L'analisi

‘Il cittadino digitale destinatario delle attenzioni di Istituzioni e operatori’. Intervento integrale di A.M. Cardani

di Angelo Marcello Cardani, Presidente Agcom |

Ecco il testo dell'intervento che il Presidente dell’Agcom Angelo Marcello Cardani ha tenuto al convegno 'Digitali e Responsabili', svoltosi questa mattina a Roma.

La rivoluzione digitale cambia la vita delle persone sotto i più diversi punti di vista. Innanzitutto come cittadini, nella nostra aspirazione ad un rapporto più trasparente ed efficiente con le PP.AA, e nell’obiettivo di sfruttare a pieno le opportunità offerte dalla tecnologia per rendere più agevole il nostro quotidiano (penso al telelavoro, alla telemedicina, alla scuola digitale), ma anche come consumatori, come utenti di servizi di intrattenimento (e per quanto riguarda la mia Autorità penso in particolare ai servizi radiotelevisivi e di comunicazione elettronica), come abitanti di una modernità che, con l’internet delle cose, si annuncia profondamente diversa finanche nelle nostre più minute abitudini quotidiane.

Secondo i dati Audiweb trends, nel 2016 l’89%della popolazione italiana adulta (tra gli 11 e i 74 anni), corrispondente a 42,5 milioni di individui, ha disposto di una connessione internet, fissa o mobile. Rispetto al 2015 si registra una crescita dell’accesso ad Internet da device mobili – smarthphone/cellulare (+11,5%), tablet (+15,7%), e una evoluzione positiva, ma assai più contenuta, della connessione da fisso (+ 0,8% da casa e +2,0% dal luogo di lavoro); al contrario, si registra una contrazione degli accessi ad Internet da pc disponibili in luoghi diversi da casa o lavoro (- 5,6%)[1].

Dalla predetta indagine emerge che, in Italia come all’estero, Internet ha innescato un evidente cambiamento delle modalità di comunicazione e nei modelli di consumo in tutti i settori dell’economia. In questo mutato contesto di riferimento acquista rilievo il concetto di consumer empowerment inteso come quell’insieme di processi in grado di aumentare il livello di informazione e di conoscenza, il potere contrattuale, la capacità di comunicare con l’impresa e di trasferire i propri desiderata e, quindi, in certa misura, di influenzare.

Naturalmente, non tutti gli individui traggono, in egual misura, benefici dal mutato contesto tecnologico e di mercato. Si conferma l’esistenza di una marginalità e di una esclusione digitale imputabile al divario generazionale che non deve essere sottovalutata dalle Istituzioni preposte alla tutela del consumatore. Esiste un digital divide strutturale che riguarda le fasce di popolazione anziana o a bassa scolarizzazione che non solo persiste, ma progredisce col progredire dei device e del grado di sofisticazione digitale richiesto agli utenti[2]. Prova ne sia che il numero di famiglie italiane che non risulta disporre di una connessione internet continua ad essere attestato attorno al 30% del totale.

Quanto appena detto trova una sostanziale conferma nelle risultanze del Rapporto Agcom suIl consumo di servizi di comunicazione: esperienze e prospettive” (2016) che evidenzia, peraltro, come Internet denoti un’elevata capacità di engagement: infatti, tra gli individui che dispongono di una connessione, più del 70% di essi si collega praticamente ogni giorno. Questa propensione è maggiore per gli uomini che per le donne (78% degli uomini, negli ultimi 7 giorni si è collegato tutti i giorni o quasi, contro il 70% delle donne) e per le coorti più giovani della popolazione rispetto a quelle più mature. L’età si conferma come il fattore fondamentale che spiega le differenze nella frequenza di uso della rete: se nelle classi più giovani si riscontra il numero maggiore di utenti assidui (circa il 90%, cioè quegli utenti che dichiarano di connettersi ad Internet tutti i giorni o quasi), al crescere dell’età si riduce l’intensità di utilizzo di Internet (poco più dell’80% degli individui nella classe d’età 35-44 anni e meno del 50% tra quelli più maturi). Come abbiamo già visto, l’altro fattore che incide sulla frequenza di utilizzo di Internet è rappresentato dal titolo di studio, considerato anche negli studi accademici come una proxy del livello di alfabetizzazione informatica.

Lo stesso Rapporto Agcom conferma che, nonostante la crescita progressiva delle famiglie che dispongono di un accesso ad Internet da casa (passata dal 2,3% nel 1997 al 66,2% nel 2015) una parte importante della popolazione italiana continua a non averne disponibilità (circa 1/3).

Per quanto riguarda gli effetti della rivoluzione digitale nel rapporto cittadini-istituzioni, ritengo che ci siano alcuni obiettivi prioritari da conseguire e/o consolidare. Li accenno fugacemente perché non costituiscono il focus dell’attività di Agcom.

  • Sviluppare l’amministrazione pubblica digitale e i servizi digitali al cittadino: interoperabilità delle banche dati pubbliche, costituzione di una anagrafe integrata delle PP.AA., fornitura a tutti i cittadini di una carta di accesso ai diversi servizi digitali.
  • Puntare sul telelavoro: un immane risparmio non solo economico, ma in termini di costi sociali e qualità di vita.
  • Incentivare la telemedicina: Non solo i progetti sperimentali di assistenza e cura di patologie croniche presso il domicilio del paziente, attraverso l’uso di tecnologie avanzate, non solo il registro unico digitale del paziente. Ma più banalmente anche la fornitura online di servizi amministrativi di base come il cambio del medico, la prenotazione e disdetta degli appuntamenti, il pagamento delle prestazioni, la consegna dei referti.
  • Consolidare la scuola e l’università digitale: universalizzare i servizi online e generalizzare l’introduzione del registro elettronico di classe.

Dal punto di vista delle Autorità di settore e, in particolare, di Agcom quale Autorità di regolazione del settore delle comunicazioni elettroniche e dei media, occorre tener presente che gli effetti della rivoluzione digitale sui cittadini nella loro dimensione plurale di abitanti della polis, di utenti e di consumatori investono a loro volta molteplici profili che comportano inedite sfide:

Innanzitutto occorre misurarsi con la nuova frontiera di Big Data. Ogni volta che utilizziamo una carta di credito, che inseriamo una password per accedere a determinati servizi, che utilizziamo una carta fedeltà o una tessera di sconto messa a disposizione dalle grandi catene commerciali, che facciamo un acquisto online o una ricerca tramite un qualsiasi browser, compiamo inevitabilmente una piccola cessione di sovranità. E non è più solo un problema di privacy. Ma molto di più perché sono in ballo la capacità di influenzare orientamenti, scelte, attitudini delle persone da parte delle grandi piattaforme digitali. E’ un tema attualissimo e di immani dimensioni.

E’ necessario, inoltre, tutelarsi dall’invasione delle “App”. Sui nostri smartphone, sui nostri tablet, arrivano continue sollecitazioni all’acquisto. Esiste un problema di trasparenza delle offerte. Di trasparenza dei costi. Di conoscenza dei diritti e delle garanzie dei consumatori digitali.

Occorre, poi, metabolizzare la nostra nuova dieta mediatica. Ancora trent’anni fa avevamo una sola piattaforma trasmissiva, rigorosamente analogica, e sette canali televisivi nazionali, con sei di questi, di proprietà di due soli soggetti, che si dividevano il 95% dell’audience. Oggi quegli stessi sei canali arrivano al 70% dell’audience, ed attorno a loro, sulla piattaforma digitale terrestre, è cresciuta una televisione diversissima, tematica, di nicchia, con audience frammentate, ma che presa nel complesso rappresenta quasi il 30% dell’ascolto televisivo, con un centinaio di canali nazionali, di cui una trentina premium (a pagamento). A tutto questo aggiungiamo l’altrettanto ricca offerta satellitare, per lo più a pagamento, e il travolgente protagonismo di internet, ormai avviato a sorpassare la stampa come secondo mezzo di comunicazione e informazione di massa (dopo la tv). Attorno a tutto questo cresce l’offerta di servizi televisivi on demand a pagamento, con tutti i principali player che offrono un proprio servizio di televisione a richiesta. Questo travolgente processo di innovazione che ha mutato gusti, abitudini e modalità di fruizione dei contenuti per milioni di cittadini è sintetizzabile unicamente ricorrendo all’immagine del cambio di scenario e di parametro: mutamento di consumi e attitudini, definitiva messa in crisi dei modelli tradizionali di comunicazione, travolgimento di una intera filiera industriale classica.

Infine, c’è ancora un aspetto della rivoluzione digitale che rimane spesso nell’ombra tra i non specialisti, forse perché abbiamo ancora qualche titubanza culturale (retaggio probabilmente letterario e cinematografico) ad immaginare la robotizzazione di molti piccoli gesti della nostra vita quotidiana. Mi riferisco a ciò che chiamiamo “internet delle cose” o, con linguaggio più tecnico “machine to machine”. L’era del Machine-to-Machine è appena cominciata ma le tecnologie parlanti, ossia oggetti progettati per funzionare autonomamente limitando l’interazione con l’uomo, sono già un dato di fatto.

Si tratta di tecnologie che spalancano opportunità e prospettive di sviluppo, impensabili solo qualche anno fa, in molteplici settori, dall’energia alla domotica, dai trasporti alle telecomunicazioni. Un universo ancora in buona misura da esplorare ma che, già oggi, pone al legislatore ed ai regolatori interrogativi cruciali visti i trend di crescita del fenomeno.

Di quali oggetti parliamo? Per esempio dei contatori elettronici che misurano i consumi delle case di tutti noi. Delle dotazioni intelligenti che sempre più troveremo installate sulle nostre automobili a beneficio della sicurezza o dell’ambiente. Dei mille dispositivi elettronici che inonderanno le nostre case, per guidare e controllare a distanza impianti di sicurezza, interruttori, elettrodomestici. Direi soprattutto di quelle dotazioni che renderanno smart le nostre città e che, ad esempio, ci aiuteranno nel traffico, ci suggeriranno i percorsi più efficienti, ci guideranno nella ricerca di un parcheggio e, più in generale, ci forniranno info in tempo reale.

Occorre, a questo punto, chiedersi quali regole dovrebbero tutelare adeguatamente i diritti cittadini. E’ evidente che questa domanda interroga una molteplicità di Istituzioni.

C’è un profilo di garanzie dei diritti di cittadinanza digitale, che spetta innanzitutto al legislatore, alla politica, ai governi. Si tratta di assicurare pari condizioni ai cittadini nell’accesso e nell’utilizzo delle tecnologie. Ci sono profili che attengono strettamente al tema della riservatezza, della privacy, dell’utilizzo dei dati personali, della tutela dell’integrità della persona nel trattamento dei dati che lo riguardano. Qui c’è un compito importante dell’Autorità di settore.

C’è poi un profilo che riguarda i diritti dei cittadini quali utilizzatori dei mezzi di comunicazione di massa. E qui entra in gioco Agcom, assieme ai soggetti che con essa cooperano (Polizia di Stato, Guardia di finanza, Corecom, Comitato tv e minori) a vigilare su fronti delicati quali la tutela dei minori, la garanzia del pluralismo dell’informazione, la salvaguardia della dignità della persona nel settore televisivo e dei media in genere.

C’è infine un fronte delicatissimo, che è quello della tutela del cittadino nella sua veste di consumatore, che è forse il fronte più esposto a rischi ed abusi per effetto della rivoluzione digitale.

La moltiplicazione dei player e delle offerte di servizi digitali, si tratti dei servizi di telefonia tradizionale, dei servizi di televisione a pagamento, o più facilmente, dell’acquisto di servizi a sovrapprezzo; ed assieme ad essi la moltiplicazione dei canali di vendita (il teleselling, internet, ecc) creano crescenti problemi di trasparenza dell’offerta, di chiarezza delle condizioni di acquisto, di conoscenza puntuale dei diritti (recesso, indennizzi, ecc.). Esiste in particolare un problema di asimmetria informativa tra consumatori e fornitori di servizi.

Su questi fronti come Agcom abbiamo lavorato moltissimo in questi anni e con un bilancio che le stesse associazioni dei consumatori considerano largamente positivo.

Quanto al tema generale di quali regole per la rete, sono tra coloro che ritengono che ad un fenomeno globale dovrebbe corrispondere una regolamentazione globale. In assenza di ciò, e nella ragionevole previsione della irrealizzabilità di questa prospettiva, se devo scegliere tra i modelli che puntano a legislazioni di tipo nazionale (penso alla scelta tedesca nel caso della disciplina dei tempi e delle modalità di rimozione dalla rete di contenuti lesivi) e i modelli che privilegiano le attività di coregolamentazione, e dunque la concertazione tra Istituzioni e imprese di Codici di condotta e regole condivise,  non ho dubbi sulla preferenza da accordare a questa seconda soluzione.

Il carattere decentrato e transazionale delle piattaforme web suggerisce infatti di fondare la strategia regolatoria graduando gli interventi, partendo da un approccio di moral suasion e light-touch regulation che dia precedenza a regimi fondati su obblighi di trasparenza e accountability delle molteplici attività di fornitura di servizi e prodotti, in primis l’informazione, da parte delle grandi piattaforme digitali.

Infine, vorrei soffermarmi sui principali terreni di lavoro per Agcom.

In primo luogo, penso al Servizio universale e alla tutela delle categorie di utenti più deboli nonché al superamento del digital divide. L’attività regolamentare sarà orientata all’introduzione di nuovi strumenti di tutela tesi a evitare i consumi inconsapevoli, introdurre ulteriori misure di trasparenza tariffaria; assicurare l’inclusione sociale, dei disabili e delle categorie svantaggiate. Obiettivo ambizioso, che richiede di superare le perduranti resistenze al riguardo della legislazione europea, sarà quello di includere l’accesso a Internet veloce nel servizio universale.

In secondo luogo, merita di essere menzionata l’attività di Agcom sui temi della trasparenza e della qualità dei servizi nonché quella volta alla tutela dei minori. A tale ultimo proposito, abbiamo appena aggiornato il “Libro Bianco Media e Minori”, con la finalità di rispondere alle nuove emergenze normative e regolatorie derivanti dal consumo dei media digitali.

Non deve essere trascurata, poi, la diffusione della cultura della legalità e alla fruizione di opere digitali. L’Autorità intende, con le altre Istituzioni coinvolte, incentivare un utilizzo sempre più consapevole, sicuro e positivo di Internet e delle tecnologie digitali. Questa attività interessa in particolare due fronti. Da un lato il contrasto al cyberbullismo, all’hate speech, alle fake news. Dall’altro l’intensificazione della sua azione regolamentare contro le violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi.

Ancora, voglio ricordare l’importanza del ruolo ricoperto da Agcom nella tutela del pluralismo e della parità di accesso ai mezzi di informazione digitali. Nel nuovo contesto dei media digitali sarà cura del regolatore adottare approcci e strumenti nuovi che, oltre a guardare con maggiore attenzione alla capacità dei nuovi mezzi di produrre e diffondere contenuti informativi di qualità, siano in grado di operare sulle nuove piattaforme digitali la cui giurisdizione regolamentare e (fiscale) sembra sfuggire dalle maglie della legislazione nazionale ed europea.

Concludo, infine, sottolineando l’importanza di studiare e monitorare la nuova generazione dei servizi digitali. Al riguardo, svilupperemo ulteriormente le attività di analisi e di ricerca che hanno già riguardato in particolare le piattaforme online, i servizi Internet, le nuove reti di comunicazione a banda larga, i servizi Machine-to-Machine. Passaggio significativo, al riguardo, sarà l’appena avviata Indagine conoscitiva congiunta, con l’Autorità garante per la protezione dei dati personali e con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato esistenti sul fronte big data anche ai fini della definizione di un quadro di regole in grado di promuovere e tutelare in misura più efficace la trasparenza e la concorrenza dei mercati digitali, nonché i diritti dei cittadini nell’economia digitale.

Note:

  • [1] Audiweb Trends, “Sintesi e analisi dei risultati della ricerca di base sulla diffusione dell’online in Italia”, dicembre 2016.
  • [2] Secondo Audiweb trends più che il genere (gli uomini adulti italiani che usano regolarmente internet sono il 75% del totale e le donne il 72%), sono la classe di età e il livello di scolarizzazione gli indicatori che fanno da discrimine. Il 98% degli individui di età compresa tra 11-34 anni usa regolarmente una connessione internet. E sebbene l’accesso sia diffuso tra tutti i segmenti di popolazione, si evidenziano tassi di concentrazione molto elevati per i profili più qualificati della popolazione in termini di istruzione e condizioni professionali (il tasso di penetrazione dei laureati supera il 99% a fronte del 68% di coloro che hanno un titolo scuola media inferiore e del 42% per coloro che hanno frequentato solo la scuola elementare o nessuna scuola).