L'analisi

Dalla WebTax alla EquiTax. L’astuta campagna dei giganti del web può essere sgonfiata. Il Parlamento decida

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Per far pagare le tasse, ciascun paese europeo può decidere infatti da solo, senza considerare Bruxelles, e allora non si capisce perché non si decida mai e si sposti sempre in avanti l’appuntamento con l’equità.

Al G7 di Bari ha fatto irruzione il tema della cosiddetta WebTax.

Alla fine del Summit, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha dichiarato che “si è preso atto che soluzioni condivise sono più efficaci, che quelle nazionali che hanno delle controindicazioni e possono avere conseguenze indesiderabili” e che “…bisogna fare progressi” sulla tassazione dell’economia digitale…” ricordando che “…l’OCSE è già stato incaricato di redigere un rapporto sulle implicazioni dell’economia digitale che sarà pronto tra pochi mesi” e sarà “uno dei primi elementi che potranno tradursi in misure di policy“.

Un problema grande come una montagna da cui il nostro ministro Padoan ha però tirato fuori il topolino della mediazione che fa guadagnare solo un po’ di tempo ai giganti del web. L’indagine OCSE è in corso da almeno due anni ed è servita semplicemente come foglia di fico, per spostare ad un livello sovrannazionale ogni decisione, ignorando che gli Stati nazionali sono tenuti all’unanimità europea su ogni settore tranne che su due: la Difesa e il Fisco. Il che vuol dire che l’Italia potrebbe decidere in qualunque momento (e senza far torto a nessuno dei Paesi europei) di tassare le multinazionali della rete secondo quanto previsto dalla legge, smontando le furbizie elusive di tali società.

Per far pagare le tasse, ciascun paese europeo può decidere infatti da solo, senza considerare Bruxelles, e allora non si capisce perché non si decida mai e si sposti sempre in avanti l’appuntamento con l’equità.

Ora, se è vero che di WebTax si parla tanto, è anche vero che se ne parla nel modo sbagliato, dando spazio ad un contesto fortemente dominato dalle lobby delle grandi multinazionali americane del web e dal loro potere condizionante sul sistema della politica, a Roma come a Bruxelles o a Strasburgo.

L’Italia, come è noto, è partita prima degli altri nel chiedere equità fiscale e pagamento di tasse ai giganti del web e lo ha fatto (a partire dall’autunno 2013) con un’azione originariamente isolata di Francesco Boccia (PD), presidente della Commissione Bilancio della Camera, un’azione che è finita nel mirino di una malintesa campagna di segno opposto a difesa della rete: come se chieder di far pagare le tasse fosse un’azione liberticida.

Si dichiararono contrari in tanti, a partire da Matteo Renzi, già da prima che diventasse Presidente del Consiglio. Naturalmente, una volta andato a Palazzo Chigi la sua azione di freno fu più netta. Ma fu anche equivoca, se si considera che Renzi rimandò al semestre europeo a presidenza italiana del 2014 come occasione importante per porre il problema in sede europea (un motivo ricorrente, come si vede). Ma, come si sa, nel corso di quel semestre non accadde nulla sull’argomento.

Ora al G7 si è riparlato di WebTax, se ne è parlato tanto, ma ancora una volta solo per ribadire l’idea-tampone di una soluzione internazionale condivisa: che è esattamente l’obiettivo della campagna di lobby che le potenti multinazionali del web stanno facendo da tre anni a questa parte.

Naturalmente i tempi cambiano. E irrimediabilmente.

Apple è stata messa con le spalle al muro e ha dovuto concordare una multa di 318 milioni, una bazzecola se si pensa che nel periodo 2008-2013 l’evasione di Apple in Italia per la sola IRES è stata di 880 milioni.

Stessa sorte per Google che ha concordato un pagamento di 306 milioni di euro appena qualche settimana fa.

Cambiano i tempi, ma anche la sostanza.

Intanto si conferma, formalmente, l’ipotesi di evasione per i giganti del web…e così usciamo definitivamente dall’equivoco sui presunti attacchi liberticidi alla rete. Sono state invece violate norme fiscali dello Stato italiano. Praticamente un punto di non ritorno.

Nei giorni passati il presidente della Commissione Bilancio Boccia ha presentato un emendamento alla manovra-bis, che andrà in discussione nei prossimi giorni. Misuriamo l’atteggiamento dei singoli parlamentari, pesiamo la loro lealtà alle leggi dello Stato e all’opportunità di far pagare le tasse, come norma prevede.

Pagare le tasse è un dovere, specialmente per chi di profitti ne fa tanti e sottrae valore al Paese in cui ha raccolto il proprio fatturato.

Ed ecco perché non si può e non si deve parlare più di WebTax, ma di EquiTax.