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Costruzioni green, ecco i mattoni made in Italy fatti con la CO2

Produrre materiali di qualità e a basso costo per il settore delle costruzioni, dell’edilizia e dalla cantieristica stradale a partire dalla ricerca nel campo della separazione, riutilizzo e confinamento della CO2 (CCUS – carbon capture, utilization and storage).

Questo è l’ambizioso obiettivo del progetto europeo “Eccselerate”, finanziato con circa 3,5 milioni nell’ambito del programma “Horizon2020”, a cui partecipano per l’Italia l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), Sotacarbo, Università di Bologna e Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS).

Economia circolare e decarbonizzazione industriale

L’impegno dei partner di progetto è arrivare a “rendere il processo di decarbonizzazione di industrie, come acciaierie e cementifici, economicamente vantaggioso e circolare”, ha spiegato in una nota Stefano Stendardo, ricercatore ENEA del Laboratorio di Ingegneria dei processi e dei sistemi per l’energia.

Gli scarti di produzione, in sostanza, non andranno più a finire in discarica, “ma serviranno a catturare la CO2 prodotta. E una volta esaurita la loro capacità di stoccare anidride carbonica, questi ‘nuovi’ materiali saranno reimmessi nei processi industriali stessi per la produzione di cemento e di acciaio, o utilizzati come inerti per fondi stradali”, ha aggiunto il ricercatore dell’Agenzia italiana.

Al momento, questi mattoni di CO2 saranno utilizzati nell’impianto pilota “Zecomix”, inserito come infrastruttura di ricerca nel progetto di ricerca dell’Ue, presso il Centro Enea Casaccia alle porte di Roma.

I ricercatori si aspettano molto dagli scarti industriali siderurgici, un’ottima base di partenza per la lavorazione delle nuove materie prime ad alta concentrazione di diossido di carbonio, ottime per la produzione di cemento, calcestruzzo e malte oppure per manufatti, sottofondi e manti stradali.

La sola produzione di acciaio da ciclo integrale, escludendo la fase iniziale di produzione di ghisa, genera ogni anno, a livello mondiale, circa 126 milioni di tonnellate di scorie che, con le nostre tecnologie, potrebbero stoccare da 6 a 9 milioni di tonnellate di CO2 e produrre nuova materia prima”, ha commentato Stendardo.

Cattura e sequestro della CO2

La cattura e il sequestro della CO2 tramite “carbonatazione potrebbero infatti essere impiegate anche nel trattamento di altri tipi di scarti come le ceneri e le scorie prodotte dalla combustione di carbone e dalla termovalorizzazione di rifiuti urbani e i residui di costruzioni e demolizioni.

Allo studio dei ricercatori anche il riuso dell’anidride carbonica per la produzione di combustibili come metanolo e kerosene. Inizialmente le emissioni provenienti dalle centrali elettriche a combustibili fossili, gli scarichi di cementifici e di altre fabbriche potrebbero essere la principale sorgente di CO2.

In prospettiva, potrebbe essere impiegata anche la CO2 catturata dall’atmosfera stessa (la cosiddetta ‘Direct Air Capture’).

Oggi le infrastrutture Carbon Capture and Storage (CCS), di cattura e stoccaggio del diossido di carbonio, intrappolano in tutto il mondo oltre 35 milioni di tonnellate CO2 l’anno, equivalenti alle emissioni annuali dell’Irlanda.

Nel prossimo decennio, la IEA ritiene necessario aumentare di 20 volte i tassi annuali di cattura di CO2 dalle centrali elettriche e dalle industrie.

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