In dissenso

Democrazia Futura. Guerra per l’umanità. Il bene vincerà

di Cecilia Clementel, Psichiatra e psicoterapeuta |

Parere in dissenso di Cecilia Clementel sul conflitto arabo-israeliano a Gaza, tra i necessari tentativi di concretizzare una tregua e la ricerca di una soluzione diplomatica.

Cecilia Clementel

Cecilia Clementel in un contributo inviato a Democrazia futura in dissenso con la linea della rivista di ferma condanna dell’attacco perpetrato da Hamas contro Israele il 7 ottobre e di “sostegno incondizionato a Israele”, aderendo alle tesi espresse dal Segretario generale dell’ONU, invita a perseguire i tentativi per approdare ad “un’immediata e duratura tregua che permetta l’ingresso di aiuti umanitari sufficienti per la popolazione, la prosecuzione di trattative per gli ostaggi (in atto con la mediazione del Quatar) e la ricerca di una soluzione diplomatica. La tesi ‘sostegno incondizionato a Israele’ di quasi tutto l’arco politico occidentale, Biden in testa, – secondo la dottoressa Clementel, – costituisce collusione con pulizia etnica ed eventuale genocidio a Gaza”. Democrazia futura aprirà volentieri le proprie colonne a chi riterrà opportuno rispondere e contestare le tesi qui espresse, purché all’interno di un confronto civile fra “Apoti”.

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La mia posizione

Cito nel titolo il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che evidentemente crede di essere dalla parte del bene ma si trova nel campo sbagliato della storia. La guerra che viene non sarà vinta da nessuno ed è una guerra contro l’umanità.

La mia posizione (e quella di Antonio Guterres, segretario generale Onu del quale Israele chiede le dimissioni) è che sia necessaria un’immediata e duratura tregua che permetta l’ingresso di aiuti umanitari sufficienti per la popolazione, la prosecuzione di trattative per gli ostaggi (in atto con la mediazione del Quatar) e la ricerca di una soluzione diplomatica.

La tesi ‘sostegno incondizionato a Israele’ di quasi tutto l’arco politico occidentale, Biden in testa, costituisce collusione con pulizia etnica ed eventuale genocidio a Gaza. Keith Starmer, leader del Labour, che la sostiene, per mestiere fa l’avvocato per il diritto umanitario! Israele, potenza occupante, in base all’articolo 55 della quarta convenzione di Ginevra deve assicurare alla popolazione cibo, acqua, medicine e beni essenziali.

La seconda tesi: tutti e due hanno le loro responsabilità nega il fatto che il quarto esercito del mondo fronteggia una milizia popolare, che fra le due parti vi è enorme sproporzione e che il governo d’Israele e una minoranza (i coloni) perseguono attivamente da anni una pulizia etnica. Nega anche tutta la storia di un secolo sulla quale dovreste informarvi.

Per dirla con Giuseppe Giusti:

Poni che quattro mi bastonin qua
e lì ci sian dugento a dire ohibo!
e poi sappimi dir come starò
con quattro indemoniati a far di sìe dugento citrulli a dir di no.

Aggiungo che recentemente abbiamo assistito a pulizia etnica (se ne sono andati ‘spontaneamente’ e saggiamente) di armeni che vivevano nel territorio del Nagorno Karabak da oltre 2 mila anni senza che vi fosse un filo di protesta.

Gli armeni di genocidio se ne intendono (documentatevi). Le posizioni occidentali all’Onu che richiedono pause umanitarie per far passare aiuti umanitari dal valico di Rafah sono evidentemente insufficienti e probabilmente ipocrite.

Ho risparmiato ai lettori di leggilanotizia i numerosi riferimenti al ventilato uso dell’arma atomica nel conflitto ucraino ma non me la sento di tacervi i rischi apocalittici che si vedono all’orizzonte. Riassumo in questo mio contributo diversi articoli liberamente accessibili, usciti su blog, siti e testate anglosassoni indipendenti di cui troverete in nota i rinvii e i link consentendo al lettore se vuole di consultarli direttamente.

Non tratto degli eventi in Gaza-che sono comunque nei media ufficiali anche se restiamo all’oscuro di quel che succede, ma della cornice e di possibili sviluppi geostrategici.

Il diritto internazionale umanitario

Il diritto internazionale e le regole umanitarie, statuti di Ginevra quasi tutti successivi alla seconda guerra mondiale sono un dato rilevante. Cito dall’articolo del politologo bolognese[1] Piero Ignazi:

‘Le più autorevoli organizzazioni internazionali…Onu, Corte Internazionale e Croce Rossa considerano Gaza sotto occupazione israeliana. Il fatto che Israele abbia ritirato le sue truppe nel 2005 non ha alcun rilievo perché in base all’articolo 42 del regolamento dell’Aja (e convenzione di Ginevra 1949) la definizione consuetudinaria di territorio occupato prescinde dalla presenza di truppe nemiche…L’occupazione si basa sul controllo israeliano degli accessi all’esterno e sulla dipendenza da beni essenziali forniti (a discrezione n.d.r.) dall’occupante. L’acqua in particolare è centellinata da Israele così come l’afflusso di derrate, … (inoltre carburante, elettricità, forniture sanitarie, materiale edilizio n.d.r.).

Esiste un diritto alla resistenza di fronte all’occupazione? Il diritto internazionale ‘non vieta alla popolazione di un territorio occupato di prendere le armi contro l’occupante’…Se Hamas si fosse limitata ad attaccare le postazioni dell’esercito israeliano sarebbe stato un legittimo atto di resistenza… ma massacrando indiscriminatamente civili – o consentendo ad altri di farlo[2]– …i miliziani di Hamas sono responsabili di crimini contro l’umanità… Anche l’occupante israeliano  ha diritti e limitazioni…Il diritto alla legittima difesa di Israele non può infrangere norme di diritto internazionale umanitario…affamare la popolazione [di Gaza] è un crimine di guerra,(così pure n.d.r.) ‘sottoporre l’intera popolazione del territorio occupato a punizione collettiva per un atto commesso da alcuni suoi membri’.[3]

Proteste globali per il bombardamento e l’invasione di Gaza

A fine ottobre 2023 siamo a circa 8 mila civili palestinesi morti sotto le bombe (dei quali circa 3 mila i bambini) e diversi attacchi a ospedali (anche questi crimini di guerra). La presa di ostaggi è certamente un crimine, lo scopo dichiarato da Hamas è la liberazione di migliaia di detenuti politici palestinesi nelle carceri israeliane.

Secondo gli israeliani ‘Hamas si fa scudo dei civili’. La bomba sull’ospedale sarebbe un razzo palestinese deviato.

E’ interessante che i russi in Ucraina recitino gli stessi argomenti (i civili sono colpiti perché i militari ucraini hanno messo depositi in scuole/ospedali/silos, oppure: il razzo sulla stazione di Kramatorsk era ucraino). L’opinione pubblica mondiale ritiene che se si parla di aggressione o invasione la musica è ben diversa in Ucraina e a Gaza.

Volano accuse di due pesi e due misure e di detestabile ipocrisia occidentale.

Mentre imperversano sui social tentativi di indirizzare la pubblica opinione della direzione voluta (campo in cui Israele ha notevoli competenze) si moltiplicano le proteste per la strage di civili a Gaza in paesi europei (nonostante preoccupanti tentativi polizieschi in Francia e Inghilterra di proibirle) e il gruppo ‘Jewish voices for peace’ (voci di ebrei per la pace) a New York ha condotto due manifestazioni con resistenza passiva alla polizia.

La protesta per l’attacco ai palestinesi sta esplodendo. Importante la posizione di Recep Tayyip Erdogan (in passato, come Vladimir Putin, amico di Israele e oggi in affari con esso per il gas nel Mediterraneo) che Hamas non sarebbe un gruppo terrorista ma una milizia di difesa per i palestinesi. Erdogan è simpatizzante dei ‘fratelli mussulmani’ dai quali 35 anni fa nacque Hamas (sostenuta anche economicamente da Israele per indebolire Yasser Arafat e l’-OLP, che governa la Cisgiordania).  

Politicamente molto rilevante è la collera delle popolazioni nei paesi arabi, inizialmente mobilitate per le incursioni e i soprusi ai palestinesi nella moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme (dalla quale l’azione di Hamas: ‘la tempesta di Al-Aqsa’ prende il nome).

Un grande esperto di questioni mediorientali, Alastair Crooke si sorprende che l’attacco di Hamas sia stato una sorpresa. Le popolazioni arabe si sono sollevate ‘non per Hamas né per i palestinesi…ma per Al-Aqsa – icona che va al cuore dell’identità sia sunnita che sciita. Questo grido ha risuonato in tutto il mondo islamico’. La super intelligence di Israele e Stati Uniti ha clamorosamente fallito non cogliendo il valore del simbolo Al-Aqsa[4]. I governanti arabi hanno dovuto adeguarsi. Al Sisi in Egitto (questo alfiere di democrazia) lo ha fatto con gusto: ha ricordato al Segretario di Stato statunitense il suo essere ebreo e il fatto (vero) che gli ebrei in Egitto e nella storia del mondo islamico non sono stati perseguitati e anche bene accolti come rifugiati dall’Europa, ha poi mandato a farsi benedire Olaf Scholz che probabilmente sondava la sua disponibilità a spostare i palestinesi di Gaza in una tendopoli nel Sinai, ove sono al momento due corpi d’armata dell’esercito egiziano. Gli accordi di Abramo che avrebbero rinsaldato le relazioni di Israele con diversi paesi arabi della regione (sulla testa dei palestinesi) sono lettera morta: uno degli obiettivi dell’attacco di Hamas è raggiunto.

Estremismi religiosi e dicotomie politiche

‘Israele si è fratturata in due fazioni equivalenti che hanno due visioni inconciliabili del futuro di Israele, due letture incompatibili del futuro di Israele e dell’identità dell’ebraismo…Una fazione, che ha la maggioranza in parlamento è più o meno Mizrahi (in passato una sottoclasse della società israeliana) e l’altra, generalmente benestante e liberale è costituita da ebrei Askenaziti [5].

Il progetto dichiarato dal governo e dei coloni (in gran parte ebrei ortodossi radicalizzati, provenienti da paesi islamici) è di pulizia etnica: nel 2022 fra Ramallah e Gerico molti palestinesi sono stati rimossi, alcuni uccisi e due giorni prima dell’attacco di Hamas 800 coloni invasero la spianata della moschea Al-Aqsa, con la protezione della polizia israeliana (come al solito). Così hanno fornito il perfetto casus belli per l’attacco del 7 ottobre. Dal 7 ottobre più di 100 palestinesi sono rimasti uccisi in Cisgiordania e alcune migliaia sono stati arrestati.

Da nove mesi l’opposizione Askenazita, laica e fondatrice del progetto sionista originario di una democrazia nazionalista nella terra d’Israele, conduce importanti dimostrazioni contro il governo ogni venerdì perché una legge già approvata da Netanyahu sottopone l’apparato giudiziario a quello politico, così proteggendo Bibi sotto accusa per corruzione, dalla galera. Per inciso se Bibi acconsente al cessate il fuoco sarà probabilmente estromesso così perdendo l’immunità di cui gode al momento.

‘La destra Mizrahi sarà accusata di aver distratto gli apparati per la sicurezza dal loro scopo, ma ribatterà che l’alto comando dell’Intelligence è prevalentemente in mano agli Askenaziti … Un governo di unità nazionale non fa scomparire la frattura interna nel paese’[6].

Bibi, politicamente agonizzante, cavalca un linguaggio biblico-apocalittico proprio della destra religiosa e potrebbe realmente causare tale Apocalisse con l’attacco in forze su Gaza. Intanto sia Hamas che Hezbollah continuano a bersagliare tutto il territorio con razzi, alcuni dei quali riescono ad eludere la difesa dell’iron dome. Militarmente tutti gli alleati, a partire da Biden hanno messo in guardia Israele contro una reazione violenta ed emotiva, i militari sottolineano le difficoltà di una guerriglia urbana con truppe non preparate al compito, anche se la soverchiante potenza israeliana avrà col tempo ragione di Hamas e della rete di tunnel nel sottosuolo, che permettono ad Hamas un contatto con l’esterno attraverso il Sinai.

Ma è proprio il tempo che fa difetto a Israele.

BRICS, Onu e tutti gli altri[7]

Sia Cina sia Russia hanno importanti legami economici con Israele, che ha fatto del suo meglio per restare neutrale nel corso del conflitto ucraino, mantenendo (come la Turchia) legami con l’una e l’altra. Putin in particolare è stato filo israeliano e molto ostile al terrorismo islamico, che ha toccato la Russia in Cecenia. Entrambi i paesi hanno fatto dichiarazioni equilibrate mentre tessevano collegamenti diplomatici con paesi arabi e il sud globale allo scopo di ottenere un cessate il fuoco, premendo per il rilascio degli ostaggi e con il fine ultimo di strappare la conduzione delle trattative agli Stati Uniti d’America, che sono stati definiti ‘l’avvocato’ di Israele (non un mediatore imparziale) per affidarla ad una conferenza internazionale di pace.

Il gioco di squadra fra i BRICS al consiglio di sicurezza e all’assemblea generale delle Nazioni Unite (dove per fortuna la rappresentante degli Stati Uniti non è una neocon) ha condotto al successo diplomatico dei BRICS col voto nell’assemblea (dove si richiedono i due terzi dei voti) a favore del cessate il fuoco a Gaza, che ha messo in minoranza Israele e l’occidente, anzi la Francia ha votato a favore. Da noi vi sono state polemiche per l’astensione dell’Italia. Il voto ha avuto solo valore consultivo, ma la successiva riunione del consiglio di sicurezza si è focalizzata sulla necessità dell’aiuto umanitario a Gaza. Gran parte del dissidio è incentrata sulla necessità di includere nella mozione una condanna dei reati umanitari di Hamas (evidentemente non di quelli di Israele). Mi ricorda gli argomenti ‘chi non è con noi è contro di noi’ durante il conflitto ucraino per cui nessun intervento aveva valore senza un preambolo di condanna di Putin e dell’invasione.

Alcuni si sono stracciati le vesti perché l’occidente starebbe perdendo il suo ruolo di guida morale del mondo, ma non se ne sono chiesti il perché. Si sanziona la Russia se non osserva le risoluzioni dell’Onu ma si permette ad Israele per 70 anni di non rispettare numerose decisioni del Consiglio di Sicurezza e di creare un sistema di apartheid per i palestinesi.

Per definizione l’occidente ha ragione, non fa concessioni né marce indietro e tanto meno mediazioni, nel corso di questo secolo ha deciso, fra sé e sé le soluzioni utili per i conflitti balcanici, quelli afghani e mediorientali, poi ha cercato di imporre tali soluzioni militarmente, ahimè non funziona. Ai disastri pregressi si sta aggiungendo l’imminente disastro militare dell’esercito ucraino. Responsible statecraft.org pubblica un articolo di David Sacks  che parla della sconfitta militare in atto e della fissazione delirante di Volodymyr Zelen’skyj a non trattare[8] e un articolo di simile tenore è apparso su Times Magazine del 30 ottobre 2023. Prevedo che gli Stati Uniti metteranno Zelen’skyj su un aereo per la Florida: ha molto bisogno di vacanze; poi proporranno ai russi quel compromesso che il Cremlino ha ripetutamente descritto come inaccettabile, infine qualcuno suggerirà di ascoltare quel che dice Putin, che continua a misurare prudentemente le parole, a differenza di Biden. Anche per l’Ucraina il tentativo dei BRICS, principalmente della Cina, è di spostare il luogo della contrattazione diplomatica dall’occidente a nuovi mediatori, per esempio Turchia. Erdogan ne è entusiasta, prevedendo un suo ruolo come guida del mondo islamico nei confronti di Israele e a difesa dei palestinesi; nel ruolo di difensore di Al-Aqsa si contrappone all’Arabia, difensore ufficiale dei luoghi sacri dell’Islam.

Storia di Hamas

Hamas è un movimento politico analogo ai fratelli mussulmani (fondati nel 1928 in Egitto) cui Erdogan è associato. Quando Israele nel 2005 ritirò le sue truppe e gli insediamenti di coloni da Gaza favorì Hamas (movimento religioso e sociale) per destabilizzare un OLP (Palestina liberation organisation) laico. Lo sovvenzionò e gli consegnò il controllo politico su Gaza.

Fino al 2018 Hamas in linea di massima privilegiò la resistenza non violenta, nonostante i molti ‘martiri’ durante le dimostrazioni sul confine. Vi sono altre formazioni paramilitari ‘jihadiste’ in Gaza che collaborano con il braccio armato di Hamas, che è finanziato dal Quatar.

Creando una divisione fra i due movimenti politici palestinesi Israele ha reso molto difficile la realizzazione dell’accordo di Oslo ‘due popoli, due paesi’.

La politica di armare e finanziare movimenti di ispirazione religiosa islamica, spesso fautori della violenza (mujaheddin) da parte dell’Occidente risale agli anni Ottanta ed ha avuto lo scopo di contrastare i leader laici occidentalizzati e spesso legati all’URSS (i vari Assad, Nasser, Gheddafi) che sono stati sconfitti. Questa politica però ha favorito leader estremisti come Osama Bin Laden (che si dice sia stato in contatto con la CIA).

L’Iran ha certamente aiutato e armato Hamas, ma non vi sono prove che abbia ispirato o approvato l’attacco del 7 ottobre 2023. Si può pensare che la massiccia presenza navale statunitense nel Mediterraneo preluda ad un attacco congiunto sull’Iran da Israele e Stati Uniti. I missili che l’Iran possiede sono in grado di devastare il piccolo territorio israeliano, anche Hezbollah ha sul territorio libanese molti e potenti missili.

La parola alle armi: Armageddon

Gli Stati Uniti spostano nel Mediterraneo Orientale due portaerei con relativa squadra navale (forse quattro) e un battaglione di 2 mila marines dicendo che devono difendere le loro basi (illegali) in Siria, Iraq, sempre sotto attacco da milizie iraniane, e le loro basi legali nella penisola araba.

Hanno allarmato un sacco di gente: l’Iran ha detto che si difenderà e Putin ha fatto notare che i Mig31 russi stazionati sul mar Nero hanno missili ultrasonici (Kinzhal) che possono raggiungere le suddette portaerei, mentre altri aerei russi sul mar Caspio hanno missili che raggiungono il golfo Persico. I cinesi hanno affermato che una dozzina di unità navali cinesi che si danno il cambio a Gibuti (Mar Rosso) sono ordinaria amministrazione. Il Pakistan ha fatto capire che se Israele colpisce l’Iran con le atomiche qualche atomica ce l’avrebbero anche loro.

L’Iran, che non ha atomica, ha importanti quantità di droni e missili e buone difese antiaeree, forze navali non trascurabili e milizie sparse qua e là. Il Presidente iraniano Ebrahim Raisi ha affermato a poche settimane dall’attacco: Washington ci dice di non intervenire ma continua a dare ampio sostegno a Israele’, Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd, al governo in Arabia Saudita, ha canali diplomatici con Raisi, cosa impensabile prima della recente riconciliazione fra i due governi favorita dalla Cina[9].

Il possibile domino è già iniziato con attacchi e contrattacchi su quasi tutte le basi statunitensi in Siria e Irak e con battaglie di razzi e artiglieria fra Israeliani ed Hezbollah sul confine col Libano. Né Siria né Russia per ora rispondono alle incursioni aeree israeliane e ora americane su obiettivi in Siria (‘iraniani’ of course). La Russia reagirebbe certamente a un attacco alle sue basi navali e aeree siriane.

I ribelli Houthi hanno spedito qualche razzo in direzione di Israele, fermato da unità navali statunitensi. L’Egitto ha spostato unità dell’esercito sul deserto del Sinai. Si tratta di un grosso pagliaio cui basterebbe una scintilla per andare in fiamme, e questa scintilla potrebbe essere lo sdegno per l’assedio e il martirio dei palestinesi a Gaza.

L’importante presenza statunitense nel Mediterraneo in teoria dovrebbe spegnere le fiamme e coprire le spalle a Israele, faccia pure quel che deve fare.

L’Iran ben consapevole delle gravi conseguenze tuttavia ha detto che non potrà assistere senza reagire al macello di confratelli mussulmani.

Persino la docile Giordania ha annullato un incontro con Joe Biden dopo la bomba sull’ospedale di Gaza che ha fatto centinaia di morti, la polizia giordana deve trattenere la popolazione che si avventa sul confine con Israele. La chiusura degli Stretti di Hormuz (che l’Iran può facilmente minare) si calcola possa bloccare un 9 per cento del petrolio e un 25 per cento del gas GPL (Gnl) globali.

Ve ne lascio immaginare le conseguenze economiche. L’aumento del prezzo del petrolio continuerà e gli indici di borsa a Wall Street sono stranamente in discesa. Insomma, che Dio ce la mandi buona. A proposito: sia ebrei sia islamici venerano lo stesso Dio, il Dio di Abramo che sospetto al presente sia furibondo. Stiamo tornando indietro al Vecchio Testamento, con il suo carico di feroce sterminio e vendetta, altro che diritto umanitario!

Stati Uniti e Europa: quo vadis?

La dicotomia politico-religiosa che spacca Israele è analoga alla spaccatura politica che si fa sempre più grave negli Stati Uniti dal 2016 fra globalisti neoliberali (neocon) che controllano l’amministrazione di Washington, di cui Biden è capofila e isolazionisti anti-immigrazione spesso afferenti a chiese evangeliche, battiste o pentecostali del Sud degli Stati Uniti che affermano di mettere l’interesse degli Stati Uniti d’America avanti a tutto, capitanati e ispirati da Trump.

Sia Trump[10], il cui genero è discendente di ebrei polacchi, sia Biden sono stati fortemente pro Israele.

Un lungo e interessante articolo di Simplicius The Thinker[11] suggerisce che Bibi Netanyahu si vede in un ruolo messianico mentre i neocon evangelici statunitensi (ad esempio il nuovo speaker della Camera statunitense, seguace di Trump Mike Johnson) sono più favorevoli a finanziare Israele che l’Ucraina[12].

Molti di costoro parlano della ‘Rapture’ dei credenti (Ascensione al Cielo) dopo che la battaglia finale fra il bene e il male si sarà combattuta per Gerusalemme e conclusa con la seconda venuta del Cristo. Tale interpretazione letterale di un testo oscuro come l’Apocalisse compete più alla psichiatria che alla teologia. Erdogan (che attendeva la visita il 4 gennaio del presidente iraniano nel frattempo annullata n.d.r.) sottolinea il conflitto fra i figli della Croce e quelli della Mezzaluna, che ci fa ripiombare nell’era delle crociate. Deve trattarsi una cosa seria se il ministro degli esteri israeliano ha ritirato il suo ambasciatore da Istanbul[13].

Un paio di paesi sudamericani hanno rotto le relazioni diplomatiche con Israele e la Giordania ha richiamato il suo ambasciatore. Chi invoca pulizie etniche (o peggio) per resuscitare la biblica terra d’Israele e ricostruire il Tempio trova i fedeli evangelici statunitensi disposti a dar credito ad Israele, mentre gli islamici rappresenterebbero il Maligno, e Gaza verrebbe ‘purificata col fuoco’.

Intanto le cinque principali aziende del complesso militare industriale USA stanno facendo affari d’oro, decine di consulenti militari statunitense calano su un Israele che non li obbedirà, tanto è impaurito, deluso, addolorato e desideroso di vittoria e di vendetta, poco interessato, pare, agli ostaggi.

Come si gioca nella vecchia Europa simile contrapposizione non risolvibile? La compatta adesione alla linea di Israele e di Washington (pena l’accusa infondata di antisemitismo) reggerà alla crisi economica e all’inverno 2024?

In Europa le forze politiche identitarie, nazionaliste con un tocco di fascismo sono (nonostante il passato antisemita) in sintonia con la narrativa nazionalista e di destra religiosa d’Israele. Le forze, partiti e movimenti, che si dicono di sinistra stanno faticosamente orientandosi verso la decisa richiesta di una tregua duratura a Gaza e della messa in atto della soluzione (Oslo 1995!) due popoli, due paesi. Il precipitare della situazione umanitaria[14] può indurre Hezbollah ad alzare il tiro e far intervenire l’Iran, la Turchia e l’Egitto o l’Algeria, tutti paesi con eserciti moderni. Gli Stati Uniti interverranno direttamente e l’Ucraina, a confronto di ciò che seguirà, ci sembrerà un picnic.

Manca all’appello la diplomazia occidentale. Russi e cinesi comunicano poco e di malavoglia con la controparte americana, gli europei[15] vengono ignorati e, francamente, se lo meritano.

I BRICS si sono organizzati una rete diplomatica attiva attorno all’asse Mosca-Pechino-Brasile, che ha già dato risultati.

Quale soluzione per il conflitto Israele Palestina?

Quando si giungerà al tavolo delle trattative occorre avere una meta precisa, quella dei ‘due stati’ è oggi impraticabile (se mai lo è stata). Rimando all’opinione dello storico Ilan Pappe e ad un articolo (C) di Phil Butland: Perché la soluzione ‘due stati’ è impossibile per la Palestina, solo un unico stato democratico e secolare può garantire l’eguaglianza per coloro che vivono in Israele/Palestina. Israele è sempre meno democratico e sempre più razzista: palestinesi (ma anche Iracheni, Siriani e Libanesi) che sposano un ebreo israeliano non hanno diritto di residenza né di cittadinanza. Lo Stato controlla con il Jewish National Fund il 93 per cento della terra e degli immobili, questi vengono affittati esclusivamente a ebrei. Lo spazio riservato ai Palestinesi si è progressivamente ridotto ed è oggi attorno al 22 per cento della Palestina originaria, ma viene costantemente ritagliato da muri, e strade ad uso esclusivo dei coloni.

La soluzione ‘due stati’ non porrebbe rimedio a questo sopruso e imporrebbe l’abbandono di Gerusalemme est agli ebrei, che lentamente se la stanno occupando[16].

Colonie di fanatici e violenti settlers (coloni) costellano la Cisgiordania, con esse sono i posti di polizia israeliani che le proteggono, sarebbe impossibile spostarle. Gli ebrei si sono riservato l’accesso alle migliori acquifere mentre l’acqua che esce dai rubinetti di Gaza non è potabile (essi hanno a disposizione solo 80 litri di acqua al giorno)[17].

Una partizione non risolve questo problema e i Palestinesi dovrebbero continuare a comprare acqua da Israele, che continua a controllare il mare di Gaza e non vuole spartire l’accesso al gas che vi si trova. Lo stato di Palestina somiglierebbe a una riserva indiana. Si può obiettare che qualcosa è meglio di niente, ma l’articolo argomenta che la soluzione ‘due stati’ è irrealistica.

Al momento i Palestinesi vivono in prigioni a cielo aperto, sotto un controllo sempre più soffocante e umiliante (evidentemente inefficace): dare loro una bandiera non risolve alcun problema, comunque Israele è fermamente deciso a impedirlo. Per quanti bambini muoiano in Gaza ne restano sempre abbastanza per nuove milizie armate. Un ebreo può avere maggior sicurezza in una città occidentale che non a Tel Aviv.

Vi è poi il problema dei rifugiati Palestinesi (dal 1948) nei paesi vicini (essi stessi in grandi difficoltà: Libano, Giordania) in campi profughi sostenuti da istituzioni internazionali e da altri paesi arabi.

Oslo non ha previsto il loro ‘diritto al ritorno’ ma i paesi arabi non rinunciano a tale richiesta. La soluzione ‘due stati’ è ormai in minoranza fra i Palestinesi.

Siamo alle solite: l’occidente decide un’improbabile soluzione e la impone con risultati disastrosi. Vediamo cosa riescono a concordare le persone direttamente coinvolte, quando si saranno calmate le acque.

Smettiamo di armare Israele. La convivenza di entrambi in uno stato democratico e pluralista che difenda la libertà e la sicurezza di ciascuno può parere impossibile ma l’articolo di Butland porta l’esempio del regime razzista sudafricano fautore dell’apartheid, che cambiò rapidamente (e inaspettatamente) rotta anche a causa delle sanzioni ricevute e dove il temuto bagno di sangue non si verificò quando la minoranza bianca al potere comprese di non avere altra scelta.

 Israele, sostenuto a spada tratta (si può ben dirlo) dagli Stati Uniti ha sempre fatto il bello e il cattivo tempo, ignorando le numerose risoluzioni e condanne venute dal consiglio di sicurezza dell’Onu.

Non bisogna dare eccessivo peso a proclami per la distruzione di Israele: la maggioranza degli arabi vuole una convivenza pacifica e metà degli Israeliani disapprova fortemente il governo illiberale ed estremista di Netanyahu: nelle dimostrazioni del venerdì si sono visti numerosi militari delle Forze di Difesa Israeliane (IDF).

Sogniamo l’impossibile: uno Stato laico, democratico e antirazzista, che promuova giustizia sociale, che rispetti le diverse, forti identità culturali e religiose: vivi e lascia vivere. Uno Stato che rinunci a imporre con la forza ideologie suprematiste a due popoli che sono etnicamente e culturalmente cugini (da Ilan Pappe, Ultima fermata Gaza. La guerra senza fine tra Israele e Palestina Ponte alle Grazie, 2023: mia libera interpretazione).

Salviamo almeno la reputazione

Realizziamo il possibile, reclamato da manifestazioni appassionate, una tregua umanitaria duratura. Il coro ormai globale che ci accusa di doppia morale, collusione con pulizia etnica e genocidio, tradimento di principi umanitari e dei diritti civili di cui ci ammantiamo sta diventando assordante.

Speriamo di evitare una conflagrazione bellica regionale (dalla quale tutti i paesi coinvolti ma anche Israele e gli Stati niti d’America potrebbero uscire malconci). Speriamo di evitare che l’Occidente perda il controllo della narrazione e si trovi emarginato da un gruppo di potenze regionali di paesi industrializzati che, nonostante profonde divergenze di interessi, si alleano sia politicamente che economicamente e militarmente scoprendo di non avere più bisogno di noi, anzi, di voler avere a che fare con noi lo stretto indispensabile…


[1] Huffington Post 31 ottobre 2023 L’Alma Mater si schieri con Gaza: ’Università di Bologna si schieri pubblicamente per il cessate il fuoco…per spingere i leader mondiali verso una convivenza pacifica basata sulla fine dell’occupazione’. Petizione di 143 docenti e ricercatori bolognesi.

[2] Hamas ha affermato che altri (altre formazioni jihadiste o cani sciolti) sono stati autori delle atrocità. Inoltre nel fuoco incrociato tra miliziani ed esercito israeliano che cercava di riconquistare i villaggi alcuni civili potrebbero essere rimasti uccisi. Almeno 300 dei morti erano soldati israeliani e Israele dice di aver contato 1500 palestinesi morti in seguito all’attacco.

La verità si conoscerà in futuro, o forse no. A che cosa serve una Corte Internazionale di Giustizia (CCJ)?

[3] Piero Ignazi, “Resistenza e crimini. Il dibattito pubblico su Gaza avvelenato dai preconcetti”, Domani, 27 ottobre 2023, p. 12.

[4] Che i coloni e gli ebrei ortodossi con parte del governo intendono distruggere per ricostruirvi il Tempio ebraico di Gerusalemme, sopra le cui rovine la moschea si trova.

[5] Alastair, Crooke, “‘Al-Aqsa flood’: the surprise is that some are surprised”, Al Mayadeen English, 8 ottobre 2023. Cf. https://english.almayadeen.net/articles/analysis/al-aqsa-flood:-the-surprise-is-that-some-are-surprised. La tempesta Al-Aqsa: è sorprendente che sia stata una sorpresa.

[6] Alastair, Crooke, loc. Cit. alla nota precedente.

[7] Ricordo il mio articolo di fine settembre 2023 pubblicato su leggilanotizia.it ‘Una terra, una famiglia, un futuro’ con oggetto il cruciale incontro dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) svoltosi in Sud Africa a fine agosto 2023.

[8] Sacks David, ‘Zelensky: TIME may be on His Side, but Real Time, Isn’t’, Responsible Statecraft.org,  1 novembre 2023.

[9] Anche la collaborazione economica e militare Russia-Iran si è rafforzata.

[10] Nel 2020 Trump ha bloccato Netanyahu che voleva annettersi il 30% della Cisgiordania.

[11] Simplicius The Thinker, “World Plummets into Eschatological Frenzy:Unraveling the Implications”, Simplicius’s Garden of Knowledge War strategies, geopolitical analysis, SitReps, and discussions, 30 ottobre 2023. https://simplicius76.substack.com/p/world-plummets-into-eschatological. il mondo è precipitato in un panico escatologico: esaminiamo le conseguenze)

[12] Tutti sanno che in occidente produrre proiettili da 155 mm. è un problema, per non parlare della carenza di missili Javelin e Stinger.

[13] Può essere una ritorsione per la difesa di Hamas ‘combattenti per la libertà’ fatta da Erdogan.

[14] Presto i palestinesi di Gaza moriranno di sete e di fame anche se scampano le bombe.

[15] 110 anni fa eravamo i padroni del mondo.

[16] Phil Butland, “Why a Two States Solution for Palestine is Impossible. Only a Single Democratic Secular State can guarantee equality for everyone living in Israel/Palestine”, The left Berlin, 27 agosto 2022. Cf. https://www.theleftberlin.com/why-the-two-state-solution-for-palestine-is-impossible/. Perché la soluzione ‘due stati’ è impossibile per la Palestina, solo un unico stato democratico e secolare può garantire l’eguaglianza per coloro che vivono in Israele/Palestina.

[17] Presto i Palestinesi di Gaza moriranno di sete e di fame anche se scampano le bombe.