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Come i gruppi social sono diventati la nuova frontiera del sapere

di Wanda Mereu, digital consultant |

I gruppi nei social, da sempre punto di ritrovo per appassionati e curiosi desiderosi di apprendere o informarsi in maniera specifica su un determinato argomento, sono diventati oggi un vero e proprio luogo di incontro, raggiungendo numeri di iscritti molto elevati e ampliando la loro apertura alle tematiche più svariate.

I gruppi nei social, da sempre punto di ritrovo per appassionati e curiosi desiderosi di apprendere o informarsi in maniera specifica su un determinato argomento, sono diventati oggi un vero e proprio luogo di incontro, raggiungendo numeri di iscritti molto elevati e ampliando la loro apertura alle tematiche più svariate.

Nati oramai oltre dieci anni fa, sia su Facebook che su LinkedIn, nel corso del tempo hanno subito modifiche e perfezionamenti in modo da risultare ottimizzati ed efficaci per chi decide di farne parte e per chi vuole creare il proprio business. Sono comunità quasi sempre ben regolamentate e gestite da amministratori che si occupano di seguirne l’andamento e di garantire il rispetto delle regole.

Nello specifico esistono 3 tipologie di gruppo:

  • Aperti, in cui basta iscriversi e si è già pronti per interagire con la community;
  • Chiusi, dunque bisogna richiedere iscrizione ed essere accettati;
  • Segreti, la tipologia meno conosciuta, dei quali bisogna innanzitutto sapere della loro esistenza, per poi essere ammessi solo previo contatto e richiesta di inserimento all’amministratore o di un membro di quel gruppo.

Secondo un’indagine condotta dell’Università di New York sull’impatto delle community online nel 2021, 1,8 miliardi di persone sono gli iscritti ad almeno un gruppo social; un numero impressionante e in continua crescita.

Se da un lato registrarsi a queste piccole fette di realtà virtuale porta un senso di appartenenza o soddisfa un bisogno prettamente pratico, come l’acquisto o lo scambio di un determinato oggetto, dall’altro possiamo subito notare come tale nuovo mezzo di inclusione abbia modificato il senso di ricerca del sapere e della formazione.

Esistono infatti numerosi gruppi in cui si discute di tanti argomenti diversi, in cui ci si può imbattere in persone che quotidianamente affinano, con sfrenata curiosità, le proprie passioni. Per fare un esempio, prendendo in analisi il settore Piante su Facebook, ci accorgeremo immediatamente quanti gruppi includono la keyword in questione. Troveremo “Piante che passione” una community estremamente densa composta da 231.254 piccoli e grandi pollici verdi, radunati a reperire una miriade di informazioni e consigli sulla tematica. Gli iscritti potrebbero essere laureati o semplici appassionati, uomini o donne, adulti o ragazzi, pensionati e non, con un unico obiettivo: crescere e informarsi su quello specifico argomento.

Il sapere però è infinito, gli utenti lo sanno e non vogliono togliersi nessuna opportunità. Così, da una semplice categoria, verranno creati molti sottogruppi. Nascono quindi, giusto per approfondire l’esempio precedente, “consigli piante d’interno e bonsai” (120.215 membri), “Piante aromatiche e officinali”  (33.489 membri),  “Identificazione malattie e parassiti delle piante” (145.102 membri) e moltissimo altro ancora. Questo fenomeno avviene per ogni singolo settore e argomento.

Capiamo bene che chiunque decida di formarsi su un determinato tema sia nel luogo adatto per plasmare il sapere secondo le proprie esigenze, rendendo la sua esperienza formativa su uno o più argomenti totalmente unica e inimitabile poiché potrà selezione gli stessi e le singole informazioni in maniera del tutto personale.

La condivisione messa a disposizione dagli altri utenti permette di diventare esponenzialmente informati in breve tempo su una specifica tematica e di arricchire il proprio bagaglio culturale.

Si può apprendere in maniera molto semplice ponendo domande agli altri utenti oppure, banalmente, con il nostro scorrere quotidiano del feed delle bacheche, soffermando l’attenzione su dubbi e soluzioni postate dagli altri utenti.

L’algoritmo creerà un’esperienza personalizzata basata sulla selezione di ciò che potrebbe attirare i maggiori interessi. Questo farà sì che la nostra cura venga posta in maniera automatica su informazioni difficilmente reperibili all’interno dei libri. I gruppi diventano quindi un vero e proprio luogo di scambio di conoscenze, in cui si possono incontrare delle stimolanti domande e delle valide risposte e scambiare opinioni e know-how che ci faranno crescere sia dal punto di vista personale che professionale.

Oltre ciò, possono essere una possibile fonte di guadagno per le aziende che decidono di investire in community dove sponsorizzano e parlano dei propri prodotti. Chi gestisce queste aggregazioni, infatti, deve sviluppare il giusto entertainment, far rispettare le regole e creare un clima disteso e positivo. Ricordiamoci che, se lo si fa per conto di un’azienda, bisognerà far conoscere il prodotto o servizio in modo da incrementare la popolarità e le vendite dello stesso.

Questi e altri meccanismi che regolano l’esperienza social sono avvolti da un certo mistero, affascinano e sono in continuo mutamento ma possono diventare una grossa opportunità lavorativa grazie anche a scuole altamente specializzate come Digital Coach. Studiare e comprendere la gestione di queste community social, permetterà di trasformare una passione in un lavoro, contribuendo a creare ancora di più ambienti di spessore, coinvolgenti e dall’intento costruttivo.