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Crisi Tlc, sindacati in piazza il 6 giugno: ‘Settore ignorato dal Governo e nelle bozze decreto Tlc non c’è nulla sul lavoro’

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Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil ribadiscono lo sciopero nazionale per il 6 giugno e puntano il dito contro l'indifferenza del Governo: 'A rischio 20mila posti di lavoro'.

“Sul fattore lavoro non c’è nulla. Anche portare a sette anni l’espansione per i prepensionamenti non va bene se poi devi vivere con 1.000-1.100 euro al mese”. Così Riccardo Saccone, segretario generale di Slc Cgil, durante la conferenza stampa dei sindacati Tlc alla Camera dei Deputati in vista dello sciopero nazionale del settore Tlc, indetto per il 6 giugno, convocato per sottolineare il rischio occupazionale e la necessità di una risposta di tipo industriale. L’appuntamento a Roma è a Piazza SS Apostoli alle 10,00.

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“Invece di fare dei provvedimenti sartoriali – ha proseguito – con le aziende che vendono la rete facessero nascere il fondo di settore. E sulla questione di aziende energivore ed elettrosmog potrebbero arrivare un po’ di soldi, ma c’è il tema degli aiuti di Stato su cui non sappiamo se l’Ue è d’accordo”.

“È così – ha detto Salvatore Ugliarolo, segretario generale di Uilcom-Uil – che si interfaccia il governo con noi: girano bozze ma senza ascoltare il sindacato. C’è un’assoluta non disponibilità da parte loro”.

“Poi – ha aggiunto – non abbiamo avuto la possibilità di capire realmente, perché nel testo manca il reperimento degli 1,7 miliardi previsti. Dal nulla che ne sappiamo, queste bozze potrebbero anche essere fake news”.

“Non ci vorrebbe la scienza – ha ironizzato Alessandro Faraoni di Fistel-Cisl – per capire che le Tlc sono energivore”. “Si parla – ha continuato – di transizione digitale, ma con chi la fanno? Le aziende che hanno investito in occupazione stanno incontrando situazioni di difficoltà, e proseguendo così si rischia che tra un po’ di anni saremo ancora qui a parlare di transizione digitale”.

“Rischiamo – ha spiegato il sindacalista – sicuramente la perdita di 20mila posti di lavoro diretti e una parte di indiretti. Lo sciopero del 6 giugno ha come obiettivo, tra l’altro, quello di far rendere conto ai rappresentanti del governo che c’e’ un problema che va affrontato in modo diverso”. All’interno della crisi del settore, aggiunge Faraoni, “c’è il problema nel problema, ovvero i call center. Inoltre la crisi e’ generalizzata, riguarda Wind, Vodafone, Tim, ma anche la stessa Iliad che ad oggi non ha raggiunto il break even”. In piu’ “si parla di transizione digitale e digitalizzazione, ma la strada per arrivarci e’ sempre molto piu’ complicata, servono investimenti, in particolare sul 5G. Serve dunque un intervento che non puo’ essere fatto solo dentro le singole aziende. Serve, cioe’, un piano industriale di settore messo a punto dal governo. Anche il fatto che il fondo bilaterale, utile nella gestione delle crisi, non sia mai partito dimostra che non c’e’ abbastanza attenzione”.

Tlc: Solari (Cgil), sciopero il 6 giugno, a bocce ferme almeno 20mila a rischio

“Prendo atto che le telco che stanno affrontando il tema della crisi solo dal punto di vista finanziario: Vodafone sta riducendo il personale, Wind Tre sta vendendo la rete; Tim sta pensando allo scorporo e allo spezzatino. Sono iniziative che danno risposta solo dal lato finanziario”. Lo afferma Fabrizio Solari, segretario di Slc Cgil. “Il governo – spiega Solari – è impegnato a uscirne indenne dal punto di vista politico, dopo aver prima detto no allo scorporo, poi aver promesso una chiusura veloce dell’operazione”. Oggi, prosegue il sindacalista, “l’attenzione del governo è sul fatto di non pagare un prezzo politico per quello che non può fare. In questo quadro nessuno sta ragionando, invece, su una risposta alla crisi di tipo industriale. Per questo scioperiamo”. A bocce ferme, infatti, “si rischiano almeno ventimila posti di lavoro”, senza considerare l’indotto, chiarisce Solari.

“Contro un modello industriale sbagliato, la miopia delle aziende e l’assenza di lungimiranza dei governi verso questo settore fortemente strategico”. Così Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil confermano lo sciopero del 6 giugno nel settore delle telecomunicazioni durante una conferenza stampa alla Camera dei deputati. “Sono a rischio reale oltre 20mila posti di lavoro diretti nel solo perimetro delle Telco”, avvertono i sindacati, sottolineando come il settore sia stato caratterizzato “negli ultimi 15 anni dal continuo ricorso ad ammortizzatori sociali, esodi incentivati, tagli nella contrattazione aziendale, perdite di professionalità importanti e blocco pressoché totale del ricambio generazionale”. I sindacati denunciano come “la ricetta messa in campo dalle principali Telco, per gestire gli effetti di un mercato deregolamentato, è quella di dividere l’industria, le infrastrutture di rete, dai servizi. Una impostazione miope che impoverirà ancor di più il settore, trasformando aziende leader del comparto Tlc a meri rivenditori di servizi, i cui azionisti di riferimento non sono neanche italiani”. Per i sindacati “le istituzioni non stanno svolgendo alcun ruolo regolatorio, nessun intervento strutturale” e “da mesi va avanti un surreale tavolo tecnico presso il Mimit nel quale è completamente assente la voce dei rappresentanti dei lavoratori”. “È giunto il tempo di contrastare, con forza, una deriva che rischia di affossare il comparto, con un percorso di mobilitazione che interessi tutte le lavoratrici e i lavoratori del settore”, annunciano.

Tlc: Gribaudo (PD), il governo intervenga su crisi Telco

“Il governo non può più rimandare scelte strategiche relative al comparto delle telecomunicazioni. Mi unisco al grido d’allarme lanciato dai sindacati di settore, che oggi hanno ricordato il concreto rischio di una vera e propria bomba sociale con almeno 20mila posti di lavoro a rischio nel solo perimetro delle telco. E’ il momento di agire nell’interesse del Paese e delle imprese, intervenendo su un modello industriale che va radicalmente rinnovato”. Così Chiara Gribaudo (PD), vice Presidente Commissione lavoro, durante la conferenza presso la sala stampa della Camera dei Deputati.