L'emergenza

La Rai e l’emergenza virus, cronaca di un’occasione mancata

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Coordinamento editoriale affidato ad Antonio Di Bella di RaiNews e “tavolo sociale” diretto da Giovanni Parapini: apprezzabili ma troppo timide iniziative.

Come abbiamo già avuto occasione di segnalare più volte anche su queste colonne, la pandemia sta producendo una serie di conseguenze a cascata, in una sorta di inquietante effetto-domino, pure nel sistema culturale e mediale.

Tralasciamo la crisi verticale dei fatturati delle industrie dell’immaginario (dal cinema all’editoria passando per la musica), perché le tanto decantate vendite online non compensano il blocco dei consumi “live” (e ci sembra che il Governo sia finora intervenuto con i classici – come s’usa dire a Roma – “pannicelli caldi”), e concentriamoci sul sistema televisivo.

A causa dell’essere rinchiusi dalle draconiane norme dello Stato nelle gabbie domestiche, i consumi televisivi dei cittadini aumentano (secondo alcune stime, la “platea” media è cresciuta di oltre 4 milioni di persone), e forse anche Rai – servizio radiotelevisivo pubblico – ne dovrebbe approfittare: non per gongolare del meccanico e prevedibile incremento della fruizione dei propri programmi, ma per porsi dei quesiti profondi, storici e rinnovati, sul proprio senso nella società digitale.

Rai non sembra infatti essere finora riuscita ad approfittare della grande chance che la pandemia le ha posto di fronte, come su un piatto d’argento: “approfittare” dell’emergenza per rilanciare la propria funzione di servizio pubblico, per rifocalizzare il proprio profilo identitario, per ridare senso strategico alla propria funzione nella società italiana. Abbiamo proposto, per esempio, che RaiNews24 divenisse il “canale istituzionale” dell’informazione sull’emergenza, costruendo un format straordinario di rimodulazione del canale “all news”, ma soltanto timidi segnali sono giunti dai vertici aziendali, con prudenti “innesti” di servizi del canale “all news” nelle reti principali (andando a sostituire alcune edizioni minori di Tg1 e Tg2)…

L’Osservatorio Rai contro le fake news: era ora!

Martedì 31 marzo è stato annunciato da Rai l’avvio di un Osservatorio permanente per combattere le “fake news” sul coronavirus.

L’Amministratore Delegato della Rai Fabrizio Salini – che ne ha parlato anche intervenendo martedì a “Unomattina” – lo ha descritto come “ulteriore sforzo del Servizio Pubblico nell’informare correttamente il Paese”. Ha sostenuto Salini: “oggi le fake news sono un veleno che rischiano di minare l’informazione corretta e minare la coesione sociale. Rai, sulla coesione sociale e l’inclusione sociale, ha un compito essenziale, noi oggi mettiamo in campo un ulteriore strumento in grado di unire il Paese e di dare dei segnali positivi”.

L’iniziativa è apprezzabile, ma ci si domanda: si doveva forse attendere l’emergenza virus per mettere in atto questo importante “Osservatorio”, se è vero che esso era previsto fin dal “Contratto di Servizio” tra Stato e Rai per il quadriennio 2018-2022???

Questo contratto di servizio – dalla valenza purtroppo spesso evanescente – prevede all’articolo 25 (lettera “e.”), che la Rai debba “attivare strumenti finalizzati a contrastare la diffusione di (fake news) e prevedere in proposito: l’istituzione di un osservatorio interno permanente; lo sviluppo di specifici prodotti di natura educativa e didattica; la realizzazione di iniziative di promozione riguardo ai rischi derivanti dalla diffusione di notizie false”.

È stato precisato da Salini che l’iniziativa è prevista dal “Contratto di Servizio” e finanche dal “Piano Industriale”. Effettivamente…

Ed in effetti, appunto, perché viene così tardivamente attivata questa iniziativa (e peraltro sembrerebbe focalizzata soprattutto sull’emergenza virus), se questo “Osservatorio” doveva essere in funzione da… due anni???

Segnaliamo che l’“Approvazione del Contratto Nazionale di Servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai – Radiotelevisione italiana S.p.A. – 2018-2022” è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana giustappunto il 7 marzo 2018 (duemiladiciotto): oltre due anni fa…

Come dire? Meglio tardi che mai…

Viene costituita una “task force” coordinata dal Direttore di RaiNews24 Antonio Di Bella, con Gerardo D’Amico (giornalista che per la testata “all news” gestisce il settore medico/scientifico) Segretario Organizzativo. Di Bella ha spiegato: “abbiamo sentito l’esigenza di comporre un comitato scientifico di virologi, medici e uomini di scienza, che permetta di valutare volta per volta le molte informazioni che arrivano in maniera tumultuosa sulle nostre scrivanie relativamente al coronavirus”.

A Di Bella, Rai affida il “coordinamento e ottimizzazione del flusso informativo relativo sia ai telegiornali sia ai programmi informativo delle Reti ed il presidio e coordinamento di tutte le iniziative di contrasto al fenomeno delle cosiddette fake news”.

Di fatto, Antonio Di Bella assume il ruolo di Coordinatore editoriale di Viale Mazzini (che fu affidato a suo tempo a Carlo Verdelli dall’ex Dg Antonio Campo Dall’Orto), seppur “circoscritto” temporalmente – sembrerebbe – alla fase dell’emergenza virus.

Fabrizio Salini: “rischiamo il corto circuito informativo”, meno focus sul virus?!

Lunedì scorso 30 marzo, Fabrizio Salini, in una lunga riunione con direttori di reti e di testate, ha però segnalato l’esigenza di ridurre l’“overdose” di informazioni sul virus, di combattere la cosiddetta “infodemia”, ovvero il continuo sovraccarico di notizie vere, incerte, false, manipolate: “stiamo generando troppa ansia nella gente e rischiamo il corto circuito informativo. Del covid, si devono occupare i tg e le trasmissioni preposte, per il resto cerchiamo di allentare la tensione”.

Immediata è stata la reazione da parte di coloro – soprattutto testate del centrodestra (“Libero” in primis) – che temono che questo ruolo di “coordinamento” vada ad “imbavagliare” la libertà dei giornalisti Rai che magari propongono letture disallineate dell’evoluzione della pandemia. Viene sempre evocato il fantasma del MinCulPop, in casi come questo. Esemplare il caso della notizia – parzialmente smentita, almeno dalle istituzioni preposte – della ipotetica eccezionale capacità di cura del farmaco Avigan, lanciata su YouTube dal farmacista italiano in Giappone Cristiano Aresu… Si è trattato di “fake news” e di novello caso simil-Stamina oppure di informazione comunque utile, seppur distorta?! Fatto è che l’Agenzia Italiana del Farmaco ha comunque inserito questa medicina tra le varie da sottoporre a sperimentazione… Quale sarà la “linea editoriale” della Rai, in casi come questo? Allineamento editoriale di Rai tutta o autonomia dei giornalisti e delle testate?! La tematica è veramente delicatissima.

Nasce il “Tavolo Sociale” Rai

È stato poi attivato, da martedì 31 marzo, un “Tavolo Sociale” Rai, affidato a Giovanni Parapini, ex Direttore della Comunicazione di Viale Mazzini (ai tempi di Antonio Campo Dall’Orto), con il compito di coordinare le attività della Rai in campo sociale – con particolare attenzione al “terzo settore” in senso lato – ma anche di proporre iniziative di sensibilizzazione nella lotta contro il covid. Parapini è attualmente “Senior advisor Rai per il terzo settore la Coesione Sociale e la Responsabilità Sociale” ovvero “Consigliere dell’Amministratore Delegato per i temi del Sociale”. In un’intervista del 20 marzo ad Adnkronos, dichiarava “stiamo lavorando al ‘Manifesto del Subito Dopo’, che vedrà la televisione pubblica impegnata in un lavoro di unificazione degli italiani”…

In questo caso, l’Amministratore Delegato Fabrizio Salini ha così benedetto l’iniziativa: “il Tavolo, che accoglie le sollecitazioni di vari soggetti istituzionali e del Cda Rai, intende mettere i temi sociali al centro dell’offerta complessiva del gruppo Rai… è questo un dovere del servizio pubblico e sono particolarmente orgoglioso di aver dato vita a uno spazio di confronto, di costruzione di contenuti e di attività tanto all’interno che all’esterno della Rai”.

I maligni sostengono che l’iniziativa – certamente commendevole in sé – sia soltanto un contentino dato ai due membri del Consiglio di Amministrazione Rai, Rita Borioni (in quota Partito Democratico) e Riccardo Laganà (rappresentante dei lavoratori), che il 19 marzo avevano manifestato una simile istanza, sostenuta anche dall’Usigrai. I due consiglieri hanno pubblicato una lettera aperta sostenendo che la Rai, in questo complesso periodo di emergenza, “ha il dovere e l’urgenza di produrre e promuovere una programmazione dedicata ai temi del sociale, di supporto al terzo settore, alle persone fragili, con disabilità e alle loro famiglie… Dare voce e spazio a quelle competenze che per anni si sono occupate di sostenere e accompagnare chi vive difficoltà già grandi in tempi normali e che in queste settimane deve affrontare ostacoli e problemi, materiali e immateriali, ancora maggiori”. In questo senso, il riferimento è alle “persone autistiche o con sindrome di Asperger, ma anche alle persone sole, agli anziani, o ai giovani e giovanissimi costretti dalle circostanze a mettere in pausa la loro vita sociale proprio nella delicatissima fase della crescita, con conseguenze difficili da prevedere”. Il comunicato di Borioni e Laganà si chiudeva così: “in questo senso, la Rai deve farsi perno e motore di un’offerta al pubblico di strumenti corretti di decodificazione di quanto accade, ma anche facendosi promotrice di inclusione e coesione sociale per uscire, speriamo a breve, ancora più forti dalla crisi sociale ed economica nella quale la pandemia ci sta scaraventando”.

Il consigliere indipendente Riccardo Laganà, qualche giorno prima (l’11 marzo, in una intervista a “Fanpage”), aveva peraltro rilanciato l’idea, rispetto all’emergenza virus, di “un contenitore unico, in cui s’alternino l’informazione e i principali volti dell’azienda”. Si tratta di una proposta non lontana da quella che abbiamo avanzato su queste colonne, di rimodulazione di una RaiNews24 “riformattata” sull’emergenza, anche come “canale istituzionale” dello Stato.

In Italia, non c’è ancora una “cabina di regia” dell’informazione istituzionale sul virus

Segnaliamo che peraltro permane uno stato confusionale nei flussi informativi istituzionali rispetto alla pandemia: ci limitiamo ad osservare che alla tradizionale quotidiana conferenza stampa delle ore 18 del Capo Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli, si sono affiancate, da un paio di settimane, una conferenza stampa dell’Istituto Superiore di Sanità (presieduto dal professor Silvio Brusaferro) il martedì ed il venerdì, e il lunedì ed il sabato una conferenza stampa del Commissario Straordinario Domenico Arcuri

Da non crederci: nella giornata di martedì scorso, i giornalisti che seguono le dinamiche dell’epidemia hanno dovuto seguire 3 conferenze tre, nell’arco di poche ore (anche chi redige queste noterelle ha dovuto affrontare la peregrinazione nelle tre “chiese”): alle ore 12, Arcuri; alle 14.30, Brusaferro; alle 18, Borrelli. Surreale, anzi ridicolo, ma così “va” il nostro Paese.

Anche da questa curiosa fenomenologia – dai tratti coreografici ai limiti del surreale – si ha conferma della perdurante assurda totale assenza in Italia di una “cabina di regia” informativa dell’emergenza, e si ripropongono flussi ridondanti di informazione, inevitabilmente destinati ad entrare in conflitto tra loro, generando confusione nella popolazione…

Senza poi qui entrare nel merito di “statistiche” erratiche (spesso numeri in libertà!), che continuano ad essere incomplete: ad oggi, incredibilmente nessuno in Italia è in grado di sapere quanti sono i decessi avvenuti nelle abitazioni e nelle residenze per anziani, eppur si tratta di migliaia e migliaia di cittadini, le cui morti restano – ahinoi – tragicamente “nascoste”. Abbiamo denunciato questa grave dinamica anche su queste colonne (vedi “Key4biz” del 27 marzo, “Covid e dataset, i ‘numeri’ dell’emergenza sono incompleti”), ma purtroppo fino ad ora sembra essere rimasta inascoltata, anche se il Commissario Domenico Arcuri ci ha risposto che ha coscienza del problema.

Dal “Tavolo Sociale” al “Bilancio Sociale” Rai…

In relazione al novello “Tavolo Sociale” Rai, viene altresì precisato da Viale Mazzini: “il tavolo tecnico è stato pensato come un luogo per coordinare tutte le attività che Rai svolge nel campo del sociale (terzo settore, responsabilità sociale, coesione sociale, accessibilità, bilancio sociale), a cui si sono aggiunte le emergenze derivanti dal Covid 19 che riguardano i disabili, gli autistici, gli anziani e i giovani che non possono andare a scuola. Il tavolo servirà ad avere anche una cabina di coordinamento delle varie strutture che in Rai lavorano attualmente sulle varie componenti afferenti al tema del sociale, facendo una mappatura delle attività esistenti. Compito del tavolo sarà anche quello di fare proposte relative a contenuti, campagne, sensibilizzazioni, call to action che verranno messi a disposizione di reti, testate e direzioni Corporate”.

Apprezzabile iniziativa, ma francamente stupisce un po’ che lo stato di autocoscienza di Viale Mazzini su “cosa” la tv pubblica combina nel “sociale” sia evidentemente ancora piuttosto arretrato… se si deve ancora procedere ad una “mappatura delle attività esistenti” (cioè Rai non lo sa?!) e si invoca una “cabina di coordinamento” (che evidentemente fino ad oggi non c’è stata?!).

E stendiamo un rinnovato velo di penoso silenzio su una questione correlata, ovvero su quel che non sta accadendo in materia di “Bilancio Sociale” Rai: seppure esista una precisa direzione aziendale interna che è preposta a questa attività. Ricordiamo che l’ultimo “bilancio sociale” Rai è stato approvato il 9 maggio 2019, in relazione all’esercizio 2018, ma esso non è mai stato oggetto di una presentazione pubblica, e “Key4biz” si può ancora fare vanto di essere stata l’unica testata giornalistica (vedi “Key4biz” del 5 luglio 2019, “La Rai pubblica il ‘Bilancio Sociale’ 2018 senza avvisare nessuno”) ad aver dedicato attenzione a questo importante documento. Il “Bilancio Sociale” Rai 2018 è quindi rimasto relegato ad una circolazione semi-clandestina (ci si domanda – tra l’altro – semmai sia stato letto dalla Commissione bicamerale di Vigilanza…). Si spera che, per quanto riguarda quello relativo all’anno 2019, esso presenti il necessario salto di qualità e si possa prevedere una presentazione pubblica all’altezza delle aspettative della comunità degli “stakeholder” del servizio radiotelevisivo pubblico. Si ricorda che nel luglio 2019 Maurizio Rastrello (già Direttore dello Staff del Direttore Generale/Amministratore Delegato dal dicembre 2017 al marzo 2019) è stato nominato Direttore della Struttura Bilancio Rai.

Rai tutta “culturale”: le provocazioni di Avati, Galli della Loggia, Arbore, dell’Anac, e la reazione (retorica) di Foa

Nemmeno l’idea, lanciata soprattutto dall’appassionato Pupi Avati, di una “concentrazione” della Rai, in questo periodo emergenziale (che durerà verosimilmente ancora settimane, se non mesi), sulle tematiche culturali ovvero sull’offerta di cultura, sembra sia stata concretamente accolta.

Il regista bolognese ha lanciato la sua provocazione il 22 marzo sulle colonne de “il Giornale” ed il 24 marzo lo ha rilanciato dalle colonne del quotidiano “La Stampa”: una sorta di appello affinché Rai sconvolgesse i propri palinsesti, proponendo buon cinema, buon teatro, buona musica, per approfittare dell’occasione per “far crescere culturalmente il Paese”.

Il 23 marzo Ernesto Galli della Loggia ha pubblicato un editoriale sul “Corriere della Sera” intitolato “Un canale Rai per arte e cultura”, sostenendo che “oggi come non mai abbiamo bisogno di cose alte e profonde, ed è anche per questo che ci serve un servizio pubblico”. Il 27 marzo “Il Corriere della Sera” ha pubblicato una toccante lettera aperta dello stesso regista.

All’appello di Avati, ha fatto seguito il 28 marzo, su “La Stampa”, un intervento del mitico showman Renzo Arbore, centrato sulla necessità di pensare ad una futura “tv made in Italy, non copiata da quelle straniere”, rimarcando come da molto tempo la televisione italiana non abbia prodotto grandi invenzioni.

L’Associazione Nazionale Autori Cinematografici (Anac) ha promosso il 31 marzo un appello nella stessa direzione, che è stato firmato nell’arco di poche ore da oltre 150 registi, attori, artisti, invocando per la Rai “una moratoria alle logiche dell’audience e delle inserzioni pubblicitarie e modificasse e adeguasse i suoi palinsesti sulle tre reti generaliste, in modo da dare al Paese l’opportunità di affrontare i disagi di questa Quaresima di quarantena”. Come?! Rispondono gli autori: “con una più consistente, valida e selezionata offerta di cultura, programmando finalmente i film di ieri e di oggi che hanno reso grande il cinema italiano nel mondo, i grandi concerti di musica classica, di jazz, di pop, i documentari sulla vita e le opere dei grandi pittori, scultori, architetti, la lettura dei testi dei grandi scrittori, il teatro, la poesia, la danza. Va data ai milioni di utenti della Penisola, soprattutto ai bambini, la possibilità di essere indirizzati verso contenuti che non siano di esclusivo intrattenimento”.

Oggi il Direttore de “L’Osservatore Romano”, Andrea Monda, in un articolo intitolato “La Bellezza che unisce e guarisce”, rilancia queste tesi.

Il Presidente Marcello Foa, in una lettera aperta indirizzata a “La Stampa” lunedì scorso 30 marzo, ha dichiarato “raccontare la Cultura in Tv può far risorgere l’Italia”. Al di là delle belle intenzioni, e della retorica di rito (basti citare alcune parole utilizzate nella epistola, a cominciare da “risurrezione”…), non ci sembra che vi sia stata una rimodulazione dei palinsesti che abbia dato maggiore spazio – disseminazione nei palinsesti delle reti generaliste – ai programmi di Rai Cultura, o ci sia stata una minimamente significativa modifica della struttura dell’offerta. Sostiene Foa, “accolgo gli appelli”, ma precisa “nei modi e nei tempi appropriati”. Diplomaticamente elusivo. Insomma, verosimilmente non se ne farà nulla. Foa ricorda che “una rete dedicata alla cultura esiste già: è Rai5, anzi ne abbiamo due, c’è anche Rai Storia”, e ringrazia Silvia Calandrelli, direttrice della struttura Rai Cultura (ed anche di Rai3). Verosimilmente non ha colto (non ha voluto cogliere) il senso della provocazione di Avati. E sia peraltro consentito osservare che nel 2019 la share media di Rai5 è stata dello 0,41 %, mentre quello di Rai Storia è stato dello 0,29 %: insomma, assieme i due canali culturali Rai non raggiungono nemmeno un 1 per cento di share nelle 24 ore.

Lentezza, ritardo, debolezza della Rai di fronte all’emergenza

Quel che stupisce, conclusivamente, è la lentezza, il ritardo, la debolezza con cui Rai interviene, anche rispetto all’emergenza covid: è vero che la pandemia ha congelato il “Piano Industriale” (e certamente ha paralizzato gran parte del Paese) ma Viale Mazzini potrebbe svolgere al meglio il proprio ruolo, attrezzandosi con le adeguate strumentazioni.

Ci vorrebbe però coraggio, molto coraggio. Quello che si deve saper dimostrare nei momenti di difficoltà, nelle fasi di emergenza. E serve “evidence-based policy making”. In argomento, ci si domanda anche se Rai ha avviato in queste settimane, con la necessaria urgenza, uno studio comparativo internazionale su come i “public service media” degli altri Paesi europei stanno reagendo all’emergenza virus: probabilmente, qualche esperienza positiva da emulare c’è…

Anche il deficit cognitivo e di autocoscienza della Rai permane purtroppo profondo e grave assai.