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Cloud. Enrico Cereda (IBM): ‘I dati dei clienti vanno protetti e non confusi con il proprio business’

Stamane appuntamento con Enrico Cereda, amministratore delegato di IBM Italia per parlare di innovazione, formazione e crescita economica del nostro Paese nel contesto della fase post emergenza da Covid-19.

L’occasione è stata quella dei Digital Think Coffee, curati da Maurizio Decollanz nella cornice degli IBM Studios di Milano, con tutti gli altri ospiti in collegamento remoto.

Una chiacchierata franca che coincide con il primo giorno di scuola per i ragazzi italiani, quasi a sottolineare l’esigenza di dare luogo a un nuovo corso per la ripartenza del Paese.

La formazione

Tanti gli argomenti trattati, primo fra tutti la formazione. Un tema su cui L’Italia sconta una arretratezza strutturale oltre che culturale e che, come lo stesso Cereda ha sottolineato, potrebbe essere orientato su alcuni snodi fondamentali, primi fra tutti il gap tra materie curriculari delle scuole superiori e materie di studio del mondo universitario, assieme a quel grande buco nero che è la formazione permanente, maggiormente necessaria in quelle fasce di età espulse dal mondo del lavoro dove l’aggiornamento delle conoscenze è il prerequisito per un rientro nelle attività aziendali.

Lo smart working

Il confronto si è poi focalizzato sulle problematiche relative al cosiddetto smart working. “Sarebbe più coretto chiamarlo Telelavoro – ha sottolineato Enrico Ceredal’emergenza da Covid-19 ha obbligato tutti noi a lavorare in remoto, ma in pochi casi sono state cambiate le procedure interne o addirittura l’organizzazione del lavoro. Tali cambiamenti richiedono un grande impegno e un ridisegno in un certo senso dei processi: operazioni complesse che non possono essere dettate dall’emergenza. Ma questo vuol dire che dobbiamo porci il problema, non solo perché l’emergenza potrebbe durare a lungo, ma perché sappiamo già sin da ora che queste forme di prestazioni aziendali e di contribuzioni dei dipendenti in remoto saranno molto diffuse anche in futuro. Questo può rappresentare un momento di crescita per le aziende”.

Dal supercomputer alle applicazioni di Watson

L’amministratore delegato di IBM ha anche fatto riferimento ad alcuni progetti significativi: dal supercomputer IBM allestito assieme al CINECA (che per capacità di calcolo è oggi il nono computer al mondo) alle applicazioni di Watson in ambito di telecomunicazioni con WIND.

Il cloud

Ma il cuore dell’incontro ha virato sui grandi temi del cloud. “Nel mondo solo il 20% circa dei carichi di lavoro è stato trasferito in cloud – ha sottolineato Enrico Ceredail che lascia presupporre che la percentuale italiana sia anche minore. Ma il punto non è la percentuale in valore assoluto sui dati. Occorre distinguere quale sia la complessità dei carichi di lavoro trasferiti in Cloud. Ecco noi crediamo che questo sia il momento di spostare sul cloud senza esitare i carichi di lavoro più complessi e noi sappiamo come maneggiare e sostenere tutti i carichi di lavoro classificabili come mission critical”.

La criticità dei dati

Qui l’attenzione si è spostata sulla criticità dei dati.

Le grandi organizzazioni che offrono servizi cloud sono davvero in condizione di garantire la piena tutela e il pieno rispetto dei dati dei loro clienti, ancor di più se si tratta di dati di Pubbliche Amministrazioni?

Su questo non abbiamo né dubbi e né incertezze – ha concluso Enrico Cereda – Non entro nel merito dei comportamenti altrui, ma per quanto ci riguarda, i dati dei nostri clienti sono protetti non solo nel rispetto formale delle norme, a partire dal GDPR, ma ci guardiamo bene dal mescolare i dati dei nostri clienti con il nostro business. Chi usa i dati dei clienti sa di doversi inevitabilmente trovare nella imbarazzante condizione di diventare un concorrente del suo stesso cliente. Il nostro ruolo è di essere partner affidabili e non competitor dei nostri clienti”.

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