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Crowd4Fund. Boom mondiale del crowdfunding nel 2014: raccolti $16 miliardi

Boom crowdfunding

Recentemente, sono stati rilasciati due rapporti, uno europeo e uno mondiale, che hanno fotografato il grande balzo in avanti del crowdfunding nelle economie di tutto il mondo. L’Italia, purtroppo, rispetto ai paesi di dimensioni simili, è ancora molto indietro.

I due rapporti sono lo European Alternative Finance Benchmarking Report, della University of Cambridge con Ernst&Young, focalizzata sul crowdfunding in Europa, e lo studio annuale 2015CF – Crowdfunding Industry Report di Massolution, società di ricerca specializzata nei settori del crowdsourcing e del crowdfunding, riferito a tutti e cinque i continenti.

Crowd4Fund è una rubrica in collaborazione con Crowdfunding Buzz e a cura di Fabio Allegreni. Novità e approfondimenti sul Crowdfunding nelle sue diverse forme. Il focus principale è sull’Italia, senza dimenticare i trend internazionali più significativi. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

L’incrocio tra i due report, assolutamente compatibili, offre un quadro di grande e vorticoso sviluppo, dal quale estrapoliamo alcuni punti principali:

A livello di modelli di crowdfunding, è il Lending Crowdfunding che domina il settore: nel 2014, ha raccolto $11,08 miliardi, pari quindi a circa il 70% della raccolta totale. Infatti, il boom asiatico è quasi interamente dovuto a questa modalità, in USA il colosso Lending Club è stato quotato al Nyse con una valutazione di $9 miliardi e in UK la somma di lending crowdfunding per il business e per i privati pesa il 75% dell’intera raccolta, cioè circa $2 miliardi.

Il restante 25% è più o meno equamente ripartito tra gli altri modelli, sebbene ciascuno con dinamiche assai diverse:

E l’Italia?

 

Nel complesso nel 2014 sono stati raccolti quasi $9 milioni tra tutte le diverse modalità e quindi una frazione irrisoria anche se consideriamo solo l’Europa: pesiamo lo 0,3%. Perfino se escludiamo UK, il peso del crowdfunding in Italia è irrisorio: 1,3%.

Perché questo ritardo?

Ci sono alcune ragioni oggettive. In particolare:

Ci sono poi ragioni di tipo culturale, per esempio, la scarsa propensione degli italiani ad utilizzare la carta di credito, soprattutto online, o la ancora scarsissima conoscenza dello “strumento crowdfunding”, oppure, ancora, nella ritrosia ad investire nell’economia reale di chi pure se lo potrebbe permettere, come ha ben descritto Marco Bicocchi Pichi in una recente intervista pubblicata su Crowd4Fund.

Peraltro, le ragioni del ritardo, sono, a nostro parere, temporanee e risolvibili con la collaborazione tra istituzioni e addetti ai lavori. Cosa che tra l’altro, un primo risultato l’ha già dato se consideriamo l’allargamento alle PMI della possibilità di accedere all’equity crowdfunding, sancita dal recente decreto “Investment Compact”.

E’ dunque solo una questione di tempo.

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