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Conte torna in video, Governo di nuovo in confusione sulla pandemia

Ieri sera, domenica 18 ottobre 2020, il Governo, nella persona del premier Giuseppe Conte e del suo consigliere per la comunicazione Rocco Casalino, ha ridato prova di assoluta incapacità di gestire l’emergenza pandemica, nella sua rinnovata ondata, anche a livello comunicazionale: fin da venerdì 16 era stata annunciata la gestazione di un nuovo Decreto del Presidente del Consiglio (varato a distanza di soltanto cinque giorni dal precedente), e, per due giorni, gli italiani sono stati costretti a subire un flusso confuso, contraddittorio, caotico, di pseudo-notizie, voci di corridoio, prese di posizione di esponenti politici e tecnici. Un diluvio di notizie in contrasto tra loro, una inondazione di informazioni discordanti.

Ennesima operazione di tensione comunicazionale ansiogena?

È stata organizzata (perché non è possibile che tutto questo avvenga… spontaneamente) una novella operazione di tensione ansiogena, oscillante tra la solita prospettiva minacciosa del “chiudiamo tutto” e quella di “interventi mirati” per il contenimento della pandemia.

Centinaia di articoli giornalistici e centinaia di servizi televisivi hanno riprodotto una grancassa che sembrava essersi almeno in parte ridotta, nelle ultime settimane: ancora una volta, fuochi d’artificio numerici, dati sparati senza alcuna validazione metodologica, rappresentati in modo allarmistico, il tutto condito da dichiarazioni estemporanee di rappresentanti istituzionali, politici, ed esperti di varia natura.

La conferenza stampa di Conte era stata annunciata per le 20: il Premier si è materializzato alle 21:34.

La Rai ha seguito – ancora una volta – il flusso, senza dimostrare alcuna capacità critica, di orientamento analitico: i telegiornali della sera hanno anch’essi alimentato lo stato ansioso-confusionale, fatta salva la notizia che – udite udite… – alle 21:30 il Principe avrebbe parlato alla nazione. Finalmente. E francamente crediamo che la lunga attesa abbia infastidito ed innervosito molti italiani: e che poco importi che il “dietro le quinte” spieghi che la conferenza sia stata rimandata perché era in atto uno scontro tra il Presidente del Consiglio, il Ministro della Salute Roberto Speranza ed il Ministro per lo Sport Vincenzo Spadafora (quest’ultimo ha insistito affinché non venissero chiuse le palestre e le piscine)…

L’ennesimo “discorso alla nazione” di Conte: approccio paternalistico con prospettive cupe

Abbiamo ri-assistito al Conte cui siamo abituati: look elegante, tono pacato, linguaggio neutro, contenuta emotività, approccio paternalistico, vocazione rassicurante alternata a prospettive cupe

Elenca divieti con fare burocratico, emana regolamenti che incidono nella agenda quotidiana di decine di milioni di persone come se questo modo di “governare” il Paese – “bypassando” una volta ancora il Parlamento – sia ormai una “normalità” e non una “eccezionalità”, come dovrebbe essere in una democrazia sana.

Il discorso del Presidente del Consiglio ha avuto come appendice una qualche domanda dei giornalisti ammessi alla corte del Principe, ma il “Tg1” ha dato spazio alla prima domanda (peraltro focalizzata sul Mes, argomento altro rispetto a quel che milioni di spettatori attendevano) ed ha presto ripreso la propria normale programmazione…

Secondo le elaborazioni dell’analista Emanuele Bruno su “TvZoom”, Giuseppe Conte è entrato nella programmazione televisiva italiana dalle 21.35 fino alle 22.50, apparendo su Rai 1, Rai 3, Canale 5 e La 7, oltre che in quella di Tgcom24, Rainews, SkyTg24: oltre 2 italiani su 3 sintonizzati sulla televisione in quell’arco temporale l’ha seguito, per un numero complessivo di spettatori stimabile ai 17,5 milioni. Nei punti ora del “Tg1 Speciale”, 17,1 milioni e 61,7 % di share. “L’Allieva” subito dopo ha vinto facile; Fazio a 3,4 milioni durante il discorso di Conte, D’Urso a 3 milioni, Giletti a 2 milioni.

Più in dettaglio, questa l’esondazione del “Conte time”: sulle tematiche “all-news”, ma anche e soprattutto Rai 1 (con uno speciale del “Tg 1”), Rai 3 (dentro il programma di Fabio Fazio), Canale 5 (da Barbara D’Urso) e La7 (da Massimo Giletti), emittente quest’ultima che ha coperto anche le prime domande della conferenza stampa. Complessivamente – tra le 21.35 e le 21.49 – sulle emittenti fin qui citate, il premier ha incassato quasi 17,5 milioni di spettatori ed oltre il 65 % di share. Su Rai1, i 20 minuti circa del “Tg1 Speciale” con la conferenza stampa del premier hanno registrato 7,4 milioni di spettatori e 26,7 % di share.

Dati quantitativi a parte (e sempiterne perplessità sullo strumento Auditel, che proprio questa mattina ha presentato a Palazzo Madama il suo terzo “Rapporto” realizzato col Censis), ci domandiamo se questa “esposizione” mediatica corrisponda al “gradimento” sociopolitico: crediamo che ormai l’“italiano medio” reagisca con un mix di rassegnazione e rabbia a queste “comunicazioni alla nazione”, e non siamo convinti che questo “mood” comunicazionale produca ulteriore consenso verso il Presidente del Consiglio.

17 milioni di spettatori, ma una fragorosa assenza dei “perché” delle novelle restrizioni

Osserva giustamente Alessandro De Angelis su “Huffpost” quella che può essere definita “la fragorosa l’assenza dei “perché” delle novelle scelte, ovvero un accenno minimo a un discorso di verità sul Paese e sulla necessità delle misure, rispetto a quelle varate pochi giorni fa: le evidenze scientifiche, i ritardi, gli obiettivi, il quadro di compatibilità possibile. Ai limiti dell’omissione su ciò che evidentemente non è andato – i tamponi, il tracciamento, le file, le mancate assunzioni dei medici – coperti dall’autocompiacimento sulle mascherine distribuite in massa e sui tanti “abbiamo fatto””.

Pochi hanno peraltro notato quel che ha rivelato il sempre informatissimo “Corriere della Sera” (per capire qualcosa realmente della pandemia è ormai indispensabile fare riferimento agli “scoop” a cadenza semi-quotidiana della intraprendente ed informatissima Fiorenza Sarzanini) l’indomani rispetto al Dpcm precedente, quello di martedì 13 ottobre, ovvero che la decisione di limitare a 30 persone la partecipazione a celebrazioni di sorta, ed il “divieto” derubricato a “raccomandazione” (cosa diavolo è poi una “raccomandazione”, a livello normativo?!) a riunioni in famiglia con non più di 6 persone… è stata una decisione assunta autocraticamente dal Governo, avendo il mitico Comitato Tecnico Scientifico sostenuto che non esiste alcuna evidenza scientifica sull’efficacia di simili misure. Il Cts, spesso evocato come il “nume tutelare” della Verità Scientifica, viene talvolta accantonato, e prevalgono ulteriori conati di irrazionalità.

Pannicelli caldi a fronte di un novello disastro imminente?! Nessun intervento sulla principale fonte della pandemia: i trasporti pubblici

L’ennesimo “discorso alla nazione”, al termine di una convulsa serie di riunioni e “cabine di regia” (quante ce ne sono attualmente?!), è riassumibile essenzialmente in due disposizioni: “servizio al tavolo” dalle ore 18 per massimo 6 persone (chi non ha tavolini, deve quindi chiudere), e dipendenti pubblici il più possibile a casa a lavorare da pc. La scuola è scampata (per ora?!) alla ghigliottina: solo per le superiori, è previsto un ingresso scaglionato dalle ore 9, estendibile al pomeriggio, ma è scongiurata quella didattica a distanza (la “dad”), vissuta con preoccupazione dai genitori che – anche da remoto – devono continuare a lavorare. Nessuna ulteriore limitazione a negozi, parrucchieri, estetisti e soprattutto rispetto ai mezzi pubblici di trasporto: questi ultimi sono oggettivamente i principali veicoli dell’infezione. Ristoranti e bar, palestre e centri sportivi, sono gli “osservati speciali”, probabili destinatari di un provvedimento “ad hoc” tra un’altra settimana. Per ora, la chiusura resta alle ore 24, la responsabilità di anticiparla alle 21 se l’accolleranno semmai i Sindaci, i quali – appena letto il testo del Dpcm – sono peraltro insorti: e, di nuovo, ulteriore flusso di dichiarazioni, proteste, lamentazioni, richieste di modificazioni… Confusione su confusione.

Rocco Casalino sempre più co-protagonista mediatico: ha imparato la lezione di Chomsky?!

Come è stato notato, era a favore delle telecamere anche Rocco Casalino, cui era stato ancora una volta deputato il compito di chiamare i giornalisti per gli interventi dopo il punto stampa. In molti hanno osservato come l’inquadratura si sia aperta al termine del discorso del Premier (non un ampliamento del campo, ma uno spostamento di focus): una scelta tecnica precisa e mirata, che ha avuto come obiettivo inquadrare il portavoce del Presidente del Consiglio, che si trovava a lato rispetto a Conte. Insomma, per inserire Casalino nell’inquadratura, la regia ha decentrato le immagini. Una impostazione “iconologica” certamente non casuale: lo ha ben segnalato Francesca Galici sulle colonne de “il Giornale”, con un articolo efficacemente intitolato “Il ‘balletto’ di Casalino che cerca l’inquadratura”. L’impostazione non è sfuggita ai “social media”, che si sono scatenati contro “il posizionamento cinematografico” dell’onnipresente Casalino. Scrive Galici: “ennesimo esempio di come al portavoce del premier piaccia avere i riflettori puntati addosso, come quando al Grande Fratello doveva fare le sue nomination”. Da notare anche che Rocco Casalino, ieri sera, non indossava la rituale mascherina!

Crediamo che – in verità – Rocco Casalino non abbia studiato soltanto – come ironizzano i suoi detrattori – all’Università del “Grande Fratello” – ma su un qualche pamphlet del mediologo radicale americano Noam Chomsky.

Basta richiamare soltanto i titoli del suo “Le 10 regole per il controllo sociale”, per comprendere come la sua lezione sia stata metabolizzata dal portavoce del Premier: (1.) “La strategia della distrazione”; (2.) “Creare il problema e poi offrire la soluzione”; (3.) “La strategia della gradualità”; (4.) “La strategia del differire”; (5.) “Rivolgersi alla gente come a dei bambini”; (6.) “Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione”; (7.) “Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità”; (8.) “Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità”; (9.) “Rafforzare il senso di colpa”; (10.) “Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca”. Non sosteniamo che Casalino abbia imparato a memoria queste “regolette”, ma certamente dimostra di saperne far uso, non meno di quanto riesca peraltro a fare “La Bestia” di Matteo Salvini, ovvero la macchina di propaganda mediatica che segue costantemente il leader della Lega sui “social”. Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa, aggiornata all’epoca del web e del populismo.

Spiega Noam Chomsky la regola n° 1, ovvero della “strategia della distrazione”: “L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione, che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti”.

Va segnalato che questo “decalogo” viene ri-proposto da decine e decine di siti web, ed è stato pubblicato anche in alcuni libri (per esempio, “Media e potere”, Bepress Edizioni, Lecce, 2014), ma è in verità un “mix” di tesi apocrife dell’autore, come ha ben rivelato l’acuto Piergiorgio Odifreddi (vedi il suo post del 16 gennaio 2015, intitolato “Il Decalogo dello pseudo-Chomsky”, nel suo blog “Il non-senso della vita 3.0” su “la Repubblica”). La sostanza, comunque non cambia, si tratta di 10 regole valide e comunque intriganti…

La Rai rinnova la propria inerzia, rispetto al rischio di una infodemia galoppante

Prevale in quest’Italia – malata di pandemia e di infodemia – la notizia sensazionalistica ovvero una numerologia sparata in modo isterico. Manca una informazione ragionata e serena, scevra dal sensazionalismo e dalla polemica. E scevra da pregiudizi: il modo con cui Rai ha trattato l’iniziativa di domenica 11 ottobre 2020 a Roma, la manifestazione del movimento “Liberiamo l’Italia” a Piazza San Giovanni – cui hanno partecipato oltre 2.000 persone certamente assai critiche rispetto al (mal) governo “repressivo” della pandemia ma impropriamente bollate come “negazioniste” – è l’ennesima dimostrazione dell’incapacità di produrre informazione accurata ed equilibrata (torneremo su questo episodio, perché è un caso degno di studio).

Prevalgono “armi di distrazioni di massa”, al servizio del Principe di turno.

E che ne faccia uso anche la Rai è semplicemente disarmante: Viale Mazzini ha perso, ad inizio pandemia (come abbiamo denunciato più volte su queste colonne: vedi “Key4biz” del 3 aprile 2020, “La Rai e l’emergenza virus, cronaca di un’occasione mancata”), la chance di divenire il canale istituzionale ed al contempo il luogo del confronto dialettico rispetto alla fenomenologia pandemica.  Di fronte al rischio di una seconda ondata della diffusione del virus, al Settimo Piano potrebbero ragionare sull’assunzione di scelte coraggiose e radicali, per contribuire al contrasto del rischio di rinnovata infodemia galoppante

E c’è chi già invoca la opportunità – a fronte del caos informativo crescente – di ri-organizzare la rituale conferenza stampa delle ore 18 presso il Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri: in verità, il “Corriere della Sera” dava la notizia della ripresa del rito il 5 ottobre 2020, ma il Capo Ufficio Stampa della Protezione Civile Pierfrancesco Demilito prontamente smentiva.

Alla luce di quel che sta avvenendo, forse è invece bene che vi sia un confronto quotidiano con i giornalisti – con modalità meno ingessate di quelle di cui alla “regia” di Rocco Casalino – e magari affiancando al Comitato Tecnico Scientifico della Protezione Civile opportunamente un Ministro del Governo: questa sì sarebbe una occasione di sano confronto dialettico.


Clicca qui, per il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18 ottobre 2020.

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