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Cinema ‘made in Italy’: il pollo di Trilussa e l’entusiasmo di Rutelli e Borgonzoni

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Si diffondono dati positivi, minimizzando quelli negativi, ma la vera verità del “box office” cinematografico italiano è diversa: nei primi 6 mesi del 2023 gli spettatori sono stati il 35 % in meno rispetto alla media del triennio pre-pandemia. Rispetto al 2016, siamo a - 47 %.

Dato che qualcuno insinua che chi si dedica a questa rubrica “ilprincipenudo” curata da IsICult per il quotidiano online “Key4biz” possa essere affetto da pessimismo co/s/mico rispetto allo “stato di salute” del cinema italiano, riteniamo opportuno qui “controbattere”, rispetto alla lettura positiva (ed ottimista) della numerologia statistica utilizzando la stessa fonte che viene utilizzata sia dalle istituzioni – rectius, soprattutto dalla Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni – sia dal coro delle due principali “lobby” dell’imprenditoria cinematografica – ovvero l’Anica (produttori) e l’Anec (esercenti) –, per dimostrare che il bicchiere è più “vuoto” di quel che si intende rappresentare.

Non siamo né pessimisti né disfattisti.

Siamo realisti e ragioniamo in modo oggettivo sul dataset disponibile (ovvero i numeri di Cinetel, dato che Siae non ha ancora rivelato i dati della sua rilevazione per l’anno 2022; anche se negli ultimi anni i dati del “campione” Cinetel hanno rappresentato tra il 90 % ed il 95 % del totale dell’universo misurato dalla Società Italiana degli Autori e Editori). Anzitutto rimandiamo al nostro intervento di una settimana fa su queste colonne: vedi “Key4biz” del 6 luglio 2023, “Cinema italiano a picco: solo il 7 % del “box office” ma qualcuno sorride”.

Partiamo quindi – ancora una volta – dalle pubbliche dichiarazioni: l’ultima sortita della Sottosegretaria risale a mercoledì della scorsa settimana, 5 luglio 2023: titolo del comunicato stampa diramato dalla sua gentile addetta stampa Valentina Russo: “Giusta strada per ripartenza sale. Giugno 2023 meglio di pre pandemia”.

Ostinarsi a vedere il bicchiere mezzo pieno, strumentalizzando il dataset: perché?

Dettaglio (i dati, appunto) del Borgonzoni-pensiero: “il mese appena concluso ci consegna infatti un risultato migliore rispetto alla media di presenze registrata nello stesso periodo nel triennio 2017-2019 (+ 7,7 %), invertendo finalmente la tendenza. Nel primo semestre 2023 le presenze sono state 31 milioni e 600 mila (+ 56,4 % sui primi sei mesi del 2022). E in quanto a numero di ingressi, siamo in vantaggio di 16 settimane sul 2022: raggiunto già alla penultima settimana di giugno quanto era stato conseguito da gennaio a inizio ottobre 2022”.

Ma che senso c’è nel confrontare i dati del 2023 con i dati del 2022, anno ancora disastrato dalle conseguenze della post-pandemia?! Le statistiche vanno prese in considerazione nel breve periodo (o medio-lungo), non nel brevissimo.

E poi la conclusione ideologica: “continueremo a lavorare per la piena ripartenza delle sale nella convinzione che si tratti di luoghi fondamentali da un punto di vista sociale e culturale per la vita di una comunità, nonché strategici per la tenuta e lo sviluppo di tutta l’industria cinematografica del nostro Paese”.

Abbiamo già segnalato che questa dichiarazione di Lucia Borgonzoni era curiosamente stata manifestata “il giorno dopo”, a commento dei dati Cinetel presentati al convegno di apertura della XII edizione di “Ciné-Giornate di Cinema”, manifestazione tenutasi a Riccione, dal titolo “Cinema italiano: è vera revolution?” che si era svolto martedì 4 luglio (iniziativa organizzata dalla rivista specializzata “Box Office”, edita dal gruppo e-duesse e diretta da Vito Sinopoli).

Le slide presentate da Cinetel martedì 4 sono state tenute “segrete” per qualche giorno, per misteriose ragioni, e soltanto lunedì scorso 10 luglio viene diramato un primo comunicato stampa che propone i dati di sintesi del primo semestre 2023. Titolo: “221.3 milioni di euro al Box Office e 31.6 milioni di presenze. In aumento del 54% rispetto al 2022. In forte crescita gli ingressi di tutte le fasce sociodemografiche, in particolare il pubblico femminile, i “35-49enni” e i “50+”.”

Prima considerazione Cinetel:

i cinema al 30 giugno 2023 hanno registrato un incasso complessivo di circa 221.3 milioni di € per un numero di presenze pari a 31.6 milioni di biglietti venduti dall’inizio dell’anno. Si tratta di un risultato in termini di presenze del 54 % superiore allo stesso periodo del 2022”.

Incontestabile (2023 su 2022…).

Seconda considerazione Cinetel:

in netto miglioramento anche il confronto con i risultati del periodo pre-pandemico 2017-2019: negli ultimi due mesi il mercato ha recuperato quasi 10 punti in percentuale scendendo al 30 giugno ad un differenziale negativo del 27,9 % in incassi (- 35 % invece le presenze). Al 31/12/22 la differenza negativa era del 48,2 % in incassi e del 51,6 % in presenze”.

Incontestabile (2023 su 2017-2019…).

Il comunicato stampa Cinetel di lunedì 10 luglio (curiosamente riproposto identico dall’Anica anche mercoledì 12 luglio), attinge anche alla ricerca CinExpert per corroborare l’entusiasmo: si legge, al di là del titolo incoraggiante del report “Il pubblico ritorna in sala” (noi avremmo intitolato più realisticamente “Un po’ di pubblico ritorna in sala”!):

Positivi anche i dati emersi da CinExpert, il monitoraggio sulle caratteristiche sociodemografiche del pubblico realizzato per Cinetel dalla società Ergo Research. Crescono, in maniera determinante, il pubblico femminile (+ 80 % rispetto al 2022) e gli ingressi dei “35-49enni” (+ 63 % rispetto all’analogo periodo del 2022). Ancora più netta la crescita, seppure con una % inferiore sul totale, dei “50-59enni” (+ 95 %) e “60+” (+ 73 %). Notizie positive visto che lo scorso anno le fasce più colpite dalle restrizioni pandemiche furono proprio quelle rappresentate dal pubblico più adulto in generale e femminile in particolare. Il recupero di queste fasce rappresenta un elemento fondamentale anche guardando al confronto con il mercato francese: in un mercato con un totale presenze 2,5 volte quello italiano, siamo competitivi sulle fasce centrali (25-49 anni), più deboli nelle altre fasce di età, in particolare nel segmento 60+ che rappresenta il 27 % del mercato francese, con un rapporto quasi 7 a 1 con l’Italia”.

Non entriamo nel merito di CinExpert, anche perché i dati di questa ricerca sono riservati ai committenti, e quindi è arduo poter analizzare al meglio i dati complessivi, non essendo di pubblico dominio i risultati di questa ricognizione di tipo quali-quantitativo. Ed estrapolare soltanto alcuni dei risultati è sempre operazione a rischio di distorsione interpretativa soggettiva.

Provoca però comunque un sorriso osservare come chi commenta questi dati riesca a trovare elementi… “positivi”, nel raffronto tra la Francia e l’Italia, pur riconoscendo – il commentatore ottimista – che si tratta di mercato che ha una dimensione che è ‘2 volte e mezza’ rispetto al nostro Paese! (In verità il mercato theatrical francese ha un rapporto di 3 ad 1 rispetto a quello italiano.)

Ricordiamo i dati oggettivi del cinema “theatrical” nell’anno 2022 (dal 1° gennaio al 31 dicembre):

Francia:       152 milioni di biglietti venduti e quota di mercato dei film francesi al 40 %.

Italia:            45 milioni di biglietti venduti e quota di mercato dei film italiani intorno al 20 %.

Poi, volendo ci si può sempre… arrampicare su specchi numerici, scivolosi assai, e finanche vedere… l’invisibile ovvero l’invedibile (perché inesistente).

Il Presidente della confindustriale Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Digitali, il sempre pacioso Francesco Rutelli, ha peraltro decretato, qualche giorno fa: “il cinema italiano è tornato in salute”. Sarà. Stesso tono fiducioso è emerso nel convegno promosso dall’Anica martedì scorso 11 luglio, intitolato “L’occupazione nella filiera cineaudiovisiva” (in occasione del quale è stato presentato lo studio di Andrea Montanino, Chief Economist e Direttore Strategie Settoriali e Impatto di Cassa Depositi e Prestiti-Cdp, che abbiamo già segnalato ieri su queste colonne: vedi “Key4biz” del 13 luglio, “Politica culturale: molta carne al fuoco, ma anche molte nebbie”). Nessun dissidente, nessun dissenziente. Cheti anche i sindacati: forse attratti dalla entusiasta previsione rutelliana “serviranno 50.000 addetti nei prossimi anni”? anche qui… numeri in libertà! Anzi… “verso l’infinito e oltre”, come recita lo “space ranger” Buzz nel film d’animazione Disney, “Toy Story”. Assenti – completamente – però gli autori (Anac, 100autori, Wgi, Aut-Autori…): forse perché sarebbero stati voce fuori dal coro?! E finanche benedizione dei Presidenti delle Commissioni Cultura di Senato e Camera, Roberto Marti (Lega),  Federico Mollicone (Fratelli d’Italia). Ed apprezzamento di Giorgio Carlo Brugnoni, Consigliere economico del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, nonché Vicecapo di Gabinetto… Come dire? L’ottimismo si diffonde a macchia d’olio…

Interessa qui la conclusione del comunicato stampa Cinetel del 10 (e 12) luglio, che sembra stilato quasi a conforto della Sottosegretaria:

In generale il mercato conferma quindi il trend di crescita dei periodi precedenti facendo ben sperare per i prossimi mesi che vedono grandi titoli italiani e internazionali in uscita e diverse iniziative di promozione per il pubblico”.

Bicchiere mezzo pieno?! Non esattamente…

Come dire?! Bicchiere mezzo pieno, allora?! Non esattamente.

Inevitabile – per quanto finanche banale – il richiamo alla mitica metafora di Trilussa: gli stessi dati possono essere interpretati (e finanche manipolati) in funzione della chiave di lettura adottata.

Quella che parla della statistica è forse fra le poesie più conosciute di Carlo Alberto Salustri, noto con lo pseudonimo di Trilussa: in sostanza, mostra come i dati possano essere presentati in modo strumentale, e fa l’esempio di chi non può permettersi di acquistare (e mangiare) 1 pollo ma, in termini statistici, risulta comunque “titolare” di 1 pollo, perché qualcuno se ne può permettere 2…

Attingiamo – ancora una volta – alla stessa fonte Cinetel: diamo per condivisibile un giudizio complessivamente positivo rispetto ad un qualche primo effetto della campagna “Cinema Revolution” ed in particolare di “Cinema in Festa” (tutti i film accessibili con un biglietto a 3,5 euro, dall’11 al 15 giugno), iniziativa che certamente ha stimolato un incremento, seppur lieve assai, dei consumi, osserviamo con oggettività i dati relativi a giugno 2023.

Rispetto alla media del periodo 2017-2019, il mese di giugno 2023 ha registrato il 17,8 % in più di incassi e il 21,4 % in più di presenze…

Dato oggettivo. Positivo. E va bene.

Aumentiamo però la parentesi temporale, passando da 1 mese a 6 mesi.

Focalizziamo quindi l’attenzione sul periodo “1° gennaio – 30 giugno 2023”.

Nel 2023, dal 1° gennaio al 30 giugno, sono stati incassati dai cinematografi italiani 221,4 milioni di euro, per un numero di presenze pari a 31,6 milioni.

E si concentri l’attenzione su questo successivo passaggio interpretativo (ribadiamo: fonte Cinetel, riportiamo testualmente):

rispetto alla media del periodo 2017-2019 si tratta del 27,9 % in meno degli incassi e del 35 % in meno di presenze (al 31/5 era il 31,8 % in meno degli incassi e il 39,7 % in meno di presenze)”.

Nei primi 6 mesi del 2023, spettatori cinematografici a quota – 35 % rispetto alla media del triennio 2017-2019

In sostanza, nei primi 6 mesi del 2023 gli spettatori sono stati il 35 % in meno rispetto alla media del triennio pre-pandemia.

Gli incassi sono stati del 28 % in meno.

Lo scrive Cinetel, non quei pessimisti (iettatori pure?!) di IsICult.

Tutto ciò premesso… come si può sostenere, seriamente, che la situazione non sia ben grave e assai problematica, al di là di un assai tenue miglioramento?

Perché utilizzare le statistiche per proporre una lettura così positiva, allorquando lo scenario appare critico assai?

Vogliamo tornare indietro nel tempo, ovvero andare oltre al triennio 2017-2019?

Sempre su dati Cinetel: raffronto dei primi 6 mesi del 2023 con i primi 6 mesi del 2016: spettatori 2023 rispetto al 2016 corrispondenti a – 47 % (quasi la metà!), incassi corrispondenti a – 42 %.

E focalizziamo l’attenzione sul cinema “made in Italy”: qui il disastro emerge proprio evidente: spettatori dei film italiani nel 2023 (primo semestre) corrispondenti a – 66 % rispetto all’omologo periodo del 2016, (e stesso decremento percentuale per gli incassi ovvero – 66 %).

Precisiamo la fonte (a scanso di equivoci): Cinetel, “I dati del box office: giugno 2023”.

I dati dei primi 6 mesi del 2023 non sono granché differenti rispetto al disastro del consuntivo intero anno 2022. La ripresa è lieve assai: perché entusiasmarsi autoreferenzialmente?

E segnaliamo quel che la stessa Cinetel fotografava, il 10 gennaio 2023, rispetto al totale consuntivo dell’anno 2022: nell’anno 2022, al “box office” italiano si sono incassati 306,6 milioni di euro, per un numero di presenze in sala pari a 44,5 milioni.

Rispetto alla media del periodo 2017-2019, si tratta più in generale di un calo del 48 % degli incassi e del 52 % delle presenze.

La stessa fonte segnalava che nel corso del 2022 sono usciti in sala 221 film italiani (a fronte dei 147 titoli del 2021): sempre Cinetel, calcolava che i primi 100 titoli portavano ad una percentuale del 95,1 % del totale dei biglietti venduti (sul totale dei film italiani).

Per capirci, la “Top 100” dei film nazionali partiva dal titolo con più spettatori, ovvero “La Stranezza” (per la regia di Roberto Andò), che poteva vantare 840mila biglietti (e 5,5 milioni di euro di incasso), mentre il titolo n° 100, “Power of Rome” (per la regia di Giovanni Troilo) poteva vantare soltanto 5.655 spettatori (e 41.501 euro di incasso!). Si segnala “en passant” che il primo titolo (prodotto da Bibi Film Tv) ha denunciato al Ministero un costo di 10 milioni di euro, ed ha beneficiato di 3,8 milioni du euro di “tax credit”; il secondo titolo (prodotto da Iif) è costato 1,1 milioni di euro ed ha beneficiato di 380mila euro di contributi pubblici…

Non serve che ce lo certifichi ufficialmente Cinetel (si segnala peraltro che non sono pubblici i dati relativi agli incassi dei film italiani che sono al rank dal 101° al 221° della graduatoria), ma, considerando che nel 2022 il totale dei biglietti venduti per film italiani (si noti bene, includendo le coproduzioni) è stato di 9.423.102 spettatori (per un totale di incassi di 60,3 milioni di euro), e, se i “primi 100 titoli” nazionali hanno conquistato un 95,1 del totale degli spettatori di film italiani, ciò significa che… ci sono stati 121 film italici che, considerati assieme, hanno registrato soltanto il 4,9 % del totale del “box office” del cinema “made in Italy”.

Ovvero, in altri termini (e altri numeri): 121 film italiani su un totale di 221 titoli italiani usciti in sala nel 2022, hanno registrato un numero di spettatori inferiori comunque a 5.655 spettatori (dato del succitato titolo n° 100), ed hanno raccolto nel complesso – tutti assieme (questo “sub-insieme” di 121 titoli) – 461.722 spettatori.

Se, per ipotesi di lavoro, si pensasse ad una equidistribuzione del fenomeno (“tutti i film hanno avuto lo stesso numero di spettatori”), si potrebbe dividere quei 461.722 spettatori per questi 121 titoli.

La media di spettatori per titolo sarebbe di 3.816 biglietti per titolo. Per pudore, non calcoliamo l’incasso medio per titolo.

È convinta Cinetel – e quindi Anica ed Anec (ovvero Agis) (che sono i comproprietari della società di rilevazione) che il consuntivo 2023 produrrà dei risultati significativamente migliori?

Temiamo di no.

E non possiamo essere accusati di pessimismo.

Il bicchiere è mezzo vuoto.

Ci sarà forse un incremento nel secondo semestre, ma è verosimilmente prevedibile che sarà lieve. Assai lieve.

E assai poco serve una iniziativa come l’artigianale “Cinema Revolution” (di cui ancora oggi non è stato possibile conoscere impostazione strutturale, pianificazione media, autori della creatività…).

Tutto il resto è… fuffa.

O – come direbbe il saggio Franco Califanonoia.

Forse il Ministero della Cultura deve porsi seriamente qualche domanda

Troppi film prodotti e troppo pochi spettatori, forse?!

Qualcosa non va.

Forse la “legge Franceschini” (la n. 220 del 2016) non ha prodotto risultati adeguati alle aspettative, se nel giugno del 2023 i film italiani hanno registrato soltanto il 7 % del totale degli spettatori nei cinematografi (nonostante la decantata “Revolution”). A maggio 2023, senza “Cinema Revolution”, questa quota era all’11 %.

Forse la legge tanto voluta dall’ex Ministro Dario Franceschini (che da mesi sembra essersi ritirato completamente dallo scenario della politica culturale nazionale) è stata applicata male, con i suoi tanti decreti?

Perché non si ha il coraggio di affrontare la realtà, e ci si intestardisce invece con un ostinato “ottimismo” della volontà che cozza amaramente con un sereno “pessimismo” della ragione?

Il problema va ben oltre gli annunciati ritocchi al “tax credit”.

La questione è più profonda (e sistemica) e riguarda certamente lo stesso strumento del “tax credit”.

Che va finalmente messo in discussione. Alla radice.

E la questione riguarda certamente il cinema “theatrical” ma anche l’audiovisivo nel suo complesso.

Non si può non rimanere sconcertati leggendo alcune considerazioni della “segnalazione” Agcom al Governo resa pubblica venerdì scorso 7 luglio.

Oltre il cinema, gli effetti perversi della grande manna del “tax credit”: tra Banijay e Fremantle… che assorbono, da sole, 300 milioni di euro di investimenti dei broadcaster italiani!

Ci limitiamo ad estrapolare un passaggio soltanto (torneremo sul prezioso documento, assai ricco di dati), riguardante l’impatto sul totale degli investimenti effettuati dai principali broadcaster attivi in Italia rispetto ai due maggiori “poli produttivi” che operano in Italia, la francese Banijay e la lussemburghese-tedesca Fremantle:

Il gruppo Banijay (che esercita un controllo a livello nazionale su società di produzione quali Endemol Italia, Endemol Shine Italy, Banijay Italia, Magnolia, Groenlandia, Zodiak Media e Dry Media), realizzando un valore pari ad euro 199.403.564, rappresenta il 23 % sul totale, il gruppo Fremantlemedia (che esercita un controllo a livello nazionale su società quali Luxvide e Fremantle Italia), con una cifra pari ad euro 104.916.876, rappresenta circa il 12 %.”

Questi 2 gruppi assorbono il 35 % degli investimenti dei principali broadcaster attivi in Italia!

In particolare, Banijay rappresenta oltre il 42 % degli investimenti dichiarati da Rti Mediaset e il 15 % di quelli dichiarati dalla Rai. Banijay Group è proprietaria di circa 150 società di produzione in oltre 20 Paesi…

Ed abbiamo più volte ricordato – anche su queste colonne – che Fremantle è parte del gruppo televisivo-multimediale Rtl, in ultima istanza parte della multinazionale tedesca Bertelsmann

Il “tax credit” attrae le società straniere, dichiara qualche altro entusiasta: certo, ma ha senso che lo Stato italiano contribuisca alla crescita di gruppi multimediali non italiani a spese dei contribuenti italiani???

Altro che… “sovranismo culturale”!

Ministro Sangiuliano, ci consenta: qualcosa non va

Tra l’altro, giunge voce che qualcuno a Santa Croce (sede della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Mic, la Dgca guidata da Nicola Borrelli) stia sostenendo che le casse ministeriali siano ormai vuote e che “la pacchia” stia volgendo al termine. Non crediamo che sia così, ma forse qualcuno sta cominciando a ragionare criticamente sulla situazione in essere.

Con il “tax credit”, lo Stato ha abdicato alla propria funzione di indirizzo della politica culturale: si è inchinato di fronte al Mercato, ma non ha compreso che il mercato stesso – a fronte di una così ricca manna di sovvenzioni ed in assenza di valutazioni di efficienza ed efficacia – sta producendo storture, anomalie, degenerazioni.

Stimola una produzione in buona parte autoreferenziale (ed invisibile, non soltanto nei cinematografi ma anche in tv e sulle piattaforme), che finisce per essere paradossalmente sganciata dal mercato stesso!

Nonostante la ovvia contentezza di Anica e di Apa e nonostante la Sottosegretaria tanto entusiasta.

Comunque, conclusivamente: gente allegra, il ciel l’aiuta?!

Tutti assieme… verso l’infinito e oltre!!!

Clicca qui, per alcune slide del report “Il pubblico ritorna in sala. La profilazione di CinExpert relativa al primo semestre 2023”, curato da Ergo Research e Vertigo per Cinetel (Anec-Anica), diffuse il 12 luglio 2023 dall’Ufficio Stampa dell’Anica – Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Digitali.

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.