L'approfondimento

Democrazia Futura. Intelligenza artificiale, istruzioni per l’uso

di Carlo Rognoni, giornalista, ex vicepresidente del Senato, già consigliere di amministrazione della Rai |

Applicazioni nell’arte e nella medicina e capacità di competere con l’intelligenza umana. Il contributo per Democrazia Futura di Carlo Rognoni.

Carlo Rognoni

Carlo Rognoni in tre brevi pezzi in “Intelligenza artificiale: istruzioni per l’uso” analizza le applicazioni IA nell’arte, nella medicina e la sua capacità di competere con l’intelligenza umana. “Ray Kurzweil, ingegnere capo di Google […] aveva previsto che nel 1998 un computer avrebbe sconfitto il campione mondiale umano di scacchi. Ebbene già un anno prima il campione di allora Garry Kasparov fu battuto da Deep Blue, segnando l’inizio dell’ascesa di macchine intelligenti” – ricorda l’ex consigliere di amministrazione della Rai.

1. La grande scommessa

Scommettiamo? Che possibilità ci sono che l’intelligenza artificiale (AI) arrivi ad eguagliare l’intelligenza umana?

Due grandi scienziati e studiosi di AI hanno scommesso 20 mila dollari su un primo passo considerato strategico: se entro il 2029 nessun computer – né alcuna machine intelligence – avrà superato il test di Turing (una prova classica per distinguere un umano da una macchina) vincerà il pessimista e l’ottimista avrà perso.

Lo scontro è fra l’imprenditore di software Mitchell Kapor (è sua l’azienda Lotus) e il genio Ray Kurzweil, ingegnere capo di Google, il super ottimista.

Kurzweil aveva previsto che nel 1998 un computer avrebbe sconfitto il campione mondiale umano di scacchi. Ebbene già un anno prima il campione di allora Garry Kasparov fu battuto da Deep Blue, segnando l’inizio dell’ascesa di macchine intelligenti. Allora si era parlato dello “stratagemma di Cristoforo Colombo”: tutti ridevano di Colombo quando proponeva le proprie esplorazioni. Ebbene una risata davvero inutile visto il successo della scoperta dell’America.  E quello stratagemma è stato interpretato come l’esempio di una seria sottovalutazione del progresso.

E tuttavia i pessimisti restano probabilmente una maggioranza. D’accordo che le ricerche tecnologiche crescono a un ritmo incredibile e tuttavia l’AI per quanto sia in pochissimo tempo cresciuta in maniera straordinaria resta ben lontana dall’intelligenza umana. Potrà mai una macchina innamorarsi di un’altra macchina, provare sentimenti di amicizia per un altro computer?

“Un neonato ha un cervello, ma non ancora quella che noi chiamiamo intelligenza di livello umano”.

Kurzweil concorda, ma non demorde dal suo ottimismo:

”Buona parte della complessità cerebrale scaturisce dalla sua interazione con un mondo complesso. Così sarà necessario che un’intelligenza artificiale sia “educata”, come l’intelligenza naturale”.

“Entro gli Anni Trenta del Duemila ‘trasmettitori di esperienze’ invieranno sul web tutto il flusso delle loro esperienze sensoriali e i correlati neurologici delle loro reazioni emotive”.

Ce lo racconta Melanie Mitchell nel suo libro L’intelligenza artificiale, una guida per essere umani pensanti. A quel punto sarà una questione di “ingegneria inversa” come viene chiamata la possibilità di produrre un oggetto analogo o migliore – in questo caso dell’intelligenza umana.  Progresso esponenziale nel mondo della computazione, delle neuroscienze e della nanotecnologia potrebbero permettere la retro ingegnerizzazione del cervello? Lo sostiene Kurzweil. Ma Kapor non ci sta.  Secondo lui senza l’equivalente di un corpo umano e di tutto ciò che esso include una macchina non imparerà mai quanto è necessario a superare il test di Turing.

Chi ha ragione? Personalmente Kapor mi convince, ma Kurzweil mi affascina di più. E voi lettori da che parte della scommessa vi ponete?

Non ci resta che aspettare il 2029, e tuttavia nel frattempo non c’è dubbio che assisteremo a una straordinaria quantità di progressi tecnologici che potrebbero far pendere la bilancia verso gli ottimisti.

2. Intelligenza artificiale e Medicina

Quando un anno fa The New England Journal of Medicine ha dedicato il suo editoriale all’intelligenza artificiale si è capito che ormai l’AI aveva fatto il suo ingresso negli ospedali, nelle cliniche, negli ambulatori, nella pratica quotidiana di tanti medici. Non è un caso, insomma, che il numero degli articoli dedicati al tema dell’”AI applicata alla medicina” sia davvero in rapidissimo aumento.

D’altra parte proprio in queste prime settimane del 2024 anche Genova grazie a due suoi ricercatori (Laura Cancedda e Marco De Vito) che lavorano all’Istituto italiano di tecnologia (IIT) ha avuto un ruolo da protagonista. Ne ha dato notizia il Secolo XIX. Attraverso l’uso di un supercomputer agli Erzelli i due ricercatori hanno sviluppato un nuovo farmaco per le persone affette da epilessia e autismo.

Nel 2024 lo stesso inglese Journal of Medicine (una delle riviste più importanti per il mondo della salute) ha deciso di lanciare addirittura una nuova rivista NJEM AI con l’obiettivo di fornire uno spazio in cui condividere risorse e risultati per l’intelligenza artificiale in medicina, parlando del suo potenziale e dei suoi limiti.

“Ormai”, è stato scritto, “non c’è praticamente nessun settore della medicina e dell’assistenza che non sia già stato toccato dall’AI: tanto vale farci i conti”.

Analisi delle immagini mediche, analisi dei dati, sviluppo di nuovi farmaci e medicina personalizzata, rappresentano una delle macro categorie, quella “virtuale”. Poi c’è un’altra parte che potremmo definire “fisica” che comprende principalmente l’utilizzo dell’AI nella chirurgia robotica.

Gli algoritmi di intelligenza artificiale analizzano immagini mediche come risonanze magnetiche, radiografie, TAC. E aiutano i medici a rilevare e diagnosticare malattie come cancro, patologie cardiache e disturbi neurologici. D’altra parte sono almeno dieci anni che nelle mammografie si è diffusa la CAD – la diagnosi assistita da computer.

Studi recenti hanno dimostrato come la CAD sia di grande aiuto ai medici non solo nel diagnosticare il cancro al seno, ma soprattutto ad evitare falsi positivi che possono distrarre i radiologi con conseguenti esami non necessari facendo quindi risparmiare tempo e risorse preziose. Alcuni software possono addirittura aiutare nel management delle grandi aziende farmaceutiche, analizzando i trend di mercato per indirizzare i fondi dei reparti di ricerca e sviluppo verso i settori con la domanda più alta.

E veniamo ai chirurghi. Possono utilizzare robot basati sull’AI per eseguire procedure complesse con maggiore precisione. L’AI – ancora – potrebbe essere utilizzata per sviluppare protesi e impianti sempre più avanzati, consentendo – che so! – di migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità. Una straordinaria storia di successo legata alla cura del Parkinson ce la raccontano i due autori de Il corpo artificiale – neuroscienze e robot da indossare (Raffaello Cortina editore). Il Parkinson è una brutta bestia. Si manifesta quando ormai più del 60-70 percento di un certo tipo di neuroni – “i dopominergici della sostanza nera” – sono degenerati e quelli restanti faticano non poco a mettere al lavoro le funzioni motorie ridotte. Le conseguenze possono essere devastanti. Ora con la robotica indossabile si può intervenire sui disturbi della marcia, senza aumentare il numero di medicine da prendere giornalmente.

Ebbene ci voleva un’idea: sfruttare le vibrazioni dei braccialetti, trasformati in cavigliere per ridare il ritmo della giusta camminata al paziente.

“E’ stato uno dei momenti più emozionanti fra quelli che abbiamo vissuto nella nostra professione”:

scrivono Simone Rossi e Domenico Prattichizzo.

“Il passo tornò normale, i piedi cominciarono a sollevarsi da terra invece che strisciare sul pavimento, il busto – che prima era inclinato in avanti – tornò dritto e le braccia ricominciarono ad accompagnare gli arti inferiori del cammino”.

E’ sicuramente un esempio di dispositivi indossabili “intelligenti”. Ci sono tipi di dispositivi che monitorano lo stato di salute di chi li porta. In questo caso, l’”intelligenza” dei dispositivi consiste principalmente nella capacità di individuare automaticamente situazioni anormali, e se necessario segnalarle, senza richiedere la supervisione di un esperto umano.I futuri sistemi di AI per l’ambito sanitario includeranno verosimilmente dei veri e propri health coach digitali, che seguiranno ogni aspetto della nostra salute e ci consiglieranno su come migliorare i parametri ottimali, come già accade oggi per il sonno e per il fitness.

Tutte rose e fiori? Certo che no. La medicina è molto diversa da altri settori in cui viene applicata l’intelligenza artificiale. Pur consentendo di fare scoperte e migliorare i processi dell’intero percorso sanitario, vanno attentamente valutate le considerazioni etiche, di governance e le normative.

E’ una sfida. Bisognerà contrastare i pregiudizi relativi all’utilizzo di queste tecnologie ma è indispensabile una sempre maggiore conoscenza dell’argomento.

3. Intelligenza artificiale e Arte

Disegno e dipingo pesci da alcuni anni.

Quando mi hanno chiesto perché, la risposta è stata semplice e convinta: i pesci non parlano, non protestano, non partecipano a talk-show, non vanno in televisione.

Sono belli (hanno forme straordinarie) e sono colorati. Ho fatto già alcune mostre, al Galata museo del mare di Genova, in un a chiesa sconsacrata a Orvieto, nel castello di Camogli. Ho fatto politica per anni e sono stato in parlamento per ben quattro legislature. Sento su di me il peso della crisi dei partiti (tutti) e delle tante parole, purtroppo spesso al vento, Dipingere affatica ma offre straordinarie vie d’uscite dalla routine … anche del giornalismo che ho praticato per trent’anni. E poi i pesci non protestano anche se il ritratto – o l’articolo – non è all’altezza delle aspettative.

Gli amici mi chiedono perché quest’anno non hai dipinto nulla? Ho risposto che ho scoperto che in pratica posso farne a meno dei miei ritratti di pesci. Affido all’intelligenza artificiale generativa il compito. Ed ecco, per esempio, un primo risultato. Per dipingere qualcosa di simile avrei dovuto lavorare alcune ore e usare colori e pennelli. Mi sarei magari anche sporcato!

Soddisfatto e sorpreso per la vista del mio primo pesce tecnologico ho chiesto un secondo pesce. Mica male!

L’arte è sicuramente un’altra cosa. Ma come non restare affascinati dalla produzione dell’AI?

OpenAI, la stessa azienda che produce ChatGPT (arrivata sul mercato nel 2022) ha reso pubblicamente disponibile anche DALL-E, un software che sempre a partire da un testo (i tecnologi lo chiamano un Prompt) genera immagini di qualità notevole permettendo anche di scegliere lo stile, dal realismo fotografico all’imitazione di un dipinto a olio. Preparando e perfezionando “i prompt” con cura, è possibile ottenere immagini che hanno poco da invidiare a quelle realizzate da illustratori, grafici o anche fotografi professionisti.

E’ accaduto che immagini prodotte da un software di AI abbiano vinto premi in importanti concorsi di grafica, senza che le giurie sapessero che non erano opera di un illustratore umano.

A utilizzare gli strumenti di AI sono sempre più spesso gli stessi creativi tradizionali, quelli che si sentono più inclini alla sperimentazione, che vedono in questa nuova tecnologia una straordinaria possibilità per esplorare soluzioni artistiche che altrimenti richiederebbero molto tempo o sarebbero semplicemente irrealizzabili.

Analogamente a ciò che un esperto di grafica fa con strumenti come Photoshop, i GAN (Generative Adversarial Network) possono creare istantaneamente nuovi contenuti basati su foto, video, illustrazioni, opere d’are. Questa tecnologia è poi in grado perfino di creare video con persone virtuali assolutamente realistici.

Il modello è in realtà solo e nient’altro che matematica. L’AI esamina il suo archivio, fa ipotesi su quali pezzi di sposano meglio e quindi rigurgita il tutto in base a un calcolo probabilistico su ciò che ci aspettiamo.

Tornerò a dipingere i miei pesci? Oppure continuerò a sfidare l’AI alla ricerca di esempi più immaginifici?

A una certa età dipende da ciò che mi coinvolgerà e mi divertirà di più.