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Coinvestire con l’incumbent o coinvestire con lo Stato?

Sono stati già scritti e pubblicati diversi studi sull’argomento della rete unica e del coinvestimento. Nessuno intende rinnegare la loro validità. Tuttavia, uscendo dall’ambito filosofico-speculativo che ha analizzato i vari tipi di co-investimento, va chiarito che il nuovo Codice europeo fa riferimento solo ad un preciso modello di coinvestimento rilevante, ossia quello che include un operatore notificato con significativo potere di mercato.

Non si parla quindi, di coinvestimenti tra altri operatori non-notificati, semplicemente perché non rilevanti ai fini della regolamentazione. Dunque per attivare la normativa e la regolamentazione, intanto si coinveste quando si coinveste con l’incumbent in nuove reti ad alta capacità.

Coinvestire con l’incumbent e coinvestire con lo Stato

Coinvestire con l’incumbent e coinvestire con lo Stato sono due cose diverse dal punto di vista regolamentare e competitivo e spieghiamo adesso perché. 

Anche se non è elegante intervenire nel corso di una consultazione pubblica aperta, ossia quella con cui il BEREC sta delineando le linee guida per l’attuazione dell’art 76 del Nuovo Codice, alcuni punti sono chiarissimi già da ora. Dunque qui ci proponiamo di fare chiarezza sui capisaldi della disciplina del coinvestimento rilevante ai fini del nuovo Codice europeo. 

Usciamo quindi dalla teoria, dalla speculazione giuridica e dal campo delle ipotesi.  

Reti ad altissima capacità

Ciò che rileva ai fini delle nuove norme europee è che sia incentivato lo sviluppo di nuove reti ad altissima capacità. Non qualsiasi rete in fibra ottica, e non qualsiasi rete ultraveloce. Il riferimento esplicito è solamente a reti FTTH o FTTB ossia in fibra ottica fino casa dell’utente o sotto il palazzo. In via preliminare quindi non rientra nel perimetro della normativa sul coinvestimento nessun’altra opera infrastrutturale diversa da quella sopra riportata. E siccome stiamo parlando di nuove reti, è irrilevante coinvestire in reti preesistenti o su reti il cui piano di sviluppo è già stato pubblicato. Insomma, non si devono avere vantaggi ingiustificati dalla normativa che andiamo ora a spiegare.

Novità dell’infrastruttura

È rilevante ai fini del coinvestimento, quindi la novità dell’infrastruttura, che non deve quindi essere preesistente. Conta in egual misura anche la scelta tecnologica e l’architettura di rete. Conta il perimetro di rete coinvolta perché da esso discenderà la regolamentazione della rete a valle della infrastruttura oggetto di coinvestimento. Ed è infine rilevante che sia presente l’operatore notificato. Solo se si realizzano queste pre-condizioni si può finalmente parlare di coinvestimento rilevante ai fini normativi.

Perché vogliamo sottolineare questi aspetti? Perché i modelli di coinvestimento non sono un numerus clausus.

Rete unica

A fronte di modelli ricorrenti negli ultimi 10 anni e analizzando anche le fattispecie europee di altri Paesi, il piano della cosiddetta “rete unica” come si va abbozzando in Italia, ha già posto numerosi interrogativi sulla legittimità di una guida da parte di un operatore verticalmente integrato. E su questo punto specifico i dubbi dell’Autorità Antitrust europea sono stati chiarissimi – oggi più che mai – abbiamo anche delle certezze. Un operatore verticalmente integrato, difficilmente potrà guidare una società che ingloba il suo principale competitore sul mercato dell’accesso all’ingrosso alla banda ultra-larga. È sbagliato però pensare che se la guida fosse pubblica, i problemi di cui sopra verrebbero a cessare. Tutt’altro.

L’intervento pubblico

L’intervento pubblico nello sviluppo di reti ad alta capacità può cambiare l’assetto competitivo anche di un insieme di coinvestitori che partecipano con l’incumbent allo sviluppo di una rete ottica FTTH/B e quindi anche se l’incumbent è in minoranza.

I controlli di cui sopra, relativi agli sgravi regolamentari susseguenti al coinvestimento rilevante ai fini del Codice, vengono ad ispessirsi proprio in ragione dell’intervento pubblico.

È una fattispecie, questa, su cui avrebbe maggior senso il riferimento alla normativa sugli aiuti di Stato piuttosto che quella codicistica elettronica. Non ci sono quindi ragioni per ritenere che coinvestire con l’incumbent faccia venire meno il diritto di altri partner – diversi dagli altri operatori – ad accedere al coinvestimento.

Coinvestire con l’incumbent: i possibili partner

Il punto rilevante a questo punto discende dall’analisi e dalla qualità dei possibili coinvestitori. Chi sono, dunque, i possibili partner di un coinvestimento con l’incumbent in nuove reti FTTH/B? Possono essere:

  1. Partner finanziari (banche, fondi ecc)
  2. Altri operatori di fibra
  3. Altri proprietari di infrastrutture (es. towers operators)
  4. Utilities
  5. Operatori TV (in Italia RAI e Mediaset)
  6. Lo Stato (se c’è intervento pubblico). 

Ognuno di questi partner del coinvestimento porta a risvolti importanti ai fini dell’indagine antitrust o codicistica o regolamentare degli accordi di coinvestimento. L’intervento dello Stato nell’economia di un coinvestimento porta ad evidenti interrogativi sul quantum e sul qualis che specifica l’azione pubblica e quindi sollecita l’analisi da un punto di vista ben diverso, che torna ad essere quello sugli aiuti di Stato.

Il rischio regolatorio in questo preciso momento storico non è solamente associato a future analisi prospettiche di mercato e conseguenti imposizioni di remedies da parte delle Autorità coinvolte, ma si basa in primis anche sulla fluidità di una normativa in cambiamento, prima tra tutte, la stessa sugli aiuti di Stato.

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