data protection

Data protection: anche l’Italia vorrebbe una privacy più soft?

di |

Secondo i dati riportati dal sito lobbyplag.eu, i politici italiani che siedono in Europa  hanno presentato un cospicuo numero di emendamenti volti ad allentare le maglie della privacy, nel dibattito in corso sull’aggiornamento della direttiva Ue sulla Data Protection, che risale al 1995.

C’è anche l’Italia nel drappello dei paesi europei che hanno proposto emendamenti che in sostanza indeboliscono la privacy, nel dibattito in corso sull’aggiornamento della direttiva Ue sulla Data Protection, che risale al 1995.

E’ quanto risulta dall’analisi di oltre 11.000 pagine di documenti privati (e non) che sono sono stati pubblicati dal sito lobbyplag.eu, un progetto nato dalla cooperazione tra l’associazione OpenDataCity e Europe vs Facebook, per rendere di dominio pubblico lo stato di avanzamento delle trattative che si tengono a Bruxelles in materia di privacy.

Più di 3.000 gli emendamenti -tra le 11.000 pagine di documenti analizzati -che hanno avanzato i rappresentanti europei -sia in Parlamento che nei negoziati confidenziali del Consiglio Europeo- sulla nuova General Data Protection Regulation (GDPR), proposta nel 2012 dalla Commissione Europea.

Tra questi, secondo le stime di lobbyplag.eu, ben 1.200 sono da considerarsi penalizzanti per la protezione dati, a fronte di circa 900 che sono per un rafforzamento e i restanti 900 sono considerati neutrali, perché si riferiscono semplicemente a cambiamenti sintattici e sono ininfluenti nel merito della questione.

Dall’analisi di tutti gli emendamenti proposti in Consiglio Europeo, in cima alla classifica dei paesi che sono più orientati verso un indebolimento della protezione dei dati c’è la Germania, per mano del Ministro degli Interni Thomas de Maizière, con ben 73 emendamenti proposti, di cui 62 sono volti ad allentare le maglie della protezione dati a fronte di 11 che sono a favore di un giro di vite. Al secondo posto troviamo la Gran Bretagna, con 51 emendamenti, di cui 49 che indeboliscono la protezione dati e appena 2 destinati a rafforzarla. A seguire l’ Irlanda, con 34 emendamenti, di cui 33 che indeboliscono la data protection e uno solo che la rafforza.

E l’Italia? Dai risultati evidenziati da lobbyplag.eu (ndr. data la vastità dei documenti, l’analisi è stata fatta sugli emendamenti che riguardano i primi tre capitoli della GDPR), il nostro paese non è i tra i primi nella lista.

L’Italia ha proposto 86 emendamenti di cui 59 destinati a indebolire le maglie della privacy, 15 a rafforzarle e 12 considerati neutri. Da una parte, nel gruppo Popolare Europeo Italiano sono stati depositati 73 emendamenti di cui 59 favorevoli ad un ammorbidimento delle norme sulla privacy, uno a favore di un irrigidimento delle norme e 12 neutrali. Dall’altra, il gruppo Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa registra 13 emendamenti tutti e 13 a favore di una protezione dati maggiore.

Nello specifico, tra gli europarlamentari italiani che hanno proposto emendamenti più inclini a un indebolimento della protezione dati ci sono Laura Comi (PPE) e Salvatore Iacolino (PPE) mentre Gianni Vattimo (ALDE) e Sofia Alfano (ALDE) sono sull’altra sponda con emendamenti più inclini a a un aumento delle norme per la protezione dati.

Nonostante quindi queste cifre possano non essere – come lobbyplag.eu specifica nella sezione ‘metodo di analisi’-  omni comprensive riguardo quella che è la vasta discussione sulla privacy, si tratta comunque di uno spaccato sulla scarsa trasparenza dell’UE rispetto a questioni importanti come quella della protezione dati, in particolare in relazione ai negoziati confidenziali del Consiglio Europeo.

Un esempio? Il principio di ‘minimizzazione dei dati’ nell’articolo 5(c) della legge del 1995, che prevede la raccolta, memorizzazione e elaborazione di dati solo se strettamente necessario, è stato rimosso nella nuova proposta di legge General Data Protection Regulation (GDPR), in base alla quale le aziende dovrebbero essere autorizzate a raccogliere e conservare tutte le informazioni sensibili sui clienti come vogliono, a patto che la conservazione non sia ‘eccessiva’, un termine che lascia intendere tutto e niente.

In attesa che si trovi un’intesa tra Parlamento, Commissione e Consiglio Europeo sul General Data Protection Regulation (GDPR), è opportuno non abbassare la guardia di fronte all’operato di governi che fanno promesse di tutela e protezione dei dati del cittadino, dal momento che la tematica della privacy è sempre più centrale in una società che è in piena rivoluzione digitale.

Per info aggiuntive