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Contenuti online, il geoblocking cadrà anche per YouTube?

Le nuove disposizioni della Ue sulla portabilità transfrontaliera dei contenuti fanno ancora discutere. Tanti i nodi da sciogliere ma quello che in questo momento appare più urgente, è cercare di capire chi nei fatti potrà godere dei contenuti senza frontiere.

Intanto bisogna subito chiarire che la portabilità riguarderà solo chi è in viaggio e non anche chi si trasferisce per un periodo all’estero.

Secondo alcuni questo è un escamotage della Ue per non inimicarsi l’industria dell’audiovisivo timorosa che il nuovo provvedimento potesse inficiare il principio di territorialità che permette una negoziazione ad hoc paese per paese.

La Commissione lega tra l’altro questa disposizione alla fine del roaming nel 2017.

Proprio come il roaming, la Commissione si basa, infatti, sull’articolo 114 del Trattato dell’Unione, quello sulla creazione del Mercato Unico Digitale, per proporre questa proposta di regolamento.

 

Ecco perché si è scelto il regolamento e non la direttiva

Quando si parla di portabilità transfrontaliera di contenuti digitali acquistati da un cliente, si tratta di una materia che per definizione non può essere regolamentata a livello nazionale ma solo attraverso un intervento diretto dell’Ue. La scelta è caduta quindi sul regolamento, che è uno strumento più potente della Direttiva in quanto una volta adottato è immediatamente applicabile e non ha bisogno di successivi interventi nazionali.

Così è stato fatto anche per il roaming.

La Commissione fa la differenza tra i contenuti online coperti da diritto d’autore e quelli che non lo sono.

Gli eventi sportivi in diretta trasmessi su internet, lo sappiamo bene, sono soggetti a un forte geoblocking.

Tuttavia la musica usata, le sequenze video di apertura e chiusura sono spesso coperti da copyright. Questo permette di non trattare differentemente questo tipo di contenuti ai quali piacerebbe avere accesso anche dall’estero.

Impatto limitato per l’industria audiovisiva

La Commissione è stata attenta. Non sarà necessario rinegoziare i contratti tra autori e distributori, come avevano fatto credere inizialmente gli oppositori della riforma: nell’eventualità non si applicheranno le clausole che si oppongono alla portabilità.

Un aspetto negativo per i fornitori di contenuti è che non è previsto alcun requisito di qualità proveniente dall’estero: se il cliente decide infatti di passare le proprie vacanze in un luogo remoto di un Paese dell’Europa dell’Est, poco coperto dalla banda larga, poco può farci il proprio fornitore che non ha accordi di qualità di servizio con l’Isp domestico del proprio cliente.

Solo il fornitore che verifica (e/o conclude) un contratto nel luogo di residenza del proprio cliente deve assicurare la portabilità.

Ma se un sito, che offre liberamente l’accesso in un paese, pratica il geoblocking in un altro, cosa succede?

Prendiamo il caso di YouTube, accessibile liberamente ovunque ma con video bloccati a seconda del Paese dove si guardano, come ci si regolerà?

Le tre opzioni

La Commissione ha lavorato su tre opzioni prima di ultimare questo regolamento.

La via della raccomandazione non vincolante (prima opzione) non era quella indicata anche se l’industria l’avrebbe preferita, perché si sarebbe prestata a interpretazioni differenti nei vari Paesi e tra gli attori; la seconda opzione era di imporre il concetto secondo il quale l’accesso veniva considerato dal Paese di residenza, ma non era sufficiente; La Commissione ha voluto fissare esplicitamente l’accesso transfrontaliero e rendere nulle tutte le clausole dei contratti che si opponevano a questo, anche quelli già esistenti. La terza opzione appunto.

I timori

Il regolamento si applicherà a tutti, comprese le piccole aziende, perché la Commissione punta anche alle numerose startup che si lanciano nei contenuti online e li distribuiscono ai clienti (web tv…).

La Commissione si impegna a monitorare l’applicazione del regolamento in ciascun Paese e poi, una volta operativo, verificare i benefici attesi.

Questo regolamento è stato messo a punto in modo molto abile perché non rimette in discussione una serie di punti fondamentali dell’industria audiovisiva sui diritti d’autore e le entrate che ne derivano.

Ciò che conta è il luogo di residenza degli utenti.

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