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Come l’intelligenza artificiale sta cambiando il gaming (e viceversa)

Esattamente due mesi fa Lee Sedol – uno dei più grandi fuoriclasse della storia del Go, l’antichissimo gioco cinese di strategia – si è ritirato dal mondo del gaming ad appena trentasei anni.

Il motivo è una di quelle cose che fanno rizzare le antenne ai complottisti convinti che in un futuro prossimo saremo tutti governati dai robot: Lee ha infatti ammesso che AlphaGo, l’intelligenza artificiale sviluppata da Google (Alphabet) tramite la sua controllata DeepMind, è di fatto imbattibile.

E sì che il coreano, diciotto volte campione del mondo, è stato l’unico, nel 2016, a strappare almeno una vittoria su cinque al cervellone elettronico: una vittoria di Pirro, perché la nuova versione di AlphaGo, AlphaGo Zero, subito dopo l’incontro con Lee ha stracciato 100 a 0 il suo predecessore dopo pochissimo allenamento.

Insomma, come ai tempi dell’epica sfida a scacchi tra Deep Blue di IBM e Garry Kasparov, il computer ha avuto la meglio su millenni di strategie umane, e la situazione non potrà che diventare ancora più complessa in futuro.

Come si può battere un macchinario in grado di prevedere tutte le possibili varianti di gioco decine di mosse più avanti o utilizzare un database con migliaia di partite e le tattiche di tutti i migliori maestri?

La stessa cosa è accaduta in uno dei giochi di strategia, questa volta al computer, più amati da milioni di appassionati, StarCraft 2: DeepMind ha infatti messo a punto AlphaStar, IA che già ora è superiore al 99,8% dei giocatori umani, in un contesto che è sicuramente meno elegante del Go ma che appare ancora più impressionante per variabili, scenari, strategie laterali.

IA e videogiochi, una storia lunga

L’intelligenza artificiale e il gaming digitale sono stati compagni da subito (quanti hanno memoria dei tentativi di anticipare le strategie degli affamati fantasmini di PacMan), e la relazione diventa sempre più stretta man mano che il mobile gaming diventa la forma di videogioco più praticata al mondo in assoluto, come ha mostrato l’ultimo rapporto di App Annie.

Con la complicità di tariffe sempre più convenienti per Internet mobile (su SosTariffe.it si possono comparare quelle dei vari operatori italiani alla ricerca di quella più adatta per le proprie esigenze), la spesa per i giochi su smartphone nel 2021 arriverà almeno a 90 miliardi di dollari, e una delle frontiere più interessanti in questo mercato in continua espansione è proprio quella dell’intelligenza artificiale.

Allo studio ci sono aspetti come il pathfinding, ovvero la capacità di identificare il percorso più breve tra due punti (i già citati fantasmini); il comportamento dei cosiddetti NPC o Non-Player Characters, ovvero le “comparse” guidate dal computer che hanno condotte sempre più indistinguibili da quelle di giocatori umani; o la Superior Gameplay AI, che genera nuovi contenuti per un’esperienza di gioco unica permettendo agli avversari gestiti dal telefonino di sviluppare proprie strategie e diventare man mano sempre più bravi. Di nuovo, proprio come gli umani.

Dal gioco alle auto che si guidano da sole

Se tutto questo può sembrare piuttosto vano, o perlomeno teso esclusivamente a una logica di bieco profitto – l’intelligenza artificiale più sofisticata per convincere più giocatori possibile a scaricare il nostro gioco e a farci diventare ricchi – in realtà le ripercussioni su attività più serie. Project Malmo di Microsoft utilizza Minecraft, da sempre uno dei giochi più scaricati su App Store e Play Store, per studiare le interazioni tra l’intelligenza artificiale e gli umani; la piattaforma della noprofit OpenAI, Universe Program, permette agli sviluppatori impegnati nel trasformare in realtà il sogno delle auto self-driving addestrano i propri algoritmi con Grant Theft Auto.

Grandi speranze arrivano dall’intelligenza artificiale anche per la realtà virtuale, altra grande promessa che stenta un po’ a diventare, facili battute a parte, una realtà concreta. LG sta utilizzando l’IA per diminuire il “mal di mare” che colpisce moltissimi di coloro che indossano i visori, uno degli ostacoli più grandi per una commercializzazione davvero su larga scala e non soltanto limitata agli appassionati delle ultime novità tecnologiche; Facebook, con il framework DeepFocus, è invece impegnata a utilizzare l’intelligenza artificiale per creare effetti di focalizzazione realistici, in modo che il visore “sfochi” a dovere una porzione dell’immagine che non stiamo guardando ed è lontana dall’oggetto in primo piano, così come accade nel mondo reale.

Verso gli “allenatori virtuali”

E a puntare sull’intelligenza artificiale applicata al gaming ci sono i veri colossi del mobile, come le cinesi Baidu e Tencent. Per capirci, Tencent è quella che nel 2019 ha conquistato il primo (PUBG Mobile), il terzo (Honour of Kings) e il quinto posto (Game for Peace) nella classifica degli utenti mensili attivi a livello mondiale, oltre al secondo posto (sempre con PUBG Mobile) per quanto riguarda i download assoluti. Nel 2016 Tencent ha aperto un laboratorio a Shenzen con l’obiettivo di “portare l’IA dappertutto” concentrato su quattro settori: contenuti, servizi social, servizi cloud e, appunto, giochi online. Un esempio? Il sistema di intelligenza artificiale Wukong AI, che qualche mese fa ha inflitto una sonora sconfitta a un team di giocatori professionisti umani in uno dei suoi fiori all’occhiello, appunto lo scaricatissimo Honour of Kings.

I giochi come HoK sono particolarmente complessi per alcuni fattori, come la complessità computazionale, la presenza di agenti multipli, l’incompletezza delle informazioni (nel Go la scacchiera è immediatamente visibile nella sua interezza a tutti i giocatori, mentre nei giochi RTS e MOBA parte della mappa è nascosta e diventa visibile man mano) e il numero delle mosse necessarie per arrivare fino alle fine (una partita di Go di solito prevede circa 361 mosse, mentre Honour of Kings non meno di 20.000).

Secondo Tencent, WukongAI aiuterà a “fornire dati, strategie di collaborazione, analisi in tempo reale e raccomandazioni per i giocatori professionali”, un po’ come un digital coach a fianco che ci dice quando stiamo per sbagliare o se una strategia è potenzialmente più efficace di un’altra. L’unico rischio è che fra un po’ i computer si sfideranno da soli, e a noi non rimarrà che tifare, da spettatori, per l’uno o per l’altro.

Fonti:

https://www.digitalinformationworld.com/2020/01/gaming-and-artificial-intelligence.html

https://bernardmarr.com/default.asp?contentID=1502

https://www.appannie.com/en/insights/market-data/state-of-mobile-2020-infographic/

https://medium.com/syncedreview/tencent-ai-trounces-pro-team-in-chinas-1-mobile-game-78ea79b7daa9

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