattato di Lisbona – per non dare un seguito immediato alla richiesta del Parlamento e per rinviare ogni decisione alla primavera del 2023.  Questa decisione rende problematico l’avvio di una Convenzione per la modifica dei Trattati prima delle elezioni europee del Maggio/Giugno 2024 poiché gli Stati membri vorranno sfruttare a fini elettorali le decisioni che saranno prese in seno al Consiglio prima della scadenza elettorale sulla base delle proposte che presenterà nel frattempo la Commissione europea a Trattati vigenti.

Paolo Ponzano

Ponzano è nato a Roma il 16 Aprile 1944 e nel 1967 si è laureato in Scienze Politiche all’Università La Sapienza con una Tesi su “La regola e l’eccezione nel Trattato di Roma”. Borsista della Fullbright e del Cnr, ha seguito un master alla Sioi ed è stato assistente universitario in Diritto internazionale del professor Riccardo Monaco (giudice alla Corte europea di Giustizia). E’ stato un alto funzionario della Commissione europea tra il 1971 ed il 2009 (dal 1995 Direttore per i rapporti con il Consiglio dei ministri, dal 2001 per le questioni istituzionali e la qualità della legislazione) poi Senior fellow presso l’Istituto Universitario Europeo dal 2009. Già collaboratore di Altiero Spinelli all’Istituto per gli Affari Internazionali di Roma, ha lavorato per la Commissione Europea dal 1971 al 2009. È stato anche membro supplente della Convenzione europea nel 2002/2003. Ha pubblicato circa 75 articoli o saggi relativi al processo di decisione in seno all’Unione europea su diverse riviste europee nonché un capitolo sulle “Istituzioni dell’Unione Europea” in Genesi e destino della Costituzione europea (Bruylant, 2007) e un capitolo sui poteri del Parlamento europeo nel libro 50 anni di Parlamento europeo (1958-2008). Ha insegnato “Governance e processi decisionali europei” all’Università di Firenze e al Collegio Europeo di Parma e Diritto Europeo all’Università LUMSA di Roma. È stato anche Segretario Generale del Consiglio Italiano del Movimento Europeo (oggi Movimento Europeo Italia).

Il testo è un’anticipazione di un breve saggio destinato alla “Rassegna di diritto pubblico europeo” dell’Università di Napoli (01/2023).


[1] Adrien Fabre, Bénédicte Apouey, Thomas Douenne, Louis-Gaëtan GIRAUDET, Jean-François Laslier et Antonin Macé (“Convention citoyenne pour le climat”, PSE Working papers, disponibile su: https://ideas.repec.org/p/hal/psewpa/halshs-02919695.html

[2] Margaret Canovan, “Trust the People! Populism and the Two Faces of Democracy”, Political Studies, 1999, XLVII (1), marzo 1999, pp. 2-16, disponibile online: https://journals.sagepub.com/doi/10.1111/1467-9248.00184

[3] Sandro Gozi, “La Conférence sur l’avenir de l’Europe – Analyse juridique de la plus grande expérience démocratique du continent”, Revue du droit de l’Union européenne, n. 1-2022, Edit. Bruylant.

[4] Fra gli altri riferimenti bibliografici sulla democrazia partecipativa segnalo: Gabriele Pepe, Il modello della democrazia partecipativa tra aspetti teorici e profili applicativi: un’analisi comparata, Milano- Padova, Wolters Kluver – CEDAM, 2020, XIV-182 p.; Nicola Pettinari “Gli strumenti di democrazia partecipativa nelle Costituzioni e la partecipazione ai processi costituenti”, Federalismi.it, 31 Luglio 2019, 40 p.; Strumenti della democrazia a cura di Gianfranco Pasquino, Bologna, Il Mulino,  2007, 220 p.; Joana Mendes, “Participation and the role of law after Lisbon: a legal view on Article 11 TEU”, Common Market Law Review, 48, 2011, pp. 1849-1878.

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