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dcx. Customer experience: sicuro di non commettere questi errori?

di Dario Melpignano Ceo di Neosperience |

Se la customer experience viene indicata come elemento su cui puntare nei prossimi anni, però, non a tutti è ancora chiaro cosa bisogna fare e chi debba essere responsabile di questa pianificazione cruciale.

dcx è una rubrica quotidiana dedicata alla Digital Experience a cura di Dario Melpignano, Ceo di Neosperience. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui. Per la versione inglese vai al blog.

Un recente report di Adobe sui Digital Trends afferma che la customer experience è ufficialmente in carica come elemento guida della strategia di business. Nel 2014 è emersa come priorità, nel 2015 si è diffusa nei mercati più avanzati, nel 2016 diventerà così importante da diventare il centro nevralgico di un complesso sistema di priorità.

Anche in Italia, di conseguenza, si inizia a parlare con cognizione di causa del valore delle persone e della loro esperienza, in tutte le fasi decisionali e di implementazione della strategia. Se la customer experience viene indicata come elemento su cui puntare nei prossimi anni, però, non a tutti è ancora chiaro cosa bisogna fare e chi debba essere responsabile di questa pianificazione cruciale. Di conseguenza, la voglia di fare – senza programmazione – porta a commettere errori che possono vanificare tutti gli sforzi.

E tu, sei sicuro di non commettere i seguenti errori?

  • Confusione tra customer service e customer experience: questo, se vogliamo, è il fraintendimento più comune. Le aziende fino ad oggi hanno lavorato sulla gestione del cliente in ottica di customer service. Ora che si parla di customer experience, molte tendono a confondere i due termini. Un servizio di qualità è parte integrante di un’esperienza soddisfacente ma è, appunto, solo uno degli elementi che ne compongono la struttura. La customer experience è il risultato della connessione tra brand e clienti lungo tutti i punti di contatto del customer journey, online e offline, in store e da dispositivo mobile.
  • Scarsa conoscenza del cliente: quando si lavora sulla strategia di customer experience, non bisogna commettere l’errore di pensare che l’esperienza dipenda solo dalla corretta gestione degli elementi strutturali interni all’azienda. Per comprendere la reale importanza dell’esperienza bisogna partire dal suo fulcro, il cliente. Lo studio del cliente è alla base del marketing ma oggi bisogna compiere un passo in avanti, qualitativo e quantitativo. Nell’epoca dei big data, è necessario estrarre informazioni utili dalla massa informe di dati, per capire le motivazioni, i bisogni, i desideri e i comportamenti dei clienti. Solo allora si potrà passare all’aspetto tecnologico e strutturale della customer experience.
  • Assenza di una visione olistica: quando si costruisce un rapporto con il cliente, esistono due tipologie di approccio. Il primo è quello che ragiona per silos, dipartimenti che possono anche comunicare ma si muovo e ragionano in maniera indipendente. Il secondo è quello che osserva il mondo, l’azienda e l’esperienza con una visione olistica, secondo cui tutti gli elementi sono interdipendenti. In questo senso non esiste customer engagement senza employee engagement, non si può migliorare all’esterno se non si migliora all’interno, non è possibile coinvolgere se non si prendono in considerazione tutti i punti di contatto e si perde di vista il valore delle diverse tecnologie.

Per approfondire:

http://blog.neosperience.com/5-steps-to-rock-your-customer-experience-strategy

http://blog.neosperience.com/top-5-requirements-for-a-digital-customer-journey-map

http://blog.neosperience.com/3-smart-things-you-need-to-improve-customer-experience-in-2016