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Democrazia Futura. Dal miracolo di Ferragosto al miracolo di Natale: rimpannucciato il vestito alla vecchia Gasparri

Giacomo Mazzone

Il curatore del Focus sul nuovo Testo Unico Giacomo Mazzone, neo Direttore responsabile di Democrazia futura, presenta alcune conclusioni amare nel suo pezzo “Dal miracolo di Ferragosto al miracolo di Natale: rimpannucciato il vestito alla vecchia Gasparri?” si chiede ironicamente nel titolo: “Quel che preme sottolineare a futura memoria è come la procedura scelta dal governo in questa occasione abbia dimostrato la plasmabilità di un processo delicatissimo da parte di interessi ben precisi, allorché non si  passi per un pubblico dibattito, e di come la mancanza di trasparenza, abbia finito per facilitare interferenze di ogni tipo. Il contingentamento dei tempi di approvazione (con la scusa della procedura comunitaria di infrazione per ritardata trasposizione nell’ordinamento nazionale di una Direttiva del 2018) difatti non ha consentito al potere legislativo di intavolare un dibattito democratico e trasparente. Un grave vulnus per il paese e la sua democrazia – aggiunge Mazzone –  ma che paradossalmente è meno grave del fatto che questa riforma frettolosa ed abborracciata, tutta tesa a regolare alcuni conti col passato non abbia consentito di metter mano a quella riforma in senso digitale, oramai indifferibile per il sistema audiovisivo italiano. Una colpa questa – conclude – che il legislatore – ma anche il Governo e soprattutto il paese – pagheranno a caro prezzo, perché ogni giorno in più trascorso nel mondo analogico, renderà le aziende italiane dei media tutte sempre più deboli nel mercato europeo e globale, favorendone (almeno per quelle in private) il passaggio del controllo in mani straniere. Nelle mani di aziende di quei paesi che la trasformazione digitale l’hanno capita e stanno cercando di orientarla a loro favore, e che trovano invece nell’Italia dei Guelfi e dei Ghibellini ancora impegnati in battaglie fratricide di retroguardia, facile terreno di conquista.

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Se nel numero precedente avevamo annunciato il “miracolo di Ferragosto”, per descrivere l’avvio della riscrittura della Gasparri (1) alla vigilia delle vacanze estive, eccoci tornare sull’argomento per annunciare l’epilogo della storia, che – per coerenza – si può definire “il miracolo di Natale”

I governi tecnici, si sa, non hanno un gran senso dell’humour, e questo spiega come nessuno si sia preoccupato delle coincidenze di calendario. Come se non bastasse aver presentato il testo della legge delega sulla riforma audiovisiva il 6 e 7 agosto alle Camere, quando tutti i parlamentari erano al mare, ecco che ne viene annunciata in Gazzetta Ufficiale l’entrata in vigore nientemeno che il … 25 dicembre, quando di nuovo i Parlamentari sono in montagna e l’opinione pubblica è alle prese col panettone farcito di COVID.

Nei Palazzi del Potere qualcuno deve aver pensato che una legge cosi si addica proprio ai periodi di vacanza oppure –avendo in mente Andreotti e la sua famosa massima (“a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”) – che sia meglio intervenire su temi cosi divisivi, quando tutti sono con la testa altrove, intenti a scegliere la spiaggia dove andare o a scartare i regali sotto l’albero.

Eppure stiamo parlando di un settore che muove nel nostro paese diversi miliardi, dà più lavoro che la FIAT e che ha un impatto sulla nostra società molto rilevante, ben al di là del suo conto economico. Un settore che da anni attendeva riforme serie e strutturali, in grado di mettere le nostre imprese in grado di competere ad armi pari coi giganti del net e con le imprese straniere, e che favorisse il passaggio al digitale.

Attese legittime che- alla fine di questo processo di revisione che giunge a compimento insieme al panettone del Natale 2021- andranno ancora una volta deluse. Il nuovo testo unico, infatti, non è altro che un vestito rimpannucciato, con qualche cucitura rifatta e la fodera nuova, in attesa che –chissà quando, ma di sicuro non per questa legislatura- la classe politica del paese non troverà il coraggio di affrontare questo nodo e di creerà su misura un nuovo abito / provvedimento adatto ai bisogni digitali del paese, dell’industria culturale e dei cittadini.

Nello speciale dedicato al tema pubblicato su Democrazia Futura nel corso del mese di novembre, abbiamo ripercorso in sei interventi, le novità introdotte dal nuovo testo nelle sei aree principali investite dal provvedimento: la radiofonia, la produzione indipendente, la pubblicità, il confronto con le piattaforme Internet, la protezione dei minori, la difesa del pluralismo.

In ognuna di queste aree i validissimi estensori degli articoli hanno tutti sottolineato i limiti dell’intervento operato dal legislatore ed i rischi enormi che questa prolungata inazione comporta. Basti guardare l’elenco delle società di produzione italiane passate sotto controllo straniero (soprattutto extra UE) negli ultimi anni  come riportato nel contributo di Erik Lambert sulla produzione indipendente; oppure le nuove regole che si affannano a ridefinire la pubblicità tabellare di radio, tv e carta stampata, quando ormai quasi il 65 per cento della pubblicità è passata on-line, come efficacemente spiegato nel contributo di Luciano Flussi….

Che le ambizioni di questo provvedimento fossero modeste e si siano addirittura ridotte in corso d’opera fra Ferragosto e Natale, se ne deve esser reso conto perfino l’anonimo estensore del testo di legge, passato dall’ambizioso titolo di aprile “nuovo testo unico dei servizi di media digitali”- TUSMED (2), a quello più banale di Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi – TUSMA (3) , giusto per distinguersi (ma appena un po’) dal testo in vigore fino a al 24/12, che è/era  Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici (TUSMAR).

Peccato che nello sforzo di far sembrare nuova la giacchetta, ci si sia perfino dimenticati quella “R” , che stava per radio, e cioè per il mezzo che –dopo la pronuncia della Corte Costituzionale del 1976 (4)- ha dato il via alle “radio libere” e quindi alla rivoluzione dell’etere che ha cambiato il volto del nostro paese.

Si è usato non a caso il termine di ”anonimo estensore”, perché stavolta non è stato il legislatore a metterci mano, bensì un anonimo estensore del MISE (Ministero titolare della Delega per conto del Governo) che ha redatto il testo, lo ha cambiato e poi lo ha modificato ancora fino all’ultimo, perfino nei quasi 40 giorni trascorsi fra l’approvazione del testo “finale” in Consiglio dei Ministri avvenuta il 4 novembre 2021 e la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale avvenuta solo il 10 dicembre scorso.

Il Parlamento, poverino, stavolta c’entra poco e nulla. Mentre al tempo della prima versione nel 2004, impiegò due anni, centinaia di sedute e ben sei passaggi d’aula distinti prima dell’approvazione finale – inclusa quelli dovuti al rinvio del testo alle Camere da parte del Presidente della Repubblica (5) -, stavolta le Commissioni parlamentari (e non l’aula) hanno avuto a disposizione solo una o due riunioni di poche ore, per esaminare e discutere un testo lungo oltre 80 pagine e ricco di 71 articoli.

Non è andata meglio nemmeno ai portatori di interessi legittimi, e cioè alle associazioni di categoria dei settori coinvolti. Come spiegato nello speciale, le audizioni delle associazioni di categoria si sono svolte quasi pro-forma in videoconferenza il 3 agosto, poche ore prima della trasmissione formale al Consiglio dei Ministri il 5 agosto, e a Camera e Senato avvenuta rispettivamente il 6 e 7 agosto. Qualche chances e qualche possibilità di ascolto in più l’hanno avuta le istituzioni che dovevano esprimere un parere obbligatorio, ai sensi della legge delega, come l’AGCOM (che ha inviato un documento di una dozzina di pagina il 14 settembre, con un parere integrativo il 29 settembre), il Consiglio di Stato (che ha inviato 80 pagine ma il 21 settembre,) e la Conferenza Unificata Stato Regioni (che si è limitata ad inviare una riga: “ESPRIME PARERE FAVOREVOLE”) inviata il 22 settembre.

Alcuni dei loro suggerimenti sono stati recepiti o dal Parlamento (che se ne è fatto carico adottandoli come propri) o dall’estensore del provvedimento (che ha introdotto modifiche al testo inviato alle Camere, prima dell’approvazione nel Consiglio dei Ministri del 4 novembre 2021, e qualcuna anche dopo).

SE NON IL PARLAMENTO, ALLORA CHI HA INFLUENZATO LA SCRITTURA DEL TESTO ?

Come descritto invece negli articoli su protezione dei minori (6), su produzione indipendente (7), sulla pubblicità (8), sulla radio (9) qualcun altro è perfettamente riuscito nell’intento di modificare il testo senza apparire, senza perder tempo a passare per noiose audizioni o dibattiti in Parlamento.

Ad esempio, una manina molto ben introdotta, è stata sicuramente quella che ha sanzionato la RAI, dimezzandone l’affollamento pubblicitario dal 12 al 6 per cento (10), creando un buco strutturale di qualche decina di milioni di euro nel bilancio già pericolosamente in rosso dell’azienda pubblica.

Un’altra quella che ha allargato il concetto di «ambito locale radiofonico», fino a farci entrare addirittura il 50 per cento della popolazione (11).

Un’altra quella che ha fatto modificare la definizione di “produttore indipendente”, limitandone l’ambito di applicazione dei limiti al controllo societario solo agli attori nazionali, senza tener conto di eventuali quote di controllo in mani straniere.

Un’altra ancora quella che ha convinto i parlamentari a ridurre l’obbligo di investimento in produzione indipendente dal 25 per cento inizialmente previsto, al 20 per cento.

Un’altra quella che ha tagliato le unghie alla possibilità auspicata dal legislatore europeo di introdurre la co-regolamentazione e codici di condotta cogenti per limitare le pubblicità del junk food nei programmi per i minori.

Un’ultima manona, infine, quella che ha scaricato sull’AGCOM (ed in parte sul Comitato Media e Minori) una valanga di nuove competenze in materia di piattaforme Internet (cioè colossi come Meta –più nota come Facebook- o Alphabet – più noto come Google), precisando però all’art. 72, che “Dall’attuazione delle disposizioni del presente testo unico, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Sempre riprendendo la citazione del Divo Giulio, sarebbe troppo facile compiere un esercizio deduttivo per capire  chi siano i beneficiari di ognuno di questi interventi, così da capire a chi appartengano queste “manine”. In assenza di prove certe (12), la deontologia giornalistica  impedisce di fare questo esercizio, che quindi viene esclusivamente lasciato all’intelligenza del lettore.

Quel che preme invece sottolineare a futura memoria è come la procedura scelta dal governo in questa occasione abbia dimostrato la plasmabilità di un processo delicatissimo da parte di interessi ben precisi, allorché non si  passi per un pubblico dibattito, e di come la mancanza di trasparenza, abbia finito per facilitare interferenze di ogni tipo. Il contingentamento dei tempi di approvazione (con la scusa della procedura comunitaria di infrazione per ritardata trasposizione nell’ordinamento nazionale di una Direttiva del 2018) difatti non ha consentito al potere legislativo di intavolare un dibattito democratico e trasparente.

Un grave vulnus per il paese e la sua democrazia, ma che paradossalmente è meno grave del fatto che questa riforma frettolosa ed abborracciata, tutta tesa a regolare alcuni conti col passato (13) non abbia consentito di metter mano a quella riforma in senso digitale, oramai indifferibile per il sistema audiovisivo italiano.

Una colpa questa che il legislatore – ma anche il Governo e soprattutto il paese – pagheranno a caro prezzo, perché ogni giorno in più trascorso nel mondo analogico, renderà le aziende italiane dei media tutte sempre più deboli nel mercato europeo e globale, favorendone (almeno per quelle in private) il passaggio del controllo in mani straniere. Nelle mani di aziende di quei paesi che la trasformazione digitale l’hanno capita e stanno cercando di orientarla a loro favore, e che trovano invece nell’Italia dei Guelfi e dei Ghibellini ancora impegnati in battaglie fratricide di retroguardia, facile terreno di conquista.

Note al testo

[1] https://www.key4biz.it/democrazia-futura-dal-tusmar-al-tusma-la-riforma-del-testo-unico-come-procedere-verso-il-futuro-guardando-allindietro/384345/

(2) Testo della legge di delega al governo  (aprile 2021)

(3) Testo del decreto delegato presentato dal governo (agosto 2021)

(4) Sentenza n. 202 del 28 luglio 1976. Qualche radio aveva già iniziato le trasmissioni nel 1974 (Radio Bologna, Radio Milano International, eccetera)

(5) Si leggano in proposito le chiarissime motivazioni del rinvio da parte di Ciampi : https://web.archive.org/web/20050227131950/http://www.radioradicale.it/docs/messaggio_ciampi.rtf.

(6) Mihaela Gavrila, “Contro il disimpegno morale: Il Testo Unico e oltre, verso una nuova centralità dei minori“, vedilo online al seguente link : https://www.key4biz.it/democrazia-futura-media-e-minori-contro-il-disimpegno-morale/385031/.

(7)Erik Lambert, “I turbamenti dei produttori indipendenti. Le vere questioni di cui non si parla, ovvero il dibattito assente”, vedilo online al seguente link; https://www.key4biz.it/democrazia-futura-i-turbamenti-dei-produttori-indipendenti/385440/.

(8) Vedi Luciano Flussi, “Riforma del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici: le ripercussioni sulle risorse destinate al finanziamento della RAI” , vedilo online al seguente link:ç https://www.key4biz.it/democrazia-futura-le-ripercussioni-sulle-risorse-destinate-al-finanziamento-della-rai/384662/.

(9) Vedi Rosario Alfredo Donato,  “Le imprese radiofoniche alla ricerca di un approccio di sistema a prova di futuro”, vedilo online al seguente link;  https://www.key4biz.it/democrazia-futura-le-imprese-radiofoniche-alla-ricerca-di-un-approccio-di-sistema-a-prova-di-futuro/384802/.+

(10) Luciano Flussi, loc. cit alla nota 8.

(11) Si legga in proposito l’accorato ma ben documentato contributo inviato al Parlamento dall’associazione” TV INSIEME” rimasto inascoltato, consultabile al seguente link:

https://www.mise.gov.it/images/stories/documenti/Osservazioni_Tavolo_TV_40_del_16_12_20.pdf.

(12) Si ricorderà come nel dibattito Parlamentare del 2004 fece scalpore che il testo presentato dal ministro Gasparri alle Camere recasse nei meta-dati del file l’indicazione della provenienza. Memori dell’esperienza precedente, forse stavolta i metadati sono stati ripuliti dal file prima dell’invio alle Camere….

(13) Di qui il titolo del nostro Focus: “La riforma del TUSMAR: ovvero come procedere verso il futuro guardando indietro”.

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