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dcx. Perchè l’engagement è ancora il nodo sensibile della customer experience?

La sfida di ogni brand, oggi, è farsi ricordare. Il punto focale della relazione azienda-cliente è saper coltivare, crescere e migliorare nel tempo la relazione con il cliente. L’epoca dell’acquisto fine a stesso è finita; oggi quello che conta è costruire una community di persone riunite emotivamente intorno alla brand identity. E l’unico modo per coltivare queste relazioni è sviluppare l’engagement. Tuttavia, nonostante gli importanti investimenti di risorse nell’incremento della customer experience, i marketer spesso non riescono a misurare l’engagement. E ciò che non può essere misurato, non può essere compreso o migliorato.

Il punto di svolta del digital marketing

La chiave di volta del digital marketing degli ultimi anni è l’analisi in tempo reale: per monitorare l’andamento di una campagna, per tracciare il comportamento di un utente e soprattutto per offrire messaggi ed esperienze personalizzate. Perciò, i maggiori investimenti compiuti dalle aziende sono stati indirizzati verso l’acquisto di sistemi in grado di raccogliere ed elaborare questi dati in tempo reale.

Nonostante ciò, emerge una grande insoddisfazione da parte delle aziende: sebbene il 43% dei reparti di marketing abbia investito oltre un quarto del budget nell’acquisto o nell’aggiornamento delle tecnologie, solo il 7% ritiene di riuscire a sfruttare efficacemente l’analisi dei dati per offrire una migliore customer experience (The State of Engagement, CMO Council, 2018).

Un altro studio (Harvard Business Review Analytics Services Survey, 2018), conferma le difficoltà a misurare l’engagement – solo il 16% afferma di riuscire a stabilire interazioni di valore grazie alle piattaforme di analisi dei dati.

Quali fattori intervengono

L’enorme quantità di dati, provenienti dai diversi momenti della customer experience (dati di navigazione web, interazioni sui social media, operazioni online, messaggistica), devono essere elaborati correttamente, insieme a quelli già in possesso dell’azienda, per delineare un profilo personalizzato. Idealmente, in ogni momento del customer journey è possibile rilevare dati utili alla profilazione del cliente, ma spesso ciò non accade.

Inoltre, la prospettiva di approccio e di relazione con il cliente deve essere condivisa da tutti i membri del team, affinché gli sforzi convergano in un’unica direzione: migliorare la customer experience. Tutto ciò richiede un’efficiente integrazione delle risorse, umane e digitali.

Che cosa possono fare le aziende per restare al passo?

Innanzitutto prendere in considerazione un aggiornamento tecnologico più serio: scegliere di utilizzare un solo sistema di intelligenza artificiale e investire su questo. Non è un caso che i brand con maggiore engagement siano anche i più innovativi nell’uso della tecnologia: Amazon, Spotify, Google hanno sviluppato i propri algoritmi di apprendimento automatico, dotando la tecnologia di metodi di previsione. Questi algoritmi – analizzando i dati forniti e studiando i modelli di comportamento preesistenti –  sono in grado di sviluppare modelli predittivi, anticipando i comportamenti e le problematiche del futuro.

Inoltre, investire più risorse – economiche e fisiche – nell’analisi dei dati. La chiave per riuscire a realizzare una customer experience personalizzata risiede nella capacità di governare i dati in modo organico e coordinato, perciò è necessario che le aziende siano disposte a dedicare un settore della propria organizzazione allo sviluppo di queste competenze.

Il viaggio che conduce oggi una persona all’acquisto è lungo, fatto di riflessioni ponderate, influenzato da diversi input e caratterizzato da confronti e analisi continue. Offrire una customer experience personalizzata per il cliente e modulata secondo i valori del brand è essenziale per sviluppare engagement, perché significa far percepire un valore differenziante, del proprio prodotto e del proprio brand, rispetto a quello degli altri.

Per approfondire:

https://blog.neosperience.com/

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